Antonio Vanuzzo, Il Riformista 30/4/2010, 30 aprile 2010
LA SPAGNA SPAVENTA PI DI ATENE TROPPE LE PERDITE DELLE BANCHE
Una giornata particolare per la piazza iberica. Due giorni il downgrade della Spagna da parte di Standard & Poor’s, che ha ridotto da AA+ a AA- con outlook negativo il suo rating sovrano, lo spread di rendimento tra i titoli di Stato decennali contro il bund tedesco, il punto di riferimento per l’area euro, è tornato a 127 punti base, dopo i massimi di due giorni fa. I Credit default swap, i derivati che misurano quanto costa assicurarsi contro la bancarotta di Madrid, sono invece rimasti invariati a quota 175 punti base rispetto ai 187 di due giorni fa, lontani dagli oltre 700 punti base della Grecia.
Ieri è arrivata l’autocritica dello spagnolo Joaquin Almunia, vicepresidente della Commissione europea e commissario Ue alla Concorrenza, che ha spiegato come la causa del propagarsi dei timori di contagio per i cosiddetti Piigs, le nazioni meno virtuose finanziariamente dell’Ue, sia stata dettata da una reazione lenta, da parte di Bruxelles, nel fronteggiare il problema greco. Il grande dilemma della Spagna, ha riconosciuto Almunia, «è la disoccupazione, e ciò esige prendere delle decisioni, ed evitare che le parti sociali si tirino i piatti in testa, ma collaborino di più». Per Eurostat, il tasso di disoccupazione nel Paese ha superato quota 20 per cento, che in termini numerici significa oltre 4 milioni di lavoratori in mezzo alla strada. Un livello insostenibile – il più elevato di tutta l’Eurozona – che deriva in gran parte dalla crisi del mattone iberico dopo il boom degli anni immediatamente successivi al 2000.
L’esposizione delle banche nei confronti della bolla immobiliare, infatti, è di circa 351 miliardi di euro. Una criticità evidenziata anche da Standard & Poor’s, che in termini generali ha previsto una crescita del Pil intorno allo 0,7 per cento l’anno fino al 2016, rispetto all’1 per cento evidenziato dalle precedenti rilevazioni. Sul medio termine, a pesare enormemente sulla crescita spagnola è l’indebitamento del settore privato, al 178 per cento del Pil, un mercato piuttosto asfittico con una ridotta capacità di esportazione e una crescita costante della spesa pubblica, nonostante, afferma S&P, il Governo dovrebbe rispettare l’obiettivo di mantenere il deficit al 9,8 per cento del Pil entro il 2010. Il debito pubblico è un’altra questione cruciale: S&P stima un aumento del debito ad oltre l’85 per cento del Pil entro il 2013. L’Ine, l’Istat spagnola, ha calcolato un aumento dell’inflazione a quota 1,6 per cento rispetto allo scorso marzo, a causa del mix tra costi energetici in crescita, crollo dei prezzi delle case e disoccupazione.
Elena Salgado, ministro dell’Economia iberico, ieri ha sgombrato il campo dalle critiche internazionali dichiarando in una nota che «la Spagna sta facendo di tutto per riportare i conti in ordine», individuando tre nella riallocazione del 5 per cento del Pil prima destinato al mercato immobiliare in altri settori dell’economia, nella ristrutturazione del real estate e nella riduzione della pressione fiscale gli ingredienti per uscire dalla crisi. Secondo gli analisti, lo spauracchio numero uno, per Zapatero, si chiama deflazione: la disoccupazione, infatti, frena non poco la domanda di beni e servizi, generando una caduta dei prezzi. Nei giorni scorsi il premier iberico, nel commentare i dati sulla disoccupazione, si è detto «responsabile della situazione in cui si trovano le persone che hanno perduto l’impiego», sottolineando, però, che nei prossimi mesi «dovremmo vedere una tendenza positiva». I sussidi, ha affermato Zapatero, coprono l’80 per cento della popolazione, assicurando che l’obiettivo numero uno del Governo è la protezione sociale. Intanto, a riprova della linea di austerità adottata dall’esecutivo, è previsto per oggi il via libera al provvedimento che dovrebbe portare al taglio di oltre 300 alti dirigenti di ministeri e aziende a partecipazione statale. Secondo quanto riportato ieri dal quotidiano El Mundo, la misura fa parte di un piano più ampio che dovrebbe ridurre la spesa pubblica di 50 miliardi di euro nei prossimi tre anni.