Mario Tozzi, La Stampa 3/5/2010, pagina 80, 3 maggio 2010
DOMANDE E RISPOSTE:
Sono pericolose le piattaforme? -
La marea nera della Louisiana sembra inarrestabile. Come si blocca la fuoriuscita di petrolio da una struttura off-shore?
Sulla piattaforma arrivano le tubazioni che proseguono in acqua prima di raggiungere il fondo marino e addentrarsi sottoterra. L’applicazione dell’esplosivo dovrebbe avvenire nel punto in cui la trivellazione ha perforato la roccia, qualche volta a centinaia di metri di profondità. Nel caso specifico la «Bp», British Petroleum, dovrebbe intervenire alla bocca del pozzo sul fondo marino, a 1500 m di profondità, agendo solo su valvole e sistemi meccanici di chiusura che richiederanno almeno due mesi di lavoro.
E a terra come si ferma un pozzo in eruzione?
A terra l’unico sistema sicuro per arrestare l’eruzione è quello di applicare una carica di esplosivo o di bombardare il pozzo da un mezzo aereo. L’esplosione fa crollare le pareti nella parte superficiale e lo sigilla con frane di rocce e terreno.
Che tipo di piattaforma è la Deepwater Horizon?
Si tratta di una piattaforma di perforazione semisommergibile a posizionamento dinamico appartenente alla compagnia Transocean e in servizio per conto della Bp. Ciò significa che la piattaforma poteva essere spostata in ubicazioni successive, alla ricerca di nuovi giacimenti di idrocarburi. Nel settembre del 2009 la Deepwater perforò il giacimento Tiber, un record: si tratta di quello a maggior profondità del mondo, a oltre 10.500 metri (sotto solo 1400 metri di acqua).
Dove si trovano i maggiori giacimenti di idrocarburi?
La regione maggiormente perforata off-shore è il Mare del Nord, a partire dalle scoperte degli Anni Sessanta che hanno portato alla costruzione di 450 piattaforme su giacimenti di petrolio e gas fra i più importanti del pianeta (giants). La grande diffusione di questi impianti è dovuta anche alla bassa profondità del fondale (fino a un massimo di 700 metri). Ma neanche questa regione è immune da incidenti, come quello occorso alla Piper Alpha nel 1988, che è costato 188 vittime.
Ci sono stati altri incidenti nel Golfo del Messico?
Sì, il 3 giugno del 1979, quando la piattaforma di perforazione Ixtoc-1 perse il fango di perforazione (la cui pressione equilibra quella del greggio) e consentì al petrolio di fuoriuscire da 3200 metri di profondità, con relativo incendio e collasso della piattaforma. Per fermare la fuoriuscita di circa 20 mila barili di petrolio al giorno si dovettero aspettare circa 8 mesi.
Esistono piattaforme in Italia ?
Sì, costellano il Mare Adriatico dalla riviera romagnola fino in Puglia, e si estendono in prossimità della coste siciliane: servono soprattutto per il gas. Quelle attualmente attive sono circa un centinaio, ma sono decine le richieste di nuovi permessi, anche in aree ambientalmente delicate come le isole Tremiti.
Quali passi hanno fatto scienza e tecnologia contro gli sversamenti in mare?
Oggi al mondo esiste un solo progetto sperimentale («argo-marine») che agisce attraverso sofisticati strumenti di geoposizionamento elettronici e telematici, connessi da sorgenti differenti (radar, aerei, imbarcazioni, «nasi elettronici»): i dati vengono raccolti da sensori remoti ed inviati a una unità centrale, dove il sistema esperto Mis (Marine information system) assiste le autorità nella gestione dell’ emergenza.
Il progetto sperimentale di monitoraggio sarebbe servito in America?
Se fosse stato disponibile in Lousiana, avrebbe permesso un monitoraggio preciso della macchia nera ed una previsione accurata della sua evoluzione, con una più efficace ed anticipata comprensione della gravità del fenomeno e della sua estensione.
Che cosa succede alle piattaforme quando il giacimento è esaurito?
Le piattaforme in disuso dovrebbero essere smantellate e «conferite» in apposite discariche, dopo aver recuperato e riciclato quanto possibile. In realtà restano sul posto per anni o decenni, perché i costi di dismissione sono elevatissimi, come dimostra il caso del Mare Adriatico in cui decine di piattaforme inattive costellano la linea dell’orizzonte soprattutto in Abruzzo. Mentre la parte sommersa diventa subito preda di organismi coloniali e può dar vita a ecosistemi anche importanti, quella superiore si deteriora in poco tempo, fino a diventare un potenziale pericolo per la navigazione. Nel Golfo del Messico almeno una delle più grandi piattaforme è diventata un albergo di lusso (The Oil Rig Resort) con tanto di molo per battelli.