FRANCESCO SEMPRINI, La Stampa 20/7/2010, pagina 17, 20 luglio 2010
L’OSCURA EREDITA’ DELL’11 SETTEMBRE
Gli Stati Uniti sono in balia di un cronico caos dell’Intelligence dal quale appare molto complicato uscire. questo in sintesi il risultato dell’inchiesta condotta dal Washington Post da cui emerge un quadro intricato e confuso della situazione dei servizi di sicurezza del Paese. La fotografia è emersa nel corso di due anni di indagini, durante i quali il quotidiano della capitale ha constatato che dagli attacchi dell’11 settembre 2001 le attività di intelligence hanno proliferato in modo caotico e incontrollato, con carichi di spesa enormi.
Tanto, spiega il Post, che appare assai complicato capire quanto tutto questo costi al governo e quanti persone siano realmente coinvolte nel grande business della sicurezza e della raccolta di informazioni. I numeri forniti dal quotidiano nel suo servizio dal titolo «Top Secret America», danno un’idea della dimensione del fenomeno. Sono 1271 le organizzazioni governative e 1919 le società private impegnate in attività di antiterrorismo, sicurezza nazionale e intelligence, distribuite in 10 mila località. Il personale ammonta a 854 mila unità, una volta e mezza la popolazione di Washington. Almeno 263 agenzie sono state create o potenziate solo in risposta all’11 Settembre, mentre nel District of Columbia e nei suoi immediati dintorni vi sono 33 edifici in costruzione o completati progettati per ospitare attività top-secret. Messi assieme occupano una superficie pari a tre Pentagoni o 22 edifici del Campidoglio.
più che raddoppiato, spiega l’inchiesta, il personale operativo nelle Defense Intelligence Agency (Dia) passando da 7.500 dipendenti del 2002 ai 16.500 di oggi. Così come si è duplicato il budget della National Security Agency, mentre le squadre operative dell’Fbi sono diventate 106 dalle 35 di otto anni fa. Secondo il Post - che con lo scoop sul Watergate del 1974 fece capitolare l’allora presidente Richard Nixon - sono 50 mila rapporti di intelligence redatti ogni anno, troppi, e moltissimi vengono semplicemente ignorati.
Il dossier del Washington Post, il primo di tre articoli che disegnano la mappa della «geografia alternativa» dell’Intelligence americana, spiega che molte agenzie svolgono gli stessi identici lavori. Molte mancano di coordinamento o controllo. La proliferazione selvaggia è confermata anche da fonti dell’amministrazione. Il colonnello Dave Lapan, portavoce del Pentagono, spiega che il nodo della «ridondanza» nella comunità dell’intelligence è un problema assai noto. «Abbiamo combattuto due guerre dall’11 Settembre a oggi, e gran parte della proliferazione di attività è nata proprio dalla necessità di sostenere le attività di intelligence per i due conflitti».
Il problema che sarà oggetto di una profonda revisione interna nell’ambito del piano di riduzione dei costi annunciato dal capo della difesa Bob Gates. «Nove anni dopo l’11 Settembre è il caso di guardarsi indietro per capire se ciò che abbiamo creato non ecceda le reali necessità del Paese», dice Gates. Anche il capo della Cia, Leon Panetta, ammette che il livello di spesa per le attività di intelligence dovrebbe essere ridotto. Usa toni meno concilianti il direttore dell’Intelligence nazionale, David C. Gompert, che critica l’inchiesta del Post. «Non riflette la comunità dell’intelligence che conosciamo», sferza Gombert secondo cui la verità «è che gli uomini e le donne che lavorano nell’intelligence hanno dato un grande contributo per migliorare le attività, hanno sventato attacchi e ogni giorno mettono a segno importanti successi ma che rimangono confinati nell’orbita del top-secret».
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