Alberto DཿAngerio, Il Sole-24 Ore 3/5/2010; Vittorio Carlini, Il Sole-24 Ore 3/5/2010;, 3 maggio 2010
RATING IN SOFFITTA, MEGLIO GUARDARE I RENDIMENTI
Non basta più. Il giudizio delle agenzie di rating non è più sufficiente per valutare un investimento. Anzi, a volte può avere un effetto distorsivo se giunge in ritardo come accaduto perla banca d’affari Usa Lehman Brothers e per la stessa Grecia. Amplifica gli effetti negativi aumentando, a posteriori, i timori degli investitori e soprattutto dei piccoli risparmiatori. Ecco perché bisogna attrezzarsi per giudicare, a prescindere dai rating, come sta andando un titolo di stato o l’obbligazione emessa da una società. «Il rating dà false sicurezze. soltanto uno dei fattori che consente di valutare la bontà di un investimento – spiega Barbara Valbuzzi, presidente di Cfa Italia Institute, associazione internazionale che riunisce gli investitori professionali ”. Meglio dare un’occhiata ai rendimenti dei titoli di stato per farsi un’idea. Sulla Grecia, per esempio, i rendimenti crescevano già da tempo rispetto a medesimi strumenti finanziari dell’area euro».
Scovato dunque il primo e importante campanello d’allarme.
Ma se poi l’azienda (o lo stato) fallisce? avvenuto con Lehman: era il 15 settembre 2008. «Le riforme europee che dovevano regolamentare l’attività delle agenzie di rating sono ancora sulla carta», ricorda Valbuzzi. L’albo europeo,un’authority di vigilanza e le sanzioni: tutto da approvare. Nel frattempo, nonostante il calo di credibilità in relazione a Lehman, le agenzie di rating hanno continuato a dare giudizi. Tanto che lo stesso Financial Times chiede di «imbrigliarne l’attività».
In Italia contro tali società c’è in atto una causa pilota avviata davanti al tribunale di Milano: 350 obbligazionisti (ma si superano i 600, visto che la maggior parte dei conti titoli erano coin-testati) hanno citato in giudizio le tre principali agenzie (Standard& Poor’s,Moody,Fitch),oltre al consorzio PattiChiari ( vedi «Sole24Ore» del 12 marzo 2010). Una citazione collettiva. Non una class action ma un «litisconsorzio facoltativo», istituto giuridico del nostro codice di procedura civile che consente a più soggetti con interessi simili di agire nello stesso procedimento. Un processo sulla responsabilità della diffusione di informazioni non veritiere sui bond Lehman. Che contiene un’altra novità: il gruppo di risparmiatori si è conosciuto e automotivato grazie al web. C’è un forum dove si sono scambiati punti di vista e soluzioni. E alla fine Airolb, l’associazione costituita dagli investitori coinvolti, ha creato un sito internet. «La prima udienza si terrà in ottobre – ha affermato l’avvocato Mauro Guizzardi di Ferrara che assieme ad Angelo D’Alessandro (studio Sge) difende i 350 obbligazionisti ”.Siamo ottimisti sul procedimento e speriamo che serva a responsabilizzare le agenzie di rating». La richiesta di risarcimento ammonta a 25 milioni di euro. I tempi? Guizzardi preferisce non sbilanciarsi. I risparmiatori hanno cominciato a ribellarsi. Anche grazie a internet. Alberto D’Angerio • TUTTI I SEGRETI DEI TITOLI DI STATO - I titoli di stato. Fino a ieri il signor Rossi se li dimenticava in un cassetto. Li considerava un investimento abbastanza sicuro, soprattutto se espressione del debito sovrano di economie occidentali. Oggi, con l’incendio greco non domato, il declassamento di paesi quali Portogallo e Spagna ma anche il rapporto debito/Pil degli Usa stimato nel 2010 all’82,9%, una qualche preoccupazione, al signor Rossi, è venuta.
Timori che, se non devono trasformasi in panico, vanno ricondotti a una maggiore attenzione. «Le parole d’ordine sono selezione e diversificazione - dice Gianluca Ferretti, responsabile investimenti obligazionario di Anima Sgr - , in un mercato che, proprio per le attuali turbolenze, va affrontato o appoggiandosi a un consulente o investendo in un fondo obbligazionario».
Se poi il riparmiatore non può resistere al fai-da-te, i paesi cui guardare, sempre avendo attenzione a impegnare solo una parte del patrimonio, sono quelli del Centro-Europa. «Per proteggere il proprio capitale- sottolinea Stefan Isaacs, gestore di M&G European Corporate Bond Fund - le emissioni governative di Germania, Francia e Olanda offrono spunti interessanti. In particolare, il Tbund decennale che ha un rendimento lordo oltre il 3%».
Un’impostazione condivisa tra gli esperti. «Anche se- specifica Ferretti - i bond olandesi sono meno liquidi e la mia preferenza va alle emissioni francesi con duration minore: tra 3 e 6 anni». Scadenze non immediate che presuppongono uno scenario futuro «contraddistinto - riprende Isaacs - da un basso tasso d’inflazione core, attorno all’1%».
Ma, in un simile contesto, l’Italia deve essere messa in un angolo? La risposta è no. «Non credo possano esserci problemi per le emissioni domestiche - afferma Maila Bozzetto, consulente finanzario indipendente di Imad2 -. Gli spunti interessanti ci sono: i Btp a 3 o 5 anni, che hanno uno yield attorno al 2,2%, ne sono un esempio». «Ricordo - aggiunge Ferretti - che a fine 2009 il nostro rapporto deficit/Pil era contenuto al 5,3%; mentre l’alto tasso dirisparmio delle famiglie permette di "assorbire" meglio il debito, che pure è al 115,5% del Pil». Si tratta di un mix, insomma, «che ci pone in una situazione migliore rispetto ad altri stati». Per quanto, non può dimenticarsi che il più alto rendimento dei titoli italiani rispetto, per esempio, ai Tbund tedeschi è la conseguenza della percezione di un maggiore rischio sui cosiddetti paesi periferici dell’Ue. Che hanno un solo vero problema: la crescita. All’incremento del debito, deve contrapporsi l’aumento della ricchezza, altrimenti la "cambiale" dello stato si trasforma in un problema strutturale. Questo è il rischio.
Già il rischio. Come identificare quello legato ai bond? Il mercato - lo si è visto in questi giorni - continua a guardare al merito di credito e alle agenzie di rating: più scende il voto, più sale la percezione di "pericolo" insieme agli interessi richiesti per prestare i propri soldi.
Eppure, a sentire i singoli operatori, chi emette i giudizi non ha più l’autorevolezza pre-crisi. «Si tratta di lag-indicator - dice Angelo Drusiani, di Albertini Syz -. Cioè, il mutamento di rating arriva dopo che il mercato ha già segnalato il cambiamento. Quindi, è utile fare attenzione anche ad altri indicatori».
Per esempio? «Si deve guardare la differenza di rendimento tra i titoli del paese considerato più virtuoso (la Germania, ndr),
e quelli su cui si vuole investire: se lo spread si allarga, significa che la quotazione del bond scende e il mercato sta vendendo l’obbligazione ». Ancora: «Va analizzato il rapporto tra domanda e offerta nelle aste che in media, in Italia, è sopra a 2; se scende troppo al di sotto è il segnale di un certo nervosismo ». Di più: « utile guardare la differenza tra il prezzo offerto per il bond dal venditore e quello indicato dal compratore; se è oltre 2-3 punti, bisogna stare attenti ». Senza dimenticare, poi, i Credit default swap, i contratti che assicurano contro il possibile fallimento dell’emittente. La loro quotazione, nei fatti, indica il premio che si paga contro il deafult: più sale e maggiore è il rischio.
Insomma, non è solo il rating rispetto al quale, peraltro, «è sempre utile guardare anche all’oulook che, se negativo, può preannunciare un ulteriore downgrade». Quello che tutti scongiurano e temono. Per non dover assistere al contagio della crisi sul debito sovrano in Europa. E non solo. Vittorio Carlini