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 2010  maggio 03 Lunedì calendario

L’INDIA VA ALLA CONTA, PER VOCE ARANCIO


« il più grande esercizio di calcolo della storia dell’umanità» (Palanniappan Chidambaram, ministro dell’Interno indiano).

Il primo aprile è partito il quindicesimo censimento indiano. Durerà un anno, i censiti saranno circa 1 miliardo e 200 milioni, i funzionari statali e i volontari coinvolti nell’operazioni 2 milioni e mezzo, i distretti passati al setaccio 640, le città 7.742 e i villaggi 608.786, le tonnellate di carta necessarie per i moduli 11,63 milioni. Il costo totale per il governo indiano sarà di 1,3 miliardi di dollari.

La prima a compilare il modulo è stata la presidente Pratibha Patil nel suo palazzo di Rahtrapati.

Nel questionario che riceveranno i cittadini indiani dovranno indicare, tra le altre cose, di che materiale sono fatte le loro case (fango, lamiera, mattoni), se dispongono o meno di gas, elettricità, acqua (potabile e no), bagni privati o comuni, biciclette, motorini, automobili. E ancora, come comunicano con il mondo esterno, se utilizzano telefono fisso, telefonino o computer, se possiedono una radio o una televisione ecc.

In India ci sono più telefonini che bagni pubblici. Su 1,2 miliardi di persone, i cellulari in circolazione sono oltre 545 milioni, mentre solo 366 milioni di persone (il 31% degli abitanti) ha accesso a servizi igienici adeguati (dati raccolti all’interno del progetto di sviluppo Millennium Development Goal).

Uno degli obiettivi del censimento è fornire alle imprese che operano nel paese il maggior numero di informazioni utili sui suoi abitanti e sulle loro abitudini. Per Gyan Chand Daga, direttore marketing di Indian Oil, «qualsiasi dato che ci fornisca indicazione sugli stili di vita può essere di grande aiuto. L’India è un grande mercato in espansione, tutto sta nel saperlo sfruttare».

Secondo l’ultimo censimento, nel 2001, i cittadini indiani erano un miliardo e 28 milioni.

In India il 35 per cento della popolazione adulta è ancora analfabeta e solo il 59 per cento possiede un deposito o un libretto postale. Milioni di persone non sanno con esattezza la loro data di nascita e la loro età.

Kautilya, il funzionario dell’impero indiano dei Maurya che 2300 anni fa scrisse il trattato Arthashastra descrivendo in dettaglio metodi e vantaggi dell’attività censuaria.

In India ci sono circa 2.000 etnie, 29 lingue e sei religioni.

«La demografia darà una marcia in più all’India: tra natalità e progresso economico, il ceto medio della più grande democrazia mondiale sarà decuplicato entro il 2030» (Federico Rampini).

Dal primo censimento indiano nel 1871, sotto l’impero britannico, i cittadini indiani risultarono essere 237 milioni. Da allora l’India non ha mai saltato l’appuntamento decennale per contarsi, attraversando, come ha ricordato il segretario agli Interni G.K. Pillai «la lotta per l’indipendenza, la partizione, due guerre mondiali e diverse calamità naturali».

In India oltre la metà della popolazione ha meno di 25 anni e le persone con capacità di spesa sono 500 milioni.

«Un censimento su base castale non è mai avvenuto nell’India indipendente» ha sottolineato Pillai, spiegando che i funzionari statali non chiederanno ai cittadini a quale casta appartengono. In realtà nei censimenti indiani è indicata l’appartenenza alla categoria delle Sheduled Castes (gli ”intoccabili”) e a quella delle Sheduled Tribes (le popolazioni tribali che godono di aiuti economici e sociali da parte dello Stato).

La novità più rilevante dell’operazione sarà la carta d’identità biometrica per i cittadini sopra i 15 anni, un documento che dovrebbe arrivare nel 2013. Si creerà così il National Population register, un enorme database con nomi, foto e impronte digitali. Ogni indiano avrà un codice identificativo di 16 cifre. In India esistono infatti almeno una ventina di documenti per attestare la propria identità validi a livello regionale ma non nazionale. Abbondano soprattutto i ladri d’identità, che finiscono per beneficiare di aiuti che non spettano loro. Secondo le autorità, le carte d’identità con le impronte digitali impediranno questo tipo di frodi e faranno risparmaire circa tre miliardi di euro l’anno.

«Senza un’identità precisa, chi vive ai margini della società è tagliato fuori in partenza. E sono milioni: si spostano in cerca di lavoro e non vengono riconosciuti, non hanno diritti perché non hanno identità. Ora, il database più grande del mondo contiene 120 milioni di persone, qui si tratta di mettere in piedi qualcosa dieci volte più vasto, qualcosa di paragonabile a Google. Sarà difficile, ma l’India non sarà più la stessa» (Nandan Nilekani, a capo dell’Autorità per l’identificazione unica).

Nandan Nilekani, genio del software, tra i fondatori di Infosys, patrimonio personale di 1,3 miliardi di dollari. Secondo Time è uno dei cento uomini più influenti del pianeta. A luglio ha lasciato il settore privato per accogliere l’appello del primo ministro Manmohan Singh e mettersi a capo di un gruppo di lavoro per creare il National Population register.

Oggi in India i contribuenti del fisco sono il 7 per cento della popolazione.

Negli anni Novanta il tasso di crescita del Pil indiano è stato mediamente del 6%, nei primi anni del XXI secolo ha raggiunto il 9%, poi nel 2009, a causa della crisi mondiale, è sceso al 6,5. Nel 2010 la crescita, secondo le previsioni, dovrebbe attestarsi intorno al 7,2%.

Il coefficiente Gini che misura il grado di diseguaglianza nella distribuzione del reddito, attribuendo al massimo dell’equità il valore 0 e al massimo dell’iniquità il valore 1, calcola per l’India un valore di 0,33 (per la Cina 0,45).

L’ultima classifica di Forbes sui miliardari mostra che nel 2009 in India sono quansi raddoppiati rispetto all’anno precedente: da 27 sono passati a 52. Questo significa che a controllare il 25% del Pil è lo 0,00001% della popolazione. O, per usare un altro parametro, che i 100 indiani più ricchi valgono 184 miliardi di euro. In Cina l’analoga «top 100» arriva a 113.

L’uomo più ricco in India è Mukesh Ambani, direttore del gruppo petrolifero e siderurgico Reliance Industries. Con un patrimonio di 29 miliardi di dollari nel 2009, secondo Forbes è il quarto uomo più facoltoso del pianeta.

La produzione pro capite dell’India (a parità di potere d’acquisto) è circa 1/15 di quella degli Stati Uniti.

Auto immatricolate in India nel 2009: 1,9 milioni. Si stima che nel 2016 si arriverà a 6 milioni di nuove vetture. Volkswagen ha investito 600 milioni di euro per uno stabilmento che produrrà Polo vicino a Nuova Delhi. Oggi il mercato indiano è nelle mani della Maruti, controllata della giapponese Suzuki: ogni due immatricolazioni, una riguarda una Maruti di piccola cilindrata. Al secondo posto ci sono i coreani della Hyundai, col 25% del mercato.

In India il 90% delle ambulanze viene usato come carro funebre.

Tra gli ambulanti indiani esistono ancora i «pulitori di orecchie», si fanno pagare circa un centesimo a orecchio.

L’India sforna un milione di ingegneri l’anno.

Censimento, dal latino censere, cioè valutare.

Il primo censimento della storia dovrebbe essere stato quello di Mosè nel deserto del Sinai, intorno al XIII secolo a.C. Dal Libro dei Numeri della Bibbia: «Il Signore parlò a Mosè, e disse: ”Fate il censimento di tutta la comunità degli Israeliti, secondo le loro famiglie, secondo il casato dei loro padri, contando i nomi di tutti i maschi, testa per testa”».

Censimento, nel senso di «rilevazione di dati intesa ad accertare in un certo momento lo stato di una collettività», compare nella lingua italiana nel 1749, in uno scritto del Muratori.

In Italia il prossimo censimento generale della popolazione è previsto per ottobre 2011. Sarà il quindicesimo dall’unità a oggi. Giuseppe De Rita: «Il censimento è ancora uno strumento indispensabile. Anzi, lo è più di prima in un paese come l’Italia, così parcellizzato, dove nessun campione per quanto costruito scientificamente rappresenta davvero la realtà».

Nell’ottobre scorso l’Istat ha lanciato un’indagine pilota per preparare il censimento generale del 2011: solo il 9 per cento delle 61 mila famiglie interpellate ha utilizzato il web per rispondere. Per la prima volta l’Istituto italiano di statistica ha abbandonato, almeno in parte, il tradizionale sistema dei ”rilevatori”, intervistatori che nel 2001 erano 100 mila. I questionari sono stati spediti per posta a 72 mila nuclei familiari di 31 comuni. E ai destinatari è stata data l’opportunità di scegliere come restituirlo: via Internet, grazie a una password contenuta nella lettera di accompagnamento, per posta oppure consegnato direttamente al Comune. Il 12,6 per cento ha preferito portarlo a mano allo sportello del suo Comune, il 40,8 ha optato per la spedizione postale, tutti gli altri hanno aspettato che il rilevatore bussasse a casa loro.

«Le statistiche non sono cifre aride, sono dati che registrano una realtà. Le statistiche fanno funzionare la democrazia» (Enrico Giovannini, presidente dell’Istat).