Frammenti vari, 11 giugno 2010
Tags : Massimo Ciancimino
FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE ”CIANCIMINO
MASSIMO”
2010
Papello La politica italiana è in questo momento alle prese col ”papello”, cioè con un documento, scritto per volontà di Totò Riina (ma non dalla mano di Totò Riina), nel quale la mafia detta le sue condizioni allo Stato e promette in cambio (ma questo non c’è scritto) di far cessare le stragi. materiale che risale al 1992-93, i cui termini erano del tutto noti, ma che rispunta fuori adesso perché c’è un nuovo pentito (Spatuzza) che sta fornendo una versione diversa dell’assassinio di Borsellino e perché c’è un condannato per riciclaggio che sta tentando di alleviare la propria condizione processuale con qualche rivelazione impressionante. Quest’ultimo si chiama Massimo Ciancimino ed è figlio del vecchio sindaco di Palermo Vito Ciancimino, adesso defunto e all’epoca forte alleato della mafia alle cui ditte faceva arrivare tutti gli appalti. Massimo Ciancimino dice che a un certo punto il padre consegnò questo papello in dodici punti al prefetto Mario Mori pregandolo di inoltrarlo al ministro dell’Interno, Mancino, e al ministro della Difesa, Rognoni. Il papello chiedeva tra l’altro l’annullamento del 41 bis (carcere duro), benefici per i dissociati analoghi a quelli concessi alle Brigate rosse, arresti domiciliari per chi aveva compiuto 70 anni, la reclusione in penitenziari prossimi all’abitazione delle famiglie e, da ultimo, la defiscalizzazione della benzina in Sicilia, come si fa ad Aosta. Il documento, che Ciancimino jr ha consegnato agli inquirenti appena la settimana scorsa, ma in fotocopia di modo che è ancora impossibile una perizia calligrafica (l’originale si troverebbe in Liechtenstein), solleva parecchi dubbi. Intanto, Rognoni e Mancino sono stati ministri in governi diversi, il primo nell’Andreotti VII (12 aprile 1991-24 aprile 1992), il secondo nell’Amato I (28 giugno 1992-28 aprile 1993). Poi: nessuna delle richiesta avanzate dalla mafia è stata accolta o minimamente presa in considerazione, né dai governi di centro-sinistra né da quelli di centro-destra. Adesso, complessivamente, la carcerazione per i mafiosi e i loro capi è ancora più dura di allora (Gda Vanity Fair 05/01/2010)
2009
Il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Massimo Ciancimino, sostiene da anni di conservare un assegno che Berlusconi avrebbe consegnato al padre negli anni Ottanta. E dalle mani di Ciancimino passa anche una lettera che i corleonesi hanno indirizzato a Berlusconi dopo il suo ingresso in politica e che i magistrati hanno ritrovato fra le carte dell’ex sindaco. I boss chiedono di avere a disposizione una rete tv, e in caso contrario minacciano di morte Piersilvio. (Lirio Abbate, L’Espresso, 16 dicembre 2009)
Ciancimino Massimo. Figlio di don Vito, ex sindaco di Palermo condannato per mafia (morto nel 2002) e in rapporti assidui con Bernardo Provenzano, sembra diventato un teste importante perché detentore del «patrimonio conoscitivo» lasciatogli dal padre. Si trova nella singolare posizione di condannato (riciclaggio in primo grado) e personaggio «socialmente pericoloso», ma contemporaneamente teste protetto per il contributo delle sue rivelazioni sulla «trattativa» fra Stato e mafia condotta dal padre nel ”92, sulla costante presenza dei servizi segreti nelle vicende stragiste di Cosa nostra.
Massimo Ciancimino oggi viene interrogato da quattro Procure. Attualmente, seppure guardato ancora con diffidenza da più di un magistrato, è stato messo sotto protezione e gli è stato «sconsigliato» di soffermarsi a lungo a Palermo. Il «valore aggiunto» del nuovo teste è il famigerato «papello»: la lista di richieste che Totò Riina fece avere allo Stato - attraverso Vito Ciancimino - per offrire, in cambio, la fine delle stragi. (Francesco La Licata, La stampa 10/8/2009)