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 2010  luglio 20 Martedì calendario

VANDEA, TORNANO A GALLA GLI SCHELETRI DELLA FRANCIA

La pietà non è rivoluzionaria», disse il generale Westermann. Era il 1790, le placche tettoniche della Storia si erano appena messe in movimento. Lo chiamavano «il diavolo», in Vandea. C’erano molte leggende terribili su di lui nel Pays de Retz, quieto di un sonno antico lungo le rive della Loira, nella foresta di Gralas così fitta che può ingoiare un esercito. Si diceva che «invece di una spada tenesse in mano un tizzone ardente». Leggende? A Mans le fosse sono state scavate ai piedi della città vecchia. A due passi dalla cattedrale. Una palizzata nasconde, perché anche la Storia ha un pudore, il lavoro dell’«Istituto nazionale delle ricerche archeologiche preventive». Hanno trovato nove fosse, sette già sono scoperchiate. Gli scheletri sono ammonticchiati in file, a strati, a centinaia, gli uni sugli altri.
 in quel momento che i fotogrammi della Memoria, implacabilmente, si sovrappongono, ci danno fitte alla coscienza. Siamo davvero a Mans, nel cuore della dolce Francia, figlia primogenita della Chiesa? Non è la copia di Katyn, nel cuore della Polonia martire dell’orco che si diceva padre dei popoli? Non abbiamo già visto tutto ciò, ma in Bosnia ai tempi feroci dell’etnico ciscenje, e in Ruanda quando il machete applicava i satanici «dieci comandamenti degli hutu»? Il secolo delle fosse comuni, dell’epurazione, non ci appartiene, dunque? Sì, generale: la pietà non è rivoluzionaria. Lo aveva ben compreso il giacobino Carrier, un maniaco della morte, l’aguzzino di Nantes, che disse «faremo della Francia un cimitero». E il generale Turreau che si era fatto cucire pantaloni con la pelle dei vandeani, e inventò quello che il dottor Goebbels, mediocre copiatore, avrebbe poi definito «un trasferimento etnico». Su quale ripida china ha portato la compagnia di bambini arruolata per fucilare in massa i prigionieri realisti ammassati nel cimitero di Angers, nel 1793!
Elodie Cabot, antropologa, ha un privilegio scomodo. la prima a cercare le prove del carnaio vandeano. Certo, tutto si sa su quanto accade, per più di tre anni, nella terra che voleva restare fedele al suo Dio e al suo re: 350 mila morti, uomini donne e bambini, su una popolazione di 500 mila abitanti. A Parigi il Terrore si fermò a ventimila morti. Per la prima volta templari dell’annientamento massacrarono esseri umani per il fatto che erano qualcosa, cioè vandeani, e non per aver commesso qualcosa. Il Mondo Nuovo divenne un’irreale contrada deserta di umanità, in cui scorrazzavano idee-fantasmi. Eccolo «il crimine senza nome»: che dovette attendere l’ostinazione eroica di Raphael Lemkin e un Olocausto per chiamarsi genocidio.
La République non ha mai voluto aprire quelle fosse, come se temesse di risvegliare i suoi fantasmi. Nei libri di storia, nel «Récit national» la Vandea è temperata, sfumata, omessa. Elodie Cabot racconta: «Non è facile questo lavoro, ogni giorno scopriamo i segni evidenti di una immensa violenza e di un accanimento feroce sui corpi. La maggioranza porta segni di colpi di arma bianca, al cranio e agli arti. Ci sono bambini-soldato di 12-13 anni, abbiamo trovato lo scheletro di un bimbo di tre anni. Ma molti pensano che tutto ciò deve restare nascosto, su Internet appaiono accuse e minacce».
In quel novembre del 1793 la Grande Armata Cattolica e Reale aveva percorso 800 chilometri, guadato la Loira, vinto decine di battaglie, fatto a pezzi i coscritti della Armata di Magonza che aveva fatto ripiegare i re, ucciso Beaupuy detto «il Baiardo della repubblica». Ma ormai era in stracci. L’anabasi verso il mare, per collegarsi all’«esercito dei Principi», è fallita. Nessuno è arrivato; gli emigrati sono rimasti in Germania a scrivere lettere, a promettere ricompense, a litigare. A Pontorson, a Dol, il coriaceo Stofflet, l’abate Doussin che carica i «Bleus» brandendo il crocifisso, La Rochejaquelein, l’angelo biondo della controrivoluzione, hanno ancora vinto. Ma non basta.
La cavalleria di Westermann insegue, taglia a pezzi, espone le teste dei «briganti» sui bastioni di Angers. La dissenteria raddoppia le vittime e la vasta tribù per metà formata da donne vecchi e bambini lascia al suo passaggio un terribile odore. Il freddo di dicembre è intenso, si avanza tra grida disperate di donne e di agonizzanti: ventimila «spettri ambulanti», raccontò un testimone. A Mans il 12 e 13 dicembre sono infine circondati. Westermann galoppa alla testa dei suoi uomini folli di furore e di sangue. Si riuniscono i prigionieri a centinaia, e la fucileria crepita, le baionette lavorano. Alle donne furono riservati i trattamenti più terribili. Si introdussero nei loro corpi cartucce a cui poi si diede fuoco, altre ebbero i ventri squarciati.
Molto si dovrà scavare, perché lì i trucidati furono cinquemila. E non c’è villaggio vandeano dove le «colonne infernali» dei patrioti non ripeterono le stesse stragi. Westermann scrisse, giulivo, al Comitato di salute pubblica il 20 dicembre: «Non esiste più la Vandea, cittadini! morta sotto le nostre spade libere, con le sue donne e i suoi bambini. Ho eseguito gli ordini che mi avete dato. Ho calpestato i bambini sotto gli zoccoli dei cavalli, massacrato le donne che non faranno più nascere briganti. Non ho un prigioniero da rimproverarmi».