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 2010  maggio 25 Martedì calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "CANCEMI, SALVATORE"


[…] Giovanni Sansone, imprenditore latitante dal 1995, che ha sulle spalle una condanna in primo grado per omicidio. Non è un mafioso qualunque. è genero di Totò Cancemi avendone sposato una figlia, e soprattutto è uno di quei mafiosi che nel gennaio ’93 hanno ”ripulito” da ogni indizio la villa dove Totò Riina si nascondeva quando fu preso […].

Attilio Bolzoni, ìla Repubblicaî 4/10/2002

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Il mistero delle catture di certi capi di Cosa Nostra si trascina da almeno una decina d’anni. Ci sono tre casi emblematici: quello di Salvatore Riina, […]; quello di Totò Cancemi, che si è consegnato un giorno del luglio 1993 ai carabinieri (e che i reparti speciali del generale Mori hanno imbalsamato sottraendolo al controllo del Servizio di protezione); infine, quello di Giuffrè.

Attilio Bolzoni, ìla Repubblicaî 4/10/2002

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[…] il 1980 quando la voce di Marcello Dell’Utri corre sui fili del telefono. Sta parlando con ”lo stalliere”, Mangano gli propone ”un affare” e ”un cavallo che fa per lui”, Dell’Utri gli risponde che ci ”vogliono i piccioli”, il boss gli consiglia di scucirli a Berlusconi. Bisbiglia al telefono Marcello Dell’Utri: ”Quello n’sura”, quello non paga. Erano cavalli?, si chiedono gli investigatori di Milano. L’intercettazione si perde tra mille scartoffie e viene ripescata dieci e passa anni dopo. Proprio quando i periti della Procura accertano che, dal 1975 al 1983, 113 miliardi di lire di provenienza misteriosa affluiscono nelle casse della Fininvest. Soldi sporchi di mafia, secondo molti di quei 42 pentiti che trascinano nel gorgo Marcello Dell’Utri. Ufficialmente l’inchiesta si apre nel febbraio del 1993, subito dopo le rivelazioni di un collaboratore di giustizia che si chiama Totò Cancemi. Parla di ”interessi” della Fininvest nel risanamento del centro storico di Palermo, e di incontri di Totò Riina con ”persone importanti” dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio […].

Attilio Bolzoni, ”la Repubblica” 12/12/2004 – Scheda Parrini su DELL’UTRI Marcello

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[…] Siamo nel febbraio del ”94, Forza Italia è appena nata, Ilda Boccassini vive blindata a Caltanissetta dove è stata volontariamente applicata (era in sevizio a Milano) per dare la caccia agli assassini di Falcone. Davanti a lei e al procuratore Giovanni Tinebra il pentito Salvatore Cancemi ricorda che Riina ripeteva spesso di avere ”Berlusconi e Marcello Dell’Utri nelle mani”. Inizia così l’operazione Oceano, una gigantesca indagine alla ricerca di eventuali riscontri ai presunti contatti tra i vertici Fininvest e Cosa Nostra, poi sfociata a Palermo in un processo per fatti di mafia a carico di Marcello Dell’Utri. Ilda la segue per qualche tempo. Poi scadono i suoi due anni in Sicilia […].

Peter Gomez, ”L’Espresso” 31/10/2002 – Scheda Parrini su BOCCASSINI Ilda

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Collaboratori di giustizia in Italia: 1.084. Costo complessivo per lo Stato: 150 miliardi l’anno (budget stanziato per la direzione investigativa antimafia: 50 miliardi). Stipendio di […] Salvatore Cancemi: 2,8 milioni (più 200 milioni ed una villa da un miliardo dissequestrati).

m. sc., ìil Giornaleî 03/08/1998

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Gradi. "Il male sono questi pentiti, perché se non fosse per questi, anche tutto il mondo unito contro di noi non ci farebbe un baffo. Quindi noi li dobbiamo ammazzare fino al ventesimo grado di parentela a partire dai bambini di sei anni" (parola di Totò Riina, riferita da Salvatore Cancemi, dopo essersi pentito).

John Dickie, Cosa Nostra. Storia della mafia siciliana, Laterza, 2005

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[…] Il pm Ilda Boccassini che, distaccata da Milano a Caltanissetta per scoprire gli assassini di Falcone, interrogò il «pentito» Salvatore Cancemi e ne verbalizzò per prima la geniale «intuizione», che la Fininvest finanziava Cosa Nostra, e non per «proteggere» le antenne delle sue televisioni in Sicilia, come pure s’era detto, ma proprio per preparare le stragi. Non si è pentita il pm Anna Maria Palma, distaccata da Palermo a Caltanissetta, per scoprire gli assassini di Paolo Borsellino, e che nel corso della sua requisitoria per il processo Borsellino bis affermò che erano state ormai «sufficientemente provate» le accuse di Cancemi, che Berlusconi e Dell’Utri si erano incontrati con il capo di Cosa Nostra Totò Riina alla vigilia della strage di via D’Amelio e in pratica gli avevano dato mandato di uccidere Borsellino.
Non si è pentito il pm Luca Tescaroli, distaccato anche lui da Firenze a Caltanissetta, e che ha scritto nella sua requisitoria per il processo della strage di Capaci, e ne ha fatto poi un libro, che quella di Cancemi, più che una «intuizione», era stata una «deduzione logica»: visto che il presunto «pizzo» versato dalla Fininvest alla mafia non era tanto un pizzo per proteggere le antenne delle tv, ma era un modo di finanziare Cosa Nostra; visto che Riina diceva, e Cancemi l’aveva sentito con le proprie orecchie, che ormai «aveva ”nte manu’» Berlusconi e Dell’Utri e che per aiutarli a prendere il potere bisognava fare le stragi; visto che prima della strage Riina aveva incontrato «due persone importanti», evidentemente queste persone non potevano che essere Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri […].

Il Giornale 29/07/2007, pag.5 Lino Jannuzzi

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Tesori. Salvatore Cancemi, che per convincere i magistrati di essersi pentito davvero, indicò il punto esatto (in Svizzera, sul lago di Lugano), dove tempo prima aveva seppellito un milione e novecentocinquantamila dollari, ma durante tutto il viaggio stette steso sul pavimento dell’aereo a faccia in giù (ripetendo a cantilena: «santa Rosalia, santuzza bedda, aiutami tu», perché aveva paura di volare). Una volta scoperto il tesoro, si mise a cantare «Alè oh oh! Alè oh oh!» come allo stadio, con le mani alzate in segno di vittoria e girando in tondo (in base alla legge federale elvetica fu confiscato tutto dalla Svizzera).

Alfonso Sabella, Cacciatore di mafiosi, Mondadori 2008

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CAL Giuseppe. Mafioso, capo del mandamento di Porta Nuova. [...] Accusato, in quanto membro della commissione (sostituito nelle deliberazioni da Salvatore Cancemi), delle stragi di Capaci e via D’Amelio (vedi RIINA Salvatore) […].

Giorgio Dell’Arti Massimo Parrini, Catalogo dei Viventi 2009, Marsilio 2008

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[…] Altre dichiarazioni di pentiti, da Cancemi a Brusca passando per Siino, Cucuzza, Cannella e Pennino, tutte pubbliche, raccontano dei rapporti diretti tra Fininvest e Cosa Nostra. Nell’interrogatorio del 18 febbraio 1994 il boss di Porta Nuova Salvatore Cancemi spiega: «Nella villa di Arcore hanno trovato riparo latitanti come Nino Grado, Mafara e Contorno (...) Nel 1991 Riina precisò che, secondo gli accordi stabiliti con Dell’Utri che faceva da emissario per conto di Berlusconi, arrivavano a Riina 200 milioni l’anno in più rate in quanto erano dislocate a Palermo più antenne (...) Il rapporto risaliva almeno al 1989 e più volte ho assistito alle consegne di questo denaro in rate da circa 40-50 milioni» […].

articoli di Claudia Fusani in "Il labirinto delle società", l’unità.it

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[…] Se i padrini salgono a Milano, Marcello Dell´Utri torna a Palermo. nel suo ambiente, «conosce». Frequenta Pino Albanese della «famiglia» di Malaspina. E poi Giovanni Citarda detto «Gioia mia». Tutti e due sono legatissimi a Stefano Bontate, il capo dei capi che ha voluto Vittorio Mangano ad Arcore. Spiegherà qualche anno dopo il pentito Salvatore Cancemi: «Il rapporto fra Mangano e Dell´Utri era strettissimo. Mangano in pratica usava Dell´Utri e gli poteva chiedere qualsiasi cosa: per esempio Mangano mi disse che nella tenuta nella disponibilità di Dell´Utri furono nascosti anche latitanti.. i fratelli Grado» […].

Attilio Bolzoni, la Repubblica 26/9/2009

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[…] Ai pm di Caltanissetta, titolari delle indagini sugli attentati del 1992, il pentito Salvatore Cancemi dichiara: "Con le stragi Cosa nostra doveva levare di sella Andreotti e Martelli. Dovevano metterci Berlusconi e Dell’Utri". E spiega: "Nel ’90-91 Riina mi disse di ordinare a Mangano di non occuparsi più di Berlusconi e Dell’Utri: li aveva lui nelle mani. Riina diceva: ’Queste persone le dobbiamo garantire, sono il nostro futuro’". Ai pm il pentito spiega che "Riina aveva il chiodo fisso dei pentiti, tentava di modificare la legge attraverso persone importanti, io sapevo che aveva contatti con Berlusconi e Dell’Utri". E poi aggiunge: "Riina non aveva un cervello così fino per mettere una bomba agli Uffizi" […].

Lirio Abbate, L’Espresso, 16 dicembre 2009