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 2010  maggio 03 Lunedì calendario

L’IMMOBILIARE ORA E’ IN AFFANNO

In Spagna la crisi dell’immobiliare è così pesante che si è arrivati al prendi due, paghi uno. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna i prezzi sono scesi con percentuali a due cifre. In Italia invece le quotazioni immobiliari tengono. Gli italiani comprano casa non solo per abitarvi, ma anche per affittare l’unità immobiliare e ricavarne un reddito. Una recente ricerca compiuta da Il Sole 24 Ore ha sottolineato che il fascino del mattone dipende in gran parte da motivazioni emotive o mancanza di informazione. Quest’ultima riguarda soprattutto la mancata percezione di tutti gli oneri che gravano sugli immobili.
A giudicare dalle sole cifre di partenza e di arrivo di un investimento sembra che sia il paese di Bengodi; ma facendo i dovuti calcoli, si scopre che il rendimento annuo rappresentato dall’incremento del valore è del 7,6%; non poco, ma neppure così tanto. In fondo, dal 1950 ad oggi l’inflazione ha fatto lievitare le cifre nominali di 30 volte (pari al 6% annuo). Ma non finisce qui. Quando si parla di mancanza di inforamzioni bisogna mettere in conto altri elementi spesso «cancellati», quali il gravame fiscale sull’acquisto, sul mantenimento e sulla rivendita dell’immobile, che modificano (riducendolo) il rendimento lordo.
Ricordiamo che su un immobile si paga il notaio in fase di acquisto, l’Iva (se acquistata dal costruttore, 10% sul valore dichiarato in atto; da un privato, imposta ipotecaria e catastale più imposta di registro per un totale del 10% sul valore catastale). Gravano inoltre importi fissi per 504 euro più bolli, diritti ed oneri fiscali vari. Non scordiamoci infine i costi per la mediazione, che pesano in genere per il 3% del valore effettivo pattuito tra le parti. Fatti due conti, il costo iniziale è superiore al valore per almeno il 15%; visto in altro modo, una volta firmato l’atto, la casa vale il 15% in meno.
Non finisce qui. Un immobile, nel tempo, ha bisogno di lavori ordinari e straordinari (rifare la facciata, sistemare il tetto, rifare l’impianto dell’ascensore, ecc.) che vanno, ovviamente, ad incrementare il costo iniziale ed a dedurre il guadagno effettivo derivante dalla rivalutazione del bene. Certo, chi compra casa per affittarla mette in conto il canone di locazione che offre un introito mensile che costituisce uno degli obiettivi dell’investimento (l’altro è la crescita del capitale nel tempo). Non è determinabile una percentuale, perché dipende dal tipo di appartamento e dalla sua ubicazione. Scorrendo le offerte in un sito Internet specializzato, si scopre che a Torino si va da 600 euro per 62 mq in zona San Secondo a 1.300 euro per 80 mq in Piazza Vittorio ed a 2.300 euro per 200 mq in Piazza Castello. Invece a Mantova, si trovano 60 mq a 430 euro, e 120 mq a 1.500 euro; e così via in giro per l’talia.
Ma si tratta, anche in questo caso, di redditi lordi. Sugli affitti grava un’imposta per la registrazione del contratto, ed il ricavato va inserito (con una modesta riduzione del 15%) nella denuncia dei redditi (quadro Rb del modello Unico), pagando aliquote che, a seconda del reddito complessivo del proprietario, vanno dal 23% al 43% più gli incrementi applicati dalle regioni (in Piemonte, ad esempio, si va da un minimo dello 0,9% ad un massimo dell’1,4%). Morale, l’affitto netto è pari, grosso modo, alla metà di quello lordo. A proposito di sicurezza e di costante e sicuro incremento di valore, bisognerebbe ricordare alcuni elementi di rischio. Senza parlare di eventuali fatti drammatici (chi possedeva un appartamento a L’Aquila ha perso tutto…), accenniamo a fatti che possono svilire il valore (costruzione di un’autostrada o di una fabbrica inquinante nelle vicinanze, ecc). E a proposito di sicurezza del reddito, bisognerebbe mettere in conto non solo l’eventuale morosità del locatore, ma anche i tempi morti tra una locazione e l’altra. E infine, un’occhiata ai prezzi delle case in vendita in questi ultimi tempi. In Italia, per fortuna, non si sta verificando il crollo della Spagna o degli Stati Uniti; ma c’è un’indiscutibile stasi delle vendite. Il mercato è ingessato ed i prezzi di vendita sono più fittizi che reali, perché l’offerta c’è, ma la domanda è debole.
Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance (l’associazione dei costruttori) ha recentemente affermato che: «Si sta aprendo una fase che, senza giri di parole, possiamo definire di recessione. Un periodo iniziato nel secondo semestre 2008 e che secondo le nostre stime tenderà a peggiorare». Il peggioramento sta non solo nel calo delle nuove costruzioni e delle vendite, ma anche dei prezzi. Le società specializzate italiane in proposito sono molto caute e non si sbilanciano; l’unica previsione precisa è stata compiuta dal Fondo Monetario Internazionale, secondo il quale nel giro di un paio d’anni le quotazioni degli immobili in Italia potrebbero diminuire intorno al 15 per cento, per poi recuperare un po’ di terreno perduto solo a partire dal 2011. Ed anche l’ultimo rapporto European Outlook 2010 dell’istituto di ricerche Scenari Immobiliari prevede un calo complessivo dei valori del 10% tra il 2009 ed il 2010.