Stefano Ciafani, Il Riformista 30/4/2010, 30 aprile 2010
Sulla necessità del nucleare Minopoli non ci convince Umberto Minopoli predica bene, ma razzola male
Sulla necessità del nucleare Minopoli non ci convince Umberto Minopoli predica bene, ma razzola male. Nel suo articolo dice che sul nucleare serve fare informazione corretta, senza ideologia e isterismi emotivi. Se ne dicono infatti di tutti i colori e questo non aiuta gli italiani a farsi la giusta idea sul progetto di ritorno al passato prospettato dal governo Berlusconi. E l’articolo di Minopoli non aiuta in questa direzione. I problemi energetici del nostro Paese sono tanti, noti da almeno vent’anni, ma a oggi generalmente irrisolti. Siamo d’accordo a ridurre la dipendenza dall’estero, diversificare le fonti e ridurre la bolletta, oltre a recuperare i ritardi rispetto agli obblighi previsti dai trattati internazionali per la lotta ai cambiamenti climatici. Peccato che il nucleare non contribuirà a risolvere uno solo di questi problemi. Come ricorda il Cesi Ricerca infatti, una fonte non proprio ambientalista, coi 4 EPR reattori da 1.600 MW previsti dall’accordo Berlusconi-Sarkozy di un anno fa l’Italia risparmierebbe 9 miliardi di metri cubi di gas all’anno, pari a circa il 10% dei consumi attuali e al contributo di un rigassificatore (uno!). Sarebbe questo il contributo alla riduzione delle importazioni e alla diversificazione delle fonti? Per questo dovremmo spendere 25 miliardi di euro per la costruzione delle 4 centrali atomiche? Per risparmiare 500 milioni di euro di costo di un terminal di rigassificazione? Sostenere che il nucleare ci consentirebbe di centrare l’obiettivo europeo di riduzione della CO2 al 2020, come fa Minopoli è azzardato. Semmai si riuscissero a localizzare gli 8 reattori che servirebbero a produrre il 25% di elettricità, ci vorrebbero almeno 10 anni per completare la costruzione della centrale. Non rispetteremmo quindi la scadenza europea del 2020, incappando nel pagamento di pesanti sanzioni economiche. Il nucleare poi produce solo elettricità, che pesa un 20% sui consumi energetici finali, e non calore per l’industria o per riscaldare gli edifici. Di conseguenza non può sostituire i derivati del petrolio per il trasporto di merci e persone. Taglierebbe quindi solo una piccola parte delle emissioni della produzione elettrica, senza intaccare minimamente il contributo delle emissioni industriali, residenziali e dei trasporti: 8 reattori ridurrebbero, a partire dal 2026 in poi, solo 34 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, pari al 6% del totale nazionale emesso attualmente da tutte le fonti. Anche sulla sicurezza si fa disinformazione. Quante volte abbiamo sentito negli ultimi 2 anni da Scajola e dai sostenitori del nucleare che il reattore francese EPR è un gioiello della tecnologia, affidabile e sicuro? Si tratta dello stesso reattore che è stato censurato non più di 6 mesi fa per l’inadeguatezza dei sistemi di sicurezza e di controllo dalle Agenzie per la sicurezza nucleare di Francia, Finlandia e Gran Bretagna, che hanno imposto ad Areva, la società costruttrice francese, di modificarne pesantemente il progetto. Il rilascio di radioattività all’esterno poi non è avvenuto solo nella tragedia di Chernobyl, ma anche nei tanti incidenti considerati ”minori” che avvengono ogni anno nel mondo e soprattutto nei rilasci, tutt’altro che teorici, che avvengono con l’attività ordinaria delle centrali atomiche. Sui costi parlano i dati del Dipartimento dell’energia statunitense, del MIT di Boston, dell’agenzia di rating Moody’s o soprattutto le gare, a cui aveva partecipato Areva con il reattore EPR, annullate per motivi di natura economica in Sud Africa, in Missouri (USA), in Canada negli ultimi 2 anni: il peggior nemico del nucleare è il mercato. Sulla vicenda dei decessi causati dal disastro di Chernobyl, sostenere che sarebbero stati solo 55 è un oltraggio alle decine di migliaia di persone che hanno subito e continueranno a subire per anni ancora gli effetti della nube. Secondo un’efficace formula anglosassone (’too little, too late, too expensive, too dangerous”) il contributo del nucleare in definitiva è irrilevante e tardivo, oltre che costoso e pericoloso. Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente