Frammenti, 24 giugno 2010
Tags : Pietro Citati
FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "CITATI, PIETRO"
2010
L’altro giorno, uno degli scrittori più raffinati e coccolati nell’establishment culturale e giornalistico, Pietro Citati, ha mosso un attacco greve, al livello di quelli che potrebbero fare certi leghisti non allevati al contrario di Citati alla Scuola Normale di Pisa, al capopopolo lumbard. Dicendo, poco elegantemente, che il suo famoso ictus fu dovuto a overdose di Viagra. E Bossi come ha reagito? Con un’alzata di spalle. Anche Fini dovrebbe fare così?
Mario Ajello, Il Messaggero 29/4/2010
Collaboratore di " Paragone".
Fonte: nota biografiaca per il libro in gocce di Alberto Arbasino, "Parigi o cara", Adelphi).
Pietro Citati ha iniziato come critico per ’Il Giorno’.
Fonte: Fulvio Panzeri, Avvenire 30/04/2010
[…] l’impazzimento dell’altro giorno di Pietro Citati su la Repubblica che ha raccontato vicende dedicate all’abuso del viagra, citando Bossi e alludendo ma questa volta senza citare, all’editore scomparso del suo giornale, Caracciolo, almeno secondo la testimonianza che ne aveva dato Ciarrapico.
Fonte: Marcello Veneziani, il Giornale 29/4/2010, pagina 1
La *colomba pugnalata : Proust e la Recherche / Pietro Citati- Milano : A. Mondadori, 1998- 417 p.
[In ”Mutandine di chiffon” (appena uscito da Mondadori) di Carlo Fruttero si parla delle] tombole organizzate da Pietro Citati per i bambini.
Fonte: Mariarosa Mancuso, Il Foglio 22/04/2010
[…] Roccamare. Qui passa ancora le sue estati Pietro Citati. […] [Carlo Fruttero] «Citati voleva che lo intitolassi "La notte del telegramma", ma io tenevo a una certa leggerezza”.
Fonte: ANTONIO GNOLI, la Repubblica 16/4/2010
2009
Pietro Citati, per solito poco tenero con i contemporanei.
Fonte: Ernesto Ferrero, La Stampa (Tuttolibri), 16/8/09
[Gianni Clerici a proposito di Basilio Luoni, che ha tradotto tutto Voltaire in dialetto lombardo. Adesso sta scrivendo, sempre in dialetto, l’Odissea] ”Ha un regolare carteggio con Pietro Citati, che non credo scriva a chiunque. O di chiunque: per esempio non ha mai fatto una recensione a un mio libro, sono troppo poco per lui”.
Fonte: Mario Baudino, La Stampa 6/3/2009
2008
[Carlo Fruttero] «[…] Mentre con Ti trovo un po´ pallida, ho voluto fare un ritratto di Pietro Citati. Era il rifacimento di un libro scritto con Franco anni prima. Pietro è un mio grande amico. sferzante, ma molto affettuoso con me e viene spesso a trovarmi. Gli ho mandato una copia della Creazione. Era fuori di sé dalla gioia. Mi ha detto: "Come hai fatto, vecchio come sei?"».
Fonte: Silvana Mazzocchi, la Repubblica 14/12/2008
Tra i pochi critici italiani che abbiano stroncato senza mezzi termini la scelta svedese c’è Pietro Citati, per il quale Le Clézio è uno scrittore «mediocre». Con una postilla liquidatoria: «Lo scrittore-Nobel è identico allo scrittore-Campiello» (forse, se in passato non avesse vinto lo Strega e il Viareggio, avrebbe detto che lo scrittore-Nobel è identico allo scrittore-Strega o allo scrittore-Viareggio).
Fonte: Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 14/10/2008, pagina 42
Che tenerezza leggere l’appello di Pietro Citati su Repubblica. «Non uccidete l’eleganza del punto e virgola», esorta lo scrittore, perché se perdiamo la ricchezza della lingua diventiamo incapaci di pensare, o di elaborare i nostri pensieri. «La lingua italiana è agile, flessibile, ondulata e melodica», scrive, «un grandioso strumento intellettuale, con una dignità, un’autorità e una solennità che ci ricordano il suo vecchio sangue latino».
Fonte: Il Giornale 8 aprile 2008, Caterina Soffici
Perché amo la tv del tenente Colombo. La Repubblica 9 gennaio 2008. L´estate scorsa, la televisione italiana ci ha offerto un dono inconsueto. Nelle sere di sabato e di domenica, alle 19.35, cominciava la proiezione di un film della serie del Tenente Colombo, che accompagna da molti anni la nostra vita. Confesso di avere una passione infantile per le vicende del piccolo tenente spiegazzato: passione che Federico Fellini condivideva. Qualsiasi cosa accadesse, qualsiasi invito allettante mi venisse rivolto, non abbandonavo la poltrona o la seggiola davanti alla televisione, sebbene avessi visto dieci volte quel film e mi ricordassi quasi a memoria ogni particolare. Non so quale sia il motivo della mia passione indomabile. Solo Miss Marple - con i suoi cappellini fioriti, i suoi tè, le sue conversazioni, i lampi improvvisi di intelligenza criminale - mi affascina fino a questo punto.
Fonte: La Repubblica 09/01/2008, PIETRO CITATI
2007
Poi, nel backstage di ”Ti trovo un po’ pallida”, ripubblicato lo scorso maggio, Fruttero ha bonariamente ironizzato su Pietro Citati: ”Sdegnoso dunque di riconoscimenti e onori, superiore alle pompe del mondo? Chissà (C’era sempre quella piccola macchia nera del Premio Strega…)”.
Fonte: Il Foglio 4/9/2007
Questo garrulo clima di affettuosità superficiale, consolidato da tempo nel mondo dello spettacolo (acerrime rivali si abbracciano come sorelle), non piacerebbe a Pietro Citati che ha già deprecato il dilagante uso del «tu», l’intimità concessa agli sconosciuti.
Fonte: Roselina Salemi, La Stampa 2/12/2007
Ogni volta che vado a insegnare o a tenere seminari nelle università italiane, trovo giovani che stanno svegli la notte pur di conoscere tutto su Aristofane, Leopardi o Ricardo. Leggono libri col disinteressato piacere della giovinezza. Cinquant´anni fa, noi avevamo l´ossessione di scoprire il "giusto metodo critico": mentre i ventenni di oggi dimostrano un´agilità mentale, una freschezza di sensazioni, una esattezza di osservazioni, un dono analogico, un´assenza di pregiudizi, che noi non possedevamo.
Fonte: la Repubblica 15/6/2007
[Alfonso Berardinelli] ”Quando ho visto, alla fine degli anni Ottanta, che il problema non erano più gli strutturalisti e i logotecnocrati ma i critici "creativi", allora mi sono messo a prendere di mira Pietro Citati (che vorrebbe riscrivere enfaticamente tutti i classici) e a difendere Cesare Garboli, che invece è stato inflessibile nella fedeltà ai propri limiti e nel parlare esclusivamente degli autori che ama, conosce e capisce: l’opposto del critico universale e del critico accademico».
Fonte: Corriere della Sera 12/05/2007, pag.51 Paolo Di Stefano
Nelle scuole elementari, il Catechismo: strumento efferato, che mi ha fatto odiare il cattolicesimo fino ai venticinque anni, quando ho letto san Paolo e sono stato conquistato e sconvolto, come non mi è mai più accaduto nella vita. E l´ora di religione: tenuta nell´ultima ora del sabato (sebbene studiassi in un istituto di Gesuiti), nella noia, nella disattenzione e nell´inquietudine dei ragazzi, che sognavano le gioie dei prossimi giorni di vacanza. Sulle cattedre stava di solito un sacerdote poco colto mentre l´insegnamento della religione cristiana deve essere uno dei fondamentali dei programmi scolastici, specialmente nei licei. […] Nella mia scuola, ascoltavo la messa ogni mattina: facevo la comunione due volte la settimana: durante la quaresima, si svolgevano lunghi ritiri ed esercizi spirituali; e, nel mese di maggio, se un bambino o un ragazzo compiva opere buone, disponeva una collana di fioretti cartacei attorno al collo o ai piedi di una statua della Madonna. C´erano vespri, messe cantate, processioni, vie crucis, benedizioni, canti, riti d´ogni specie, ai quali un intero popolo partecipava.
Fonte: Pietro Citati, la Repubblica 11/4/2007, pagina 1.
Gadda […] accenna alle esortazioni al lavoro che gli rivolgono Livio Garzanti - il «dottor Livio» - e Pietro Citati, che si occupa, insieme a Roscioni, della pubblicazione della Cognizione del dolore (la casa di campagna di Citati, da Gadda menzionata, è "La Castellaccia", a Gavorrano, in provincia di Grosseto). […]
Roma, 19 gennaio 1963, sabato, via Blumenstihl 19
Carissimo Parise, ricevo la tua lettera di jeri 18 gennaio, da Treviso: con gioia, dopo un mese di tuo silenzio, e con la speranza che il tuo buon ricordo sia foriero di un incontro «quelque part» che desidererei tanto! Ma la stagione è inclemente e i viaggi riescono disagiati. Citati è assente, per l´uccisione del maiale, a Grosseto, a sentir lui; ma forse per altri affari. Starà fuori una buona settimana: deve trattarsi di un grosso porcellone.
Gadda
Roma, 27 gennaio 1963, domenica
Carissimo Parise, […] Tutti vogliono da me lavoro, e minacciano, specie il buon Livio che se la prende con Citati; il quale poveraccio, non ha nessuna colpa se una volontà più forte della fermezza di Livio, di me, di Citati stesso, ha deciso, come (si) dice, «L´uomo propone e Dio dispone».
Gadda
Fonte: Nello Ajello, la Repubblica 14/3/2007
[Dopo l’arresto di quindici brigatisti tra Padova, Milano e Torino che hanno un’età media di poco inferiore ai quarant’anni] Lo scrittore Pietro Citati ha detto che il problema è la scomparsa delle figure autorevoli. Cioè dei maestri. Cioè dei padri.
Fonte: Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 12/2/2007
2006
Pietro Citati ha pubblicato adesso da Mondadori La morte della farfalla. Zelda e Francis Scott Fitzgerald.
Fonte: Brunella Schisa, Il Venerdì 20/10/2006
E quelle del Giorno furono pagine prestigiose. Tra i collaboratori vi furono Pietro Citati, allora un debuttante,
Fonte: SCH. 123180 (MURIALDI Paolo)
La scorsa settimana, su queste pagine, esce un articolo di Pietro Citati. Racconta quanto lo ha deliziato mettersi davanti al televisore e vedere i pattinatori-ballerini delle Olimpiadi. Lo deliziava a tal punto – scrive – che «dimenticavo tutto: le noie, le mediocrità, gli errori della mia vita; dimenticavo perfino l´Iliade di Baricco, e la vasta e incomprensibile ottusità dei volti di Roberto Calderoli e di Alfonso Pecoraro Scanio». […] Ora, nessuno è tenuto a saperlo, ma Citati e Ferroni sono, per il loro curriculum e per altre ragioni per me più imperscrutabili, due dei più alti e autorevoli critici letterari del nostro paese. Sono due mandarini della nostra cultura. Per la cronaca, Citati non ha mai recensito la mia Iliade, […]
Fonte: La Repubblica 01/03/2006, pag.1-44 Alessandro Baricco
2005
[…] la televisione (beata porta del sonno)[…].
Fonte: Pietro Citati la Repubblica, 02/02/2005
[Accademia dei gatti magici, testimoni e ispiratori nelle arti e nelle civiltà] Tra gli Accademici del presente (artisti e uomini di pensiero gattofili del nostro tempo) ci sono, [tra gli altri] Pietro Citati
Fonte: MACCHINA DEL TEMPO OTTOBRE 2005
Dopo sessanta anni, quel profumo [di petrolio delle opere dei Classici del Marxismo], che ha impregnato a lungo una piccola parte della mia biblioteca, è svanito, come altri profumi molto più preziosi.
Fonte: La Repubblica 02/08/2005, pag.38-39 Pietro Citati
ha scritto Pietro Citati nel suo Alessandro Magno (Adelphi, 136 pp., 7,50 euro).
Fonte: La Stampa 30/04/2005, pag.26 Silvia Ronchey
Fino a pochi giorni fa, non avevo mai letto uno dei capolavori della letteratura italiana del diciannovesimo secolo: Miseria e nobiltà di Eduardo Scarpetta (1887). Ne conoscevo qualche modesta esecuzione teatrale, come quella di Eduardo de Filippo; o il lieve, incantevole rifacimento gioioso di Totò, dove la miseria e la grandezza di Scarpetta vanno perduti. L´ho letto per caso.
Fonte: Pietro Citati, La Repubblica, 15/04/2005
2004
Non sopporto Pietro Citati. illeggibile.
Fonte: SCH. 114567, Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” 29/1/2004, (CORDELLI Franco)
Due anni fa, ho raccontato l’Odissea a una bambina di sette e a un bambino di quattro anni; ci sono volute due puntate di tre ore, alla fine delle quali io ero spossato, mentre loro allegrissimi: mi hanno fatto domande molto più intelligenti di quelle che, di solito, i filologi classici rivolgono ad Omero; il giorno dopo, appena seppero che io avevo trascurato una parte, il viaggio di Telemaco nel Peloponneso, mi obbligarono a riprendere il racconto per un’altra ora, sebbene la pastasciutta fumante si raffreddasse e le amate cotolette alla milanese con le patatine fritte si rinsecchissero miseramente sul piatto. […]
Anch’io sono stato normalista, dai diciassette ai ventun anni: 1947-1951. Dal 1949 al 1951, ho abitato in una camera bellissima nel palazzo del Vasari, che dà su piazza dei Cavalieri: camera alta sei metri, vasta almeno cinquanta metri quadrati, con austeri mobili moderni e un letto francescano in un angolo. Nella stanza vicina, pensava, dormiva e fantasticava Aldo Capitini: un uomo incantevole, sorridente, grassotto e trotterellante, di cui conoscevo tutte le vicende igieniche, perché ogni volta usciva di camera fischiettando arie di Mozart e di Beethoven. Davanti, abitava un erudito freddolosissimo, Delio Cantimori, nascosto nella sua camera-tana, dalla quale usciva soltanto avvolto in cappotti e coperte e sopraccappotti e sopracoperte: mi guardava con sopracciglia fosche e sospettosissime: in primo luogo perché ero un reazionario (votavo per Giuseppe Saragat) e poi perché non ero «un allievo diligente», visto che i suoi utopisti, prerivoluzionari, rivoluzionari e postrivoluzionari mi annoiavano indicibilmente. […] Alla Scuola Normale, facevamo la fame: pastasciutta una volta la settimana: la carne era sostituita, ogni tanto, da un animale stranissimo, incrocio tra un pollo, un volatile tropicale e un coniglio che i normalisti chiamavano il vipistrello. Non c’erano mai soldi: sembrava di vivere in un libro minore di Dostoevskij: niente assegno di cento euro mensili, che ogni normalista oggi riceve dall’Amministrazione; io, che ero uno dei più abbienti, ricevevo da casa 2.000 lire al mese, con le quali compravo chili di castagnaccio. Ma il cibo, a quell’età, non importa niente. […] Della Normale, ho anche buonissimi ricordi. Alle otto di mattina scendevo quasi nudo, in pigiama e vecchie pantofole, in Biblioteca (eccellente, ma molto meno ricca di quella di oggi): firmavo frettolosamente diciotto o venti schede (ora tutto sarà molto più regolare) e tornavo carico di libri nella mia camera vasariana, grondante di ricordi dei Cavalieri cinquecenteschi. Avevo il sogno infantile della scienza pura: la ricerca appassionata, acuminata, spassionata della verità, quale essa sia, con tutta la bibliografia necessaria. Imparare ad usare gli strumenti scientifici era (ed è) molto più facile di quanto dica Salvatore Settis: un filologo classico sa in due settimane che deve impiegare il dizionario greco di Liddell-Scott (per metà opera del padre dell’Alice di Carroll), che il migliore dizionario etimologico greco è quello di Pierre Chantraine, che la Pauly-Wissowa è un’enciclopedia, utilissima, ma un po’ invecchiata, che se vuole studiare Omero nulla è meglio del Lexicon des fruhgriechischen Epos fondato da Bruno Snell...
Poi c’erano i seminari, di cui tutti parlano e che pochissimi professori sanno fare. Non so nemmeno descrivere quale fosse, per un ragazzo di diciotto o diciannove anni, la beatitudine e l’ebbrezza, di stare seduti attorno a un lungo tavolo insieme a un professore intelligente come Giorgio Pasquali o Gianfranco Contini, e una dozzina (non più) di compagni e amici. C’era un testo spalancato sul tavolo. Si trattava di capire il significato di ogni parola, il rapporto con tutte le altre parole, le fonti, le allusioni, le varianti, i rapporti con altri testi, i pareri degli studiosi, le eventuali lacune; e poi bisognava avanzare ipotesi, discuterle, ritirarle, litigare, con l’amico in nome della Scienza, aggredire il professore e, proprio in quel momento, capire che i dolcissimi, lacrimosi occhi basedowiani di Pasquali e i baffetti di Contini ti amavano.
Poi, veniva la fase dei cosiddetti colloqui. Ogni anno, a ottobre, ciascuno di noi si sceglieva un tema a suo piacere, e lo imponeva al professore, il quale, se intelligente, era molto contento di questa imposizione. Studiavamo per quattro o cinque mesi, alzandoci nel buio, alle quattro di mattina: qualche compagno notturno veniva a chiacchierare: lo cacciavamo via; e a febbraio di ogni anno ognuno aveva pronta la sua tesina, di almeno settanta o ottanta pagine fittissime. Oggi, so bene che la tesina valeva poco; eppure era un grande esercizio. Così, in quattro anni, facevamo in realtà quattro tesi (oltre ai noiosissimi esami), mentre gli studenti di oggi lacrimano e protestano con la mamma se devono scrivere diciotto paginette in tre anni. Mi correggo. Non tutti gli studenti di oggi: perché i miei amici professori universitari, che insegnano anche negli Stati Uniti, mi assicurano che tra cento studenti italiani ce ne sono sempre sette o otto molto più intelligenti e brillanti degli studenti americani.
Alla Scuola Normale, regnava allora (oggi non so), una meravigliosa indisciplina, come nelle università medioevali. Tra di noi non c’erano criminali, come ai tempi di Villon: ma, spesso, la sera, ci perdevamo nella città, risalivamo i Lungarni, fino a contemplare il Duomo, il Battistero e la torre pendente illuminati dalla luna, mentre i pisani dormivano. Ci fermavamo a chiacchierare e a litigare per ore insieme ai miei simpaticissimi amici-nemici stalinisti. Spesso bevevamo troppo. Quando si avvicinava la mattina, tornavamo alla Normale, ci arrampicavamo sulla grata di una finestra a pianterreno, e infine ci infiltravamo attraverso un’altra finestra che un complice ci aveva lasciato aperta. L’amorevole, analcoolico, anerotico Aldo Capitini temeva che ci perdessimo nel vizio: era molto preoccupato per me, e scrisse una lettera ansiosa al direttore della Normale. […]
Fonte: Pietro Citati la Repubblica, 20/10/2004
Alla cerimonia di premiazione (nel Ninfeo di Villa Giulia) liti per sedersi ai tavoli degli editori. […] Vittoria annunciata per il saggio-romanzo (più saggio però) su Tolstoj di Pietro Citati, che dichiara: «Mi piace essere premiato, mi piace ricevere regali».
Fonte: L’Indipendente 4/7/2004
2002
Pietro Citati, che lo [Beppe Fenoglio] aveva esortato a ritirarsi dal premio Strega per non entrare in competizione con l’altro "garzantino" Pier Paolo Pasolini, giugno 1959.
Fonte: "La Stampa" 4/3/2002.
1999
[Del Giudice Daniele] ha esordito all’epoca in cui si pensava che Gesualdo Bufalino e Pietro Citati fossero autori importanti) [...]».
Fonte: Camillo Langone, ”Il Foglio” 5/3/2009.
1998
"Il comunismo è stato il tentativo di realizzare nella storia il regno di Dio".
Fonte: Pietro Citati, "Repubblica" 23 settembre 1998.