Marzio Breda, Corriere della Sera 01/05/2010, 1 maggio 2010
LA RIVINCITA DI VERONA, CITTA’ PIU’ ACCOGLIENTE PER GLI IMMIGRATI
«Eamus ad bonos venetos, eamus» , così urlò la gente del Cadore nel 1420, quando decise la propria «dedizione» a Venezia, scegliendo di essere governata dalla Serenissima. Quel grido riassumeva un’immagine di carattere buono e generoso dei veneti. Immagine che, magari in chiave benignamente caricaturale (basta pensare al cinema), ha resistito per secoli, fino a una ventina di anni fa. Quando tutto è cambiato e, anche sulla scia di alcuni episodi di cronaca, si è imposto il luogo comune di un popolo che nel Nordest sarebbe diventato rabbioso, chiuso e xenofobo. Una comunità egoista e perfino cattiva, con una capitale indicata quasi sempre in Verona. Puntualmente descritta come una «città nera», schiumante di nuovi rancori verso gli immigrati dai quali si sente invasa.
Da oggi questo stereotipo è incrinato, se non proprio spazzato via. Infatti, a certificare la metamorfosi (se metamorfosi c’è stata) sull’accoglienza di Verona verso chi viene da fuori, è un’indagine dell’Università Bocconi di Milano, secondo la quale il comune scaligero è quello «dove gli immigrati regolari si sentono meno discriminati che nel resto d’Italia, mentre si sentono più a disagio i clandestini». Così recita il comunicato con cui l’amministrazione guidata dal leghista Flavio Tosi ha diffuso la notizia: un testo che trasmette un sottinteso ma trasparente senso di rivincita rispetto alla maledizione dei cliché.
Tito Boeri, economista e direttore della Fondazione Debenedetti, che ha curato la ricerca e che certo non è sospettabile di particolari tenerezze verso la Lega, ridimensiona le euforie dell’annuncio. Segnala che resistono «problemi d’integrazione», di «conoscenze linguistiche», di «segregazione abitativa» (nel senso che gli immigrati sono poco distribuiti sul territorio, autoisolandosi) e di «sfruttamento e condizioni più difficili sul lavoro per gli irregolari». Che restano tali per molto tempo, anche 6-7 anni.
Ma ammette che sì, in riva all’Adige «i regolari si sentono meno discriminati delle altre otto città italiane analizzate» e che per loro la qualità della vita (i servizi sociali di base) è più dignitosa che da altre parti. Infine loda la giunta veronese «per l’apertura mentale dimostrata, per aver subito patrocinato l’iniziativa e per la disponibilità a rendere pubblici i risultati». Un atteggiamento, aggiunge, «che altri capoluoghi non hanno invece avuto. A partire da Milano, dove l’assessore ai servizi sociali non ha neppure voluto riceverci».
Un quadro di cui Tosi segnala, com’è ovvio, più i dati in chiaro che quelli in nero. E che accoglie scherzando sulla sua personale reputazione, per cui lo invitano da un programma tv all’altro aspettandosi che se ne esca con qualche scelleratezza, mentre lui s’ingegna a «spiazzare tutti». Spiega: «Non voglio mettere in scena il trionfo della vanità, ma ho sempre detto che Verona è rispettabile, accogliente e ospitale "nonostante me", e i dati della Bocconi – che ci saranno utili come strumento per migliorarci’ lo dimostrano. In realtà dall’inchiesta emerge un dato per me fondamentale: ciò che conta è far rispettare le regole, che devono essere uguali per tutti come garanzia di una buona convivenza, indipendentemente dal fatto che le giunte siano di destra o di sinistra».
Qualche esempio? «Chi tra i miei colleghi non ha investito su una strategia precisa, ha sbagliato e ora passa qualche guaio. Penso alla Moratti, a Milano, alle prese con le difficili tensioni di via Padova proprio per anni di mancato controllo e di assenza di regole. E penso a Zanonato, a Padova, che ha cercato di imporre il rigore chiudendo il ghetto di via Anelli, ma a prezzo di parecchie difficoltà con la sua maggioranza».
Sarebbero quindi le scelte di legalità, premiate massicciamente dall’ultimo voto dominato anche da queste paure, a rendere non (o meno) ostile una città. Perché, e Tosi lo illustra senza preoccuparsi di sconfinare nella diagnosi brutale, «il fatto che i clandestini si sentano peggio è positivo... significa che qui si fa capire loro che, per il bene della collettività, non è il caso che si mantengano in questo status e che è meglio se si mettono in regola».
Insomma: la sicurezza dei veronesi sarebbe anche la loro sicurezza. Ci si potrebbe ragionare sopra, se a livello nazionale le politiche sull’immigrazione non fossero d’impronta punitiva. Cioè, come puntualizza Boeri, «funzionali a chi specula sugli irregolari».
Marzio Breda