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 2010  maggio 03 Lunedì calendario

APPUNTI AUTOBOMBA A BROADWAY (2/5/2010)

GIORNALI DEL 3/5/2010

GUIDO OLIMPIO PER IL CORRIERE DELLA SERA

WASHINGTON – Lance Orton è abituato a guardare cosa succede in strada. Perché in strada ci vive, vendendo magliette a Times Square, cuore pulsante di New York. Ed è anche un tipo sveglio. Perché Lance si è «fatto» il Vietnam. Il suo spirito di osservazione ha probabilmente evitato una strage. Lance Orton, alle 18 e 30 del Primo maggio, si è accorto del fumo che usciva da un Suv Nissan Pathfinder parcheggiato all’incrocio tra la Quarantacinquesima strada e Broadway. Ha avvertito un poliziotto a cavallo, Wayne Rhatigan, che si è avvicinato. Uno sguardo e poi piccole deflagrazioni all’interno dell’auto. L’agente ha allora lanciato l’allarme dando inizio ad una gigantesca evacuazione. Con migliaia di persone costrette a lasciare ristoranti e locali. Bloccati due hotel, rallentata la programmazione nei famosi teatri. Gli artificieri hanno accertato che il Suv era stato trasformato in una rudimentale auto-bomba con petardi, propano, bombole per il camping, benzina, fertilizzante e un paio di orologi (tra cui uno per bambini) a fare da timer. L’obiettivo era quello di creare un effetto «palla di fuoco». Per questo il sindaco Michael Bloomberg, rientrato d’urgenza da Washington, ha ammesso: «Siamo stati fortunati». «Siamo stati noi», hanno replicato con un messaggio sul web presunti talebani pachistani presentando l’attacco come una vendetta per l’uccisione di tre capi qaedisti. Rivendicazione – un po’ tardiva – tutta da verificare e accolta, per ora, con scetticismo. Gli investigatori, intanto, sono al lavoro sulla vettura. Hanno recuperato impronte e tracce di Dna. Hanno accertato che la targa appartiene ad un pick-up rottamato due settimane fa nel Connecticut. Quindi hanno esaminato le immagini delle tv a circuito chiuso del «Cerchio d’acciaio», il sistema che protegge Manhattan. Un filmato, insieme a quello di un turista, mostra «un bianco sui 40 anni», che parcheggia il Suv, poi esce dall’auto, si cambia la camicia e fugge. lui il primo ricercato. L’altro fronte riguarda la matrice dell’attacco. La lista dei possibili sospetti è lunga. Le autorità hanno parlato di «un gesto isolato» e la Casa Bianca ha affermato di «considerare ogni possibile movente». Barack Obama, dopo aver celebrato come «un eroe» il venditore ambulante, ha promesso «giustizia». Gli esperti, invece, hanno elencato i molti complotti sventati a New York. Altri ancora hanno insistito sull’atto del terrorista «nato in casa». Un estremista radicalizzatosi proprio negli Usa o persino americano. Fonti inglesi non hanno escluso un legame con le minacce al programma tv South Park che ha preso in giro il Profeta. Il Suv era, infatti, parcheggiato vicino agli uffici della Viacom, società che produce la serie. Neppure scartata la pista interna, con estremisti di destra e miliziani capaci di tutto. Magari tutti pensano al nemico «straniero» e invece è il vicino di casa. In serata, una bomba rudimentale è stata disinnescata vicino al percorso della maratona di Pittsburgh.

IBIDEM


WASHINGTON – Trentanove pagine nel file «Eminem2» e trovate dalla polizia pachistana in un computer sequestrato nel 2004. Trentanove pagine con le istruzioni per il «Gas Limos Project», un piano per trasformare delle vetture in bombe con l’uso di propano e benzina. A prepararlo Issa Al Britani, un qaedista indiano che voleva colpire Londra e New York. Il «Limos Project» è stato poi ripreso da terroristi amatoriali che hanno tentato di portare distruzione nelle città occidentali. Un percorso parallelo. Militanti fai-da-te – solo ispirati da vere organizzazioni – che si affidano a metodi empirici. Segno di determinazione ma anche di debolezza «militare». Nell’estate del 2007, la gang dei dottori – estremisti iracheni trapianti in Gran Bretagna – ha organizzato un doppio attacco a Londra e all’aeroporto di Glasgow. Azioni dove sono state usate vetture molto simili a quella neutralizzata a Times Square: le hanno riempite di bombole di gas e hanno provato a farle esplodere. Operazioni fallite per imperizia. E a Glasgow a perdere la vita è stato uno degli attentatori che ha lanciato la sua jeep contro le vetrate della sala partenze. Le autobomba sono una delle armi preferite dai terroristi qaedisti o europei, bande criminali’ come in Colombia – e anche da 007. Ad aprire la strada – sostiene lo scrittore Mike Davis’ è l’anarchico italiano Mario Buda, detto Nasone, originario di Savignano (Forlì) ed emigrato negli Usa. Alle 12 del 16 settembre 1920 riempie di esplosivo un carretto trainato da un cavallo e lo fa saltare a Wall Street. Quaranta morti in risposta all’arresto dei famosi Sacco e Vanzetti. Da allora tante fazioni hanno adottato le vetture-bomba perché offrono molti vantaggi: mobilità, mimetizzazione (si confondono con le altre), potenza. Il terrorista la parcheggia e se ne va. Nel tempo sono diventate firme e simboli di conflitti. Nell’Ulster con gli irredentisti dell’Ira nordirlandese e in Spagna con i baschi dell’Eta. In Libano i gruppi radicali le hanno trasformate in «bombardieri» a quattro ruote. Nel mezzo’ 1995 – la strage di Oklahoma City dell’ americanissimo McVeigh, razzista e anti-Stato, con un camioncino pieno di fertilizzante. Quindi è venuta la stagione irachena. Per costruirle bastano una somma modesta’ 400 euro’ un’officina e un artificiere. Azioni documentate sui siti jihadisti che mostrano i video di preparazione. Chi ha agito a Times Square non aveva tutta questa abilità ma come Faruk, il nigeriano delle mutande-bomba, ha riportato la paura dentro i confini americani.

FEDERICO RAMPINI SU REPUBBLICA
« l´eroe di Times Square, l´uomo che ha salvato New York da una tragedia», lo definisce il sindaco Michael Bloomberg. L´eroe si congeda dalla storia con quattro parole, la sua filosofia, un consiglio per sopravvivere: «Vedete qualcosa? Dite qualcosa». Lance Orton è sfinito, frastornato, 12 ore dopo l´allarme-bomba è ancora qui sul marciapiedi a presidiare la sua bancarella di souvenir. E a raccontare. suo quest´angolo di Times Square, tra il musical The Lion King di Walt Disney e l´hotel Marriott, un pezzo di asfalto prezioso per smerciare borse false, orologi taroccati, T-shirt, preservativi con la faccia di Obama.
Lo ha difeso come un pezzo della sua vita, ha salvato una marea di turisti anonimi dalla strage pianificata per sabato sera. Nero, 57 anni, reduce del Vietnam («nei Rangers, sotto gli ordini della Marina, leva del 1973»), Orton si appoggia a un bastone, zoppica leggermente per una vecchia ferita di guerra, che sente di più con la stanchezza della notte insonne.
Erano le 18.30 di sabato, l´ora di punta prima dell´inizio dei musical, quando Orton ricorda di essersi insospettito. «Ehi, mi son detto, chi cavolo posteggia qui in zona vietata, proprio davanti alla mia bancarella? Coi lampeggianti, il motore acceso, e nessuno a bordo, in piena Times Square? Mi avvicino al finestrino e c´è una chiave nel cruscotto. Che dico, un grappolo di chiavi. Poi vedo fumo che esce dal finestrino di dietro e non perdo un istante, chiamo subito un poliziotto a cavallo». E´ l´ufficiale Wayne Rhatigan, uno dei veterani che passano le loro giornate in sella a farsi fotografare dai turisti. Raccoglie per primo l´appello di Orton, chiama rinforzi, compresi gli artificieri per quell´odore di polvere da sparo.
L´ambulante nel frattempo è sparito. Come Dustin Hoffmann nel film «Eroe per caso», aveva altro da fare. «La mia macchina era lì a fianco - racconta - e piena da mercanzia. Mica potevo lasciarla a due passi da una bomba. Dopo, quando sono tornato, li ritrovo tutti addosso a me. Gli agenti veterani di Times Square mi conoscono, è una vita che lavoro qua, dopo la guerra più che l´ambulante non sono riuscito a fare. E allora ieri sera tutti a chiedermi: di chi è quella macchina, cos´hai visto, chi c´era? Cosa volete che ne sappia io. Niente panico, però: ce l´abbiamo fatta anche stavolta».
Orton non pensa soltanto al Vietnam, ma ai tanti allarmi più recenti che ha collezionato qui sull´asfalto di Times Square. L´evacuazione di Natale (sospetto bomba). La notte-brava di Pasqua, quando le gang di neri e portoricani sono «scese» dal Bronx per tentare di riprendersi il centro, seminando il terrore con le sparatorie. Erano scherzi in confronto a quello che poteva succedere questo sabato sera. Qui «nel centro del centro del mondo», anche un terrorista-dilettante può provocare un altro 11 settembre.
Per la densità, la notorietà, la forza simbolica di questo luogo: una dozzina di morti a Times Square può bastare a mettere l´America in ginocchio. E´ la piazza più luminosa, più visitata, più televisiva. Tutto il sogno americano che ancora attira milioni di turisti dal Mid-West e dal Texas, da Shanghai e da Rio, è concentrato fra la 42esima e la 44esima strada, tra Broadway e l´Ottava Avenue. I musical e Madame Tussaud; le immense pubblicità luminose che si vedono dalla luna, ribattezzate i Jumbotroni, un´intensità di raggi laser che concentra tutta Las Vegas in un solo crocevia; Britney Spears e Lady Gaga che si fronteggiano dalle facciate dei grattacieli come due King Kong.
Gli studi Abc da dove va in onda Good Morning America. Il ristorante Planet Hollywood e una dozzina di megastore da M&M a Toys R Us. Le gradinate coi palchi costruite per godersi questo spettacolo di gente che cerca spettacolo: l´orgia di pubblicità, la massa umana che si accalca agli ingressi dei teatri.
La piazza più fotografata del mondo è la speranza segreta degli inquirenti: migliaia di turisti passavano proprio lì alle 18.30 di sabato, senza saperlo possono avere fissato nelle videocamere o telefonini il volto dell´attentatore. Anche lui risucchiato nel vortice di immagini, anche il terrorista fagocitato da questo spettacolo a getto continuo. «Qualche ritardo, ma neppure un musical è stato cancellato», annuncia con orgoglio il portavoce dei teatri di Broadway, Adrian Bryan-Brown. «Uno show così vale più del biglietto da 150 dollari per Mary Poppins», osservava un turista venuto da Seattle, accalcato sabato sera nella folla davanti alle transenne, a fotografare gli artificieri per portarsi a casa il ricordo: «C´ero anch´io, se scoppiava ero in mezzo». La notizia del fallito attentato ora scorre negli striscioni luminosi delle agenzie stampa che proiettano sulla piazza le quotazioni del Dow Jones. Scampato il pericolo, Times Square digerisce tutto, trasforma anche l´autobomba in uno show. Quando Lance Orton esausto s´infila in testa il panama bianco e sale su un taxi per andare a casa, al suo posto s´insedia un quasi-sosia. E´ Duane Jackson, un gigante nero, con regolare tesserino di bancarellista autorizzato. S´infila sulla testa rapata un berretto da baseball con su scritto Vietnam Veteran. Comincia a farsi fotografare e distribuisce interviste come se fosse lui l´eroe di Times Square. Niente panico, lo show continua.

ANGELO AQUARO
NEW YORK - Il volto dell´uomo «bianco e sui quarant´anni» che voleva spedire all´inferno Times Square è impresso in uno dei video che la polizia compulsa con una speranza sola: che l´attentato della notte di sabato sia davvero quel «colpo isolato» che il ministro della Sicurezza Nazionale, Janet Napolitano, si è affrettato a definire. Un Suv imbottito di esplosivo non è saltato in aria «soltanto perché il meccanismo non ha funzionato». Un sito islamista ha già rivendicato l´azione: i Taliban del Pakistan avrebbero voluto vendicare l´uccisione poche settimane fa del capo di Al Qaeda Al Masri «e di altri martiri musulmani». Ma il capo del New York Police Department, Raymond Kelly, dice che non ci sono prove della rivendicazione e che non si può escludere che l´autobomba «amatoriale» - definizione del sindaco di New York, Michael Bloomberg - abbia la firma di quel terrorismo interno su cui pochi giorni fa aveva lanciato l´allarme l´ex presidente Bill Clinton: lo stesso odio antigovernativo - oggi alimentato dalle campagne della destra estrema anti-Obama - che 15 anni fa portò Tim McVeigh a piazzare la bomba di Oklahoma City che uccise 168 persone.
L´uomo ora ricercato si sarebbe sfilato nelle vicinanze di Times Square una camicia nera e sarebbe fuggito con la maglietta rossa che aveva addosso. Un turista avrebbe ripreso il sospetto e le sue immagini si sommano a quelle di almeno 30 delle 80 telecamere di sorveglianza disseminate nelle zona. La Casa Bianca conferma che le indagini di questo «episodio grave» vanno in tutte le direzioni.
Barack Obama elogia chi ha aiutato a scoprire la bomba e promette: «Giustizia sarà fatta». Intanto cancella il viaggio che aveva in programma nel New Jersey mercoledì. Dal New York Post alla Cnn già si parla di «Times Scare»: scare vuol dire paura e gli allarmi si moltiplicano. Sabato sera paura sul volo Chicago-Philadelphia per un «messaggio sospetto» ritrovato a bordo. Domenica pomeriggio paura durante la Maratona di Pittsburgh per un ordigno che poi non c´è.
Sul Suv ci sarebbero anche le impronte dell´attentatore e la polizia è già risalita all´autofficina del Connecticut dove sarebbe stata rubata la targa di una vecchia Ford appiccicata al Pathfinder. Una telefonata anonima intorno alle 4 di sabato aveva annunciato che ci sarebbe stata «una grande esplosione» e che l´autobomba era solo una trappola. Invece quell´auto poteva fare davvero un strage: tre bombole di propano, tipo quelle usate per il grill, due galloni di gasolio, fuochi d´artificio, un paio di fili e due sveglie gialle usate come timer. In una custodia per armi anche otto sacchetti con polvere sospetta. Per questo la polizia - che prima aveva detto che l´autobomba avrebbe provocato «una palla di fuoco spaccandosi in due» - ora dice che «l´esplosione sarebbe potuta essere più letale: una catastrofe che non possiamo neppure definire».
Sono le 6.28 di sabato sera quando una telecamera riprende un Nissan Pathfinder imboccare la 45esima strada in direzione dell´Ottava Avenue. Il Suv scuro viene parcheggiato all´incrocio con la Settima Avenue con le quattro frecce e il motore accesi. Un turista vede un uomo allontanarsi. Lance Orton, un venditore ambulante di magliette, scorge del fumo uscire dall´auto parcheggiata davanti ai teatri che si riempiono di spettatori. Lì danno "Next To Fall" e "Il Re Leone". Lì vicino c´è la sede della Viacom che produce "South Park", il cartoon minacciato dagli islamisti: ha mostrato il Profeta in versione orsacchiotto e la polizia non esclude neppure questa pista.
L´ambulante chiama il poliziotto a cavallo Wayne Rhatigan: ha 47 anni e da 19 fa lo sceriffo a New York. Wayne sente un odore strano, chiama un paio di colleghi e comincia a far evacuare la gente. Sono le 6.34 ma quando arriva il robottino degli artificieri il meccanismo ha già fallito: si sente lo scoppiettio, l´esplosione non c´è. A due blocchi di distanza Oprah Winfrey si gode il musical "Fela". Liza Minnelli è l´ospite d´onore al Marriott. La diva Lucy Liu sta per salire sul palco del suo "God of Carnage" e chiede ai poliziotti cosa sta succedendo. Gli spettatori vengono invitati a non lasciare le loro poltrone.
Turisti chiusi fuori dagli alberghi. Si svuotano il Marriott, i McDonald´s, si svuota il più grande negozio di giocatoli del mondo, Toys´r´Us. Migliaia di evacuati. Sono quasi le tre di notte quando Bloomberg torna da Washington: era al ricevimento per i corrispondenti della Casa Bianca. Ha ancora il farfallino della festa: «Siamo stati fortunati, poteva essere una strage».

NOTIZIA
Tra le prime ipotesi investigative circolate ieri, una riguarda la Viacom, il colosso che produce la serie tv "South Park" e che ha la propria sede accanto a Times Square. "South Park" è probabilmente il cartone animato più sboccato, irriverente e politicamente scorretto della storia della televisione americana. E ultimamente è finto nel mirino di alcuni fondamentalisti islamici - che minacciavano di far fare agli autori la stessa fine del regista olandese Theo Van Gogh, ucciso nel 2004 - per aver preso in giro Maometto. Trasmessa per la prima volta nel 1997 da Comedy Central, il canale preferito dai giovani americani tra i 20 e i 35 anni, tra polemiche, censure e attacchi "South Park" è giunto alla sua quattordicesima stagione senza aver risparmiato nessuno: oltre che Maometto, Gesù, l´Olocausto, Bush e Obama.


MARIO CALABRESI SU LA STAMPA
Lo spettacolo pomeridiano del Minskoff Theatre è cominciato regolarmente alle tre del pomeriggio. Le famiglie di turisti che avevano pagato 214 dollari a testa per vedere il Re Leone dalle prime file sotto il palco hanno solo fatto più fatica per entrare.
Una folla di curiosi si faceva fotografare all’incrocio tra la 45ª Strada e Broadway. Da sabato sera sulle guide dei tour organizzati per Manhattan c’è un altro luogo dove bisogna essere stati, vi è già spuntata una bancarella con magliette «I love NY» e bandierine a stelle e strisce. Ora è il momento di farsi immortalare nel punto esatto dove New York avrebbe potuto trasformarsi in Baghdad. Sono gli stessi turisti che con la linea 1 della metropolitana si spostano da Sud, da quel che resta di Ground Zero - che finalmente non è più un buco ma vede crescere l’erede delle Torri Gemelle - a Nord, all’ingresso dell’elegante Dakota, il condominio di fronte a Central Park, dove trent’anni fa venne assassinato John Lennon. Due portieri in livrea ancora ieri mattina si affannavano a spostare i curiosi che si arrampicano perfino sulla facciata per portarsi a casa un’immagine ricordo.
La vita e lo spettacolo a Times Square sono ripartiti identici, dopo un sabato sera surreale in cui c’è stato soltanto silenzio e poliziotti in tenuta antiterrorismo che sigillavano ben dodici isolati. Ma se per il turista di passaggio questo è solo un altro scatto, per i newyorchesi la fallita autobomba è il risveglio di un’inquietudine che da quasi nove anni vive sotto la loro pelle. Dal giorno in cui si sono sentiti vulnerabili. Da quell’11 settembre in cui l’onnipotenza di una città è crollata insieme alle Torri Gemelle. Sui muri della metropolitana e sulle fiancate degli autobus è sempre rimasto ben visibile il messaggio simbolo: «If you see something, say something» se vedi qualcosa, segnalalo immediatamente. Si è ironizzato molto su questa scritta ripetuta ossessivamente in inglese e spagnolo, su quei cartelli che invitavano a denunciare qualunque cosa e chiunque risultasse fuori posto.
Ma l’eroe del sabato sera, un venditore ambulante di magliette con un passato da soldato in Vietnam, ha agito secondo le procedure e oggi viene premiato come esempio. Anche l’America di Barack Obama sembra non poter fare a meno di quegli standard di paura e sicurezza dettati da Osama bin Laden e da George Bush.
New York conosce le autobombe: nel 1993 - in quella che fu una sorta di prova generale del terrorismo islamico sul territorio americano - 680 chili di esplosivo furono piazzati nel parcheggio sotterraneo della Torre Nord del World Trade Center. Allora ci furono solo sei morti e un migliaio di feriti e le Torri Gemelle rimasero per altri otto anni al loro posto. Ma i sodali dello sceicco cieco Omar Abdel-Rahman - che sconta il suo ergastolo in Nord Carolina - si presero la rivincita nel 2001 cambiando la storia e il sentimento di una città. Ma se l’idea dell’autobomba a noi europei parla oggi di Baghdad come in passato significava Beirut, negli Stati Uniti è associata all’impresa più tragica delle milizie estremiste e razziste bianche, quelle che con un camion bomba nel 1995 sbriciolarono il Palazzo Federale di Oklahoma City uccidendo 168 persone tra cui 19 bambini dell’asilo.
Chi voleva trasformare il Centro turistico di Manhattan, la casa dei musical, del divertimento per famiglie in un teatro di distruzione e sangue? Tutte le piste e le ipotesi sono aperte. Dagli estremisti islamici che continuano ad odiare l’America ai gruppi della razza ariana che odiano invece soltanto il suo Presidente nero. Sappiamo che la vita continua ma che quell’inquietudine newyorchese resta intatta, perché quei tremila morti di nove anni fa non sono dimenticati e perché dall’inizio del millennio sappiamo che il nostro mondo e il nostro modo di vivere sono cambiati per sempre.

MAURIZIO MOLINARI
MAURIZIO MOLINARI
CORRISPONDENTE DA NEW YORK
Una palla di fuoco sul pubblico che usciva da «Lion King», lo spettacolo di Broadway più amato dai bambini di New York e di tutto il mondo. Era questo il piano del terrorista che nel tardo pomeriggio di sabato ha parcheggiato davanti al Minskoff Theatre, sulla 45° Strada angolo Settima Avenue, un Suv Nissan Pathfinder con a bordo tre cilindri di gas propano, due contenitori con 20 litri di benzina, due timer a batteria, fili elettrici, polvere da sparo, fuochi d’artificio M-80 e una cassa per armi da fuoco da 100 kg sigillata, dentro la quale è stata trovata una sostanza sconosciuta che sembra un fertilizzante. Se l’innesco avesse funzionato, propano e benzina avrebbero generato alla mezzanotte in punto un’onda di fuoco, mandando in frantumi l’auto le cui schegge si sarebbero trasformate in proiettili contro la folla in uscita dai teatri di Broadway.
 stato il fumo che usciva dalla macchina a far scattare l’allarme. La polizia ha isolato l’area per centinaia di metri. In alcuni teatri di Broadway lo spettacolo è stato cancellato, in altri è iniziato in ritardo. Nel complesso l’intervento delle unità di sicurezza è stato molto rapido, evitando caos e panico mentre migliaia di persone venivano allontanate. Investendo il numero 1535 di Broadway Avenue, l’esplosione avrebbe colpito sette teatri e l’hotel Marriot.
«Poteva essere una strage, siamo stati molto fortunati, nove anni dopo l’11 settembre volevano ancora colpire New York perché è un simbolo di libertà» ha detto il sindaco Michael Bloomberg. «Sembra un atto di terrorismo ma non ci sono prove di un complotto più ampio» gli ha fatto eco Janet Napolitano, ministro della Sicurezza Interna. «Faremo quanto necessario per proteggere il popolo americano» ha assicurato Barack Obama.
L’indagine parte dalla bomba. Un ordigno che la polizia definisce «rudimentale», la cui mancata detonazione ricorda quanto avvenuto con l’esplosivo addosso al kamikaze nigeriano di Al Qaeda, che lo scorso Natale non riuscì a far saltare in aria un aereo sopra Detroit. Il gas propano è una traccia che porta tanto in Gran Bretagna - dove nel 2007 fu trovato su due autobombe non esplose a Londra e nell’aeroporto di Glasgow -, quanto in Iraq, perché spesso i gruppi islamici l’hanno adoperato per compiere attentati.
Poi c’è il giallo della cassa di armi sigillata: la sostanza misteriosa assomiglia a un fertilizzante ma non è stata ancora identificata. La macchina aveva una targa del Connecticut, che il legittimo proprietario aveva gettato in una discarica, e gli inquirenti stanno lavorando sul numero di telaio per rintracciarne l’origine. L’auto è in una base della polizia e le impronte digitali dovrebbero consentire di identificare il guidatore. L’Fbi conta anche sull’analisi dei video girati dalle telecamere di Times Square: il guidatore, dopo aver parcheggiato, si è rapidamente dileguato, forse seguito da un’altra vettura che ne proteggeva la fuga. C’è almeno un fotogramma nel quale si vede «un uomo bianco di 40 anni con scarpe da ginnastica mentre si toglie una maglietta sotto la quale ne ha un’altra» ha detto il capo della polizia Raymond Kelly, aggiungendo: «In Pennsylvania c’è un turista che ha altre immagini».
Dal Pakistan una rivendicazione è arrivata via web da Qari Hussain Mehsud, uno dei colonnelli dei taleban di Hakimullah Mehsud, che avrebbe voluto «vendicare i martiri al-Baghdadi e al-Mahajer» uccisi dalla Cia. Ma la polizia non la considera credibile e Bloomberg ribadisce: «Non sappiamo ancora chi ha fatto questo e perché». Per il deputato repubblicano Peter King i terroristi avrebbero voluto colpire all’angolo fra la 45ª Strada e Broadway, perché lì si trova la sede di Viacom, il colosso che produce il cartone tv «South Park» accusato da gruppi jihadisti di offese all’immagine di Maometto.

SITI DEL 3 MAGGIO
www.repubblica.it
PAURA A NEW YORK
Spunta video di leader talebano
con minacce alle città americane
Il filmato, che dura nove minuti e sarebbe stato registrato il 4 aprile. Il ministro della Giustizia Holder ottimista: "Le indagini sul fallito attentato stanno facendo significativi progressi"

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NEW YORK - Il giorno dopo la grande paura 1, New York si risveglia con la polizia a caccia di un uomo bianco di circa 40 anni che, secondo le riprese delle telecamere di sorveglianza nella zona di Times Square, sarebbe l’attentatore che ha posteggiato il Suv con all’interno un ordigno artigianale e che avrebbe dovuto fare strage nella piazza più famosa e più popolata della Grande Mela. Il ministro della Giustizia Eric Holder sembra ottimista: "Le indagini stanno facendo progressi significativi". "Abbiamo alcune buone piste investigative", ha detto Holder riferendosi al video peraltro già diffuso dai media in cui si vede un uomo allontanarsi dalla zona. Il ministro della Giustizia ha aggiunto che "ce ne sono anche altre", sulle quali però non ha voluto soffermarsi.

Il portavoce della polizia di New York ha riferito che è stato individuato il proprietario del Suv che ha provocato l’evacuazione di Times Square, precisando che non è considerato sospetto. L’auto aveva la targa rubata e il proprietario è stato rintracciato attraverso i numeri di matricola sul motore. Andando avanti con le indagini prende sempre più corpo l’ipotesi che si sia trattato dell’azione di un cane sciolto la cui inesperienza di esplosivi ha permesso alla polizia di sventare il piano terroristico. Il capo della polizia, Raymond Kelly, ha riferito che all’interno del Suv-bomba gli artificieri hanno trovato una cassa metallica con otto borse di una sostanza identificata come un fertilizzante, reperibile in qualsiasi negozio, ma innocuo. Vi erano anche bombole di propano - ma con le valvole serrate - taniche di benzina, e due orologi collegati a mortaretti che avrebbero dovuto fungere da innesco. Non è chiaro se tutto fosse realmente in grado di funzionare. "In questo caso ci sarebbe stata una grande palla di fuoco e un gran numero di vittime", ha detto Kelly.

Intanto riappare il leader talebano Hakimullah Mehsud, che era dato per morto 2 dall’intelligence Usa e pakistana. In due video -individuati da Site e IntelCenter, due gruppi specializzati nelle analisi delle rivendicazioni terroristiche- il leader talebano minaccia nuovi attacchi conto le città americane "nei giorni e mesi a venire".

"E’ vicino il momento in cui i nostri ’fedayeen’ (guerriglieri) attaccheranno gli Stati americani nelle maggiori città", dice Mehsud, fiangheggiato da due uomini armati e mascherati, in uno dei messaggi. Il video, che dura nove minuti e sarebbe stato registrato il 4 aprile, è il primo che mostra Mehsud dopo gennaio (quando l’intelligence Usa annunciò la sua morte in un attacco con un drone statunitense in Waziristan), ma non fa riferimento al fallito attentato a Times Square.

Simili minacce sono anche contenute nell’audio messaggio contenuto nel secondo video, apparentemente registrato il 19 aprile, che mostra la faccia di Mehsud vicino a una mappa degli Stati Uniti, ’punteggiata’ da una serie di esplosioni. Secondo gli specialisti di Intelcenter, i video sono attendibili. I guerriglieri talebani avevano sempre negato la morte di Mehsud 3, rifiutandosi però di fornire prove della sua esistenza in vita per non metterne a rischio la sicurezza.

(03 maggio 2010)

www.corriere.it
NEW YORK - Il terrorista che ha preparato la bomba che doveva esplodere a Times Square non era molto esperto. stato questo il motivo principale che ha permesso di sventare l’undicesimo attentato a New York dopo le stragi dell’11 settembre. Di sicuro, spiegano gli inquirenti, si è trattato di uno dei tentativi meno sofisticati. Eppure, l’autobomba parcheggiata a Times Square è arrivata molto più vicina a fare morti e danni rispetto agli altri falliti attacchi.

TROVATO IL PROPRIETARIO DELL’AUTO - Nel frattempo gli investigatori hanno individuato il proprietario del Suv Nissan che ha provocato l’evacuazione di Times Square ma l’uomo non è considerato sospetto. La notizia è stata confermata dal portavoce della polizia di New York Paul Browne. L’auto aveva la targa rubata. La polizia ne ha rintracciato il proprietario attraverso i numeri di matricola sul motore.

IL VIDEO - La polizia e la Homeland Security ancora non si sbilanciano, ma esperti di sicurezza puntano al gesto di un ’cane sciolto’ non particolarmente addestrato nella confezione di esplosivi letali. Da parte loro i talebani pachistani smentiscono di aver mai pubblicato sul web un video in cui si rivendica il fallito attentato a New York. Progressi «significativi» sono stati fatti nell’indagini, assicura nel frattempo il ministro della Giustizia Usa Eric Holder. L’attenzione degli inquirenti statunitensi si è concentrata in queste ore su un filmato che potrebbe aver catturato l’immagine di un sospetto. Il video mostra un uomo bianco di circa quarant’anni che si guarda furtivamente indietro, si muove «in maniera sospetta», si sfila una maglietta di colore scuro (lasciandosene una di colore rosso sotto) e la infila in una valigia. Le immagini sono state registrate a circa mezzo isolato dal luogo dove la polizia, sabato sera, ha trovato il Nissan Pathfinder imbottito d’esplosivo. E la polizia di New York diffonderà presto un nuovo video in cui si vede una persona che scappa dall’area di Times Square. Lo ha detto alla Cnn il capo della polizia Ray Kelly. Nel video, girato da un turista, si vede un uomo che corre sulla Broadway verso nord. Kelly ha detto che, come nel caso dell’uomo che si leva la camicia al centro di un altro filmato ripreso dalle telecamere di sorveglianza della piazza, non ci sono elementi per parlare di potenziali sospetti. «Sono semplicemente persone con cui vorremmo parlare», ha detto Kelly.

BOMBA RUDIMENTALE - Il capo della polizia ha poi aggiunto che all’interno dell’auto gli artificieri hanno trovato una cassa metallica con otto borse di una sostanza identificata come un fertilizzante, reperibile in qualsiasi negozio, ma innocuo. Vi erano anche bombole di propano - ma con le valvole serrate - taniche di benzina, e due orologi collegati a mortaretti che avrebbero dovuto fungere da innesco. Non è chiaro se tutto fosse realmente in grado di funzionare. «In questo caso ci sarebbe stata una grande palla di fuoco e un gran numero di vittime» ha detto Kelly. Nell’auto si cercano eventuali impronte digitali, capelli e materiale organico di eventuali occupanti che possano rivelare nuovi indizi.

LE RIVENDICAZIONI - Intanto è ancora buio pesto sul movente. Esclusa la pista che portava al gruppo talebano pachistano Tehreeek-e-Taleban, legato ad Al-Qaeda, sembra più interessante, invece, quella del video di nove minuti, postato su Internet nelle ultime ore ma che risalirebbe al 9 aprile, in cui rispunta Hakimullah Mehsud. Il leader talebano era stato dato per morto in un attacco di un drone statunitense il 9 gennaio, ma i talebani avevano sempre negato la sua morte, rifiutandosi però di fornire prove della sua esistenza in vita per non metterne a rischio la sicurezza. Nel video il temibile comandante militare non fa alcun riferimento all’attentato nel cuore di Manhattan ma minaccia attacchi contro le città Usa «nei giorni e mesi a venire».