FABIO POZZO, La Stampa 20/7/2010, pagina 27, 20 luglio 2010
LA CINA SORPASSA GLI USA NELLA CORSA ALL’ENERGIA
Il fabbisogno energetico cinese cresce in modo esponenziale: tra il 1980 e il 2002, si passa da 17,5 quadrilioni di Btu (British Thermal Units) di consumo energetico a 42,1 quadrilioni (98,1 gli Usa). Nell’ipotesi di una crescita lineare, senza crisi esogene o endogene, si stima che il consumo energetico lordo della Cina raggiungerà, nel 2030, 139,1 quadrilioni di Btu, superando quindi gli Stati Uniti (133,9). La Cina diventerà il primo consumatore mondiale d’energia...».
Così parlava Philip S. Golub, docente di Relazioni internazionali presso l’Institut d’études européennes dell’Università Paris VIII e l’American University of Paris, ai seminari di Le Monde Diplomatique dell’Università di Bologna nel 2007. Oggi, Golub è costretto a rifare i conti. La crisi paventata c’è stata e, unità di misura a parte (il Btu è definita dalla quantità di calore richiesta per alzare la temperatura di 454 grammi di acqua da 60 a 61 gradi F; l’equivalente nel Sistema Internazionale è il joule), la Cina già ha superato gli Stati Uniti. già oggi il più vorace consumatore di energia del pianeta.
Lo dice l’Agenzia internazionale per l’Energia (Aie), secondo la quale l’Impero di Mezzo ha divorato lo scorso anno 2.252 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio: il 4% in più rispetto agli States di Obama, che ne ha bruciate 2.170 milioni. Laddove equivalenti di petrolio s’intende tutte le forme di energia consumata, incluso greggio, nucleare, carbone, gas naturale e fonti rinnovabili come l’energia idroelettrica. La Cina, di fatto, ha «rubato» agli Usa un primato che detenevano dai primi anni del 1900 (gli resta quello, però, del più alto consumo pro capite).
Gli esperti di settore sono stati spiazzati? Come tutti gli altri. Non hanno messo in conto la recessione globale, che ha colpito più duramente Washington rispetto a Pechino, «ferendo» le attività industriali e la conseguente domanda energetica del Paese del dollaro. Un «sorpasso» che, afferma sul Wall Sreet Journal Fatih Birol, capo economista dell’Aie, «simboleggia l’inizio di una nuova era nella storia dell’energia».
In realtà, la corsa cinese al consumo di risorse energetiche è in atto da un pezzo, con una crescita a doppia cifra. Lo stesso Golub, riportando dati dell’U.S. Energy Information Administration, sottolineava questa «fiammata»: da 17,5 a 41,1 Btu dal 1980 al 2002 la Cina, dunque due volte e mezzo, contro un incremento Usa da 78,3 a 98,1 Btu. In termini assoluti, poi, solo dieci anni fa il consumo totale di energia cinese era metà di quello degli States.
Significa che la «locomotiva» col vessillo del Dragone ha accelerato, correndo più di quella a stelle e strisce. E non ha perso velocità, o se l’ha persa comunque in misura nettamente inferiore rispetto alla «locomotiva» Usa sotto i colpi del credit crunch. Sempre Birol parla della domanda Usa di petrolio (19 milione di barili al giorno contro i 9,2 milioni della Cina) arrivata al picco, o comunque destinata a non crescere di molto nei prossimi anni. E ancora, di decrescente «appeal» dell’energia negli States, che ha spinto gli investitori, come ad esempio General Eletric, a scommettere su Pechino, il cui governo prevede investimenti nel settore per 4.000 miliardi di dollari nei prossimi 20 anni, e stima di generare 1.000 gigawatt di nuova energia, in pratica la capacità attuale degli Usa, nei prossimi 15.
Attenzione però a un altro aspetto: la Cina nel 2007 ha sorpassato gli Usa nelle emissioni di gas serra. C’è una relazione tra questo e il nuovo primato: Pechino riceve la maggior parte della sua elettricità dal carbone, il più sporco dei combustibili fossili. E non è una bella relazione.