Frammenti, 3 maggio 2010
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FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "ARBASINO, ALBERTO"
2007
Quando i bombardamenti sono finiti davanti alle prime foglie finiva anche l’inverno e noi non avevamo più nessuna voglia di tornare in città anche se le scuole non erano finite. Tanto più quell’anno era l’ultimo che mi trovava disposto a studiare materie inutili: col successivo sarei entrato nella scuola degli interpreti a perfezionare le lingue, lingue, poi col primo mezzo possibile ero in attesa di andare dai nostri cugini in Scozia a imparare come funziona una fabbrica (Alberto Arbasino. Le piccole vacanze)
Fonte: Aldo Grasso, Corriere della Sera Magazine 11/01/2007
La pensione da professore di Arbasino: 3.108 euro al mese.
Fonte: Primo Di Nicola, L’Espresso 08/02/2007
Andando con Emanuela di Castelbarco (carissima amica), la sua mamma (la straordinaria Wally), e il suo nonno Arturo Toscanini ai concerti di suo zio, Vladimir Horowitz. Toscanini (con un odorato eccezionale per un ottantenne) riconobbe che il dopobarba di A.A. era «Knize 10».
Fonte: Alberto Arbasino, La Stampa 13/02/2007
Vista la così tanta felice Austria al tramonto che Adelphi pubblicava Arbasino propose di cambiare il nome della casa editrice in Radetzky.
Fonte: Leonardo Luccone, Il Foglio 17/03/2007
Sul numero 1 di Repubblica, il 14 gennaio 1976, Alberto Arbasino intervistò Bertolucci su Novecento.
Fonte: Paolo D’Agostini, la Repubblica 26/04/2007
Per la letteratura nessuno fa ciò che si fa per i ristoranti, una classifica per livelli, si mette in classifica il McDonald’s. E certo che batte tutti sul fatturato!.
Fonte: Paolo di Stefano, Corriere della Sera 15/05/2007, pag.42
Stroncato da Sergio Claudio Perroni su www.poetastri.com
Fonte: Camillo Langone, Il Giornale 15/05/2007, pagg. 28-29
Sulla comunità italiana incombeva l’anatema di Alberto Moravia, secondo cui il pubblico della tv era da considerarsi di serie B: per molti anni quindi nessun scrittore ha osato parlarne per paura di essere retrocesso. Ne La bella di Lodi di Alberto Arbasino si trovano timidi accenni, mentre in altri romanzi la tv compare più che altro come oggetto di arredamento.
Fonte: Aldo Grasso, Corriere della Sera 9/07/2007
«Magica potenza del vaffanculo» (A.A)
Fonte: Stefano Bartezzaghi, la Repubblica 18/7/2007
«Mi sento vecchio, vecchio», confessava T.S. Eliotad Alberto Arbasino, che lo incontrò a metà degli anni Cinquanta negli uffici londinesi della Faber&Faber (e ci ha lasciato un delizioso resoconto del loro colloquio in Lettere da Londra). Il giovane Arbasino, che all´epoca schedava le politiche del dopoguerra al Royal Institute of International Affairs e nel tempo libero scriveva dalla capitale britannica per il Mondo di Pannunzio, trovò Eliot «accasciato al buio in una stanzettina scura al secondo piano, con una stufetta elettrica e un gatto, semisepolto da tanti mucchi disordinati di libri». Gli sentì dire: «Quanto più uno invecchia, tanto meno si sente sicuro dei propri giudizi critici». Ma appena qualche anno dopo ad Arbasino apparve un Eliot assai diverso, spumeggiante e ciarliero, forse ringalluzzito dalle seconde nozze con la segretaria: «Questa bronchitina mi andava avanti da mesi, ostinata, e allora siamo andati a Marrakech per cambiare aria. Ma poi capita improvvisamente quel terremoto di Agadir e allora abbiamo deciso di trasferirci in Giamaica. E naturalmente, già che eravamo lì, siamo passati a New York, per vedere un po´cosa davano di nuovo a Broadway».
Fonte: Enrico Franceschini, La Repubblica 29/07/2007, pagg.34-35
Negli anni Cinquanta alla Capannina, a Forte dei Marmi, si diceva: «Barman, allungami un Davide». Voleva dire un Campari. Oppure "un Martinetto" per un Martini. E aggiungevano: «Con un soffio di seltz». Queste espressioni, poi, venivano adoperate più tardi anche in provincia (...) C’erano abitudini tradizionali, nelle case di campagna. Non si era mai meno di dodici, a tavola (...) Noi avevamo in famiglia, nascosta in un garage, una vecchia Ardea, poi per me ci sono state le Lambrette, quindi la 600 e poi una bellissima spider Fiat disegnata da Pininfarina" (...) Dall’Oltrepo Pavese fino a Forte dei Marmi e poi la Costa Azzurra: «E’ vero, eravamo stati fermi lì o tutt’al più in qualche alberghetto vicino, in montagna, durante tutta la guerra e nel dopoguerra si facevano le gite da studenti, si andava a Cannes o al massimo fino a Barcellona» (...) Era molto spontaneo darsi del lei, in Italia adesso si usa solo il nome di battesimo. L’estate non era faticosa come oggi. Negli anni ”60 a Roma si andava al mare a mezzogiorno, si faceva il bagno e la rapida colazione e poi un normale pomeriggio di lavoro dalle 4 in poi" (...) "I giovani di oggi dicono sempre ”un casino”, ”un macello” ed è un po’ ridicolo perché oggi non ci sono più né i casini né i macelli" (...) Sono sempre stato dell’idea che ognuno dei miei libri debba essere un progetto nuovo, con una struttura e delle trame e delle dimensioni diverse. Credo di essere come quei musicisti, ad esempio Brahms o Schubert, che hanno prodotto al massimo 4 o 5 sinfonie (...) Ad agosto andrò in Canada. Non ci sono mai stato. Sarà solo vacanza. Non è più l’epoca di paesaggi, sono stati visti e stravisti.
Fonte: Alain Elkann, La Stampa 29/07/2007, pag.22
2006
Negli anni Sessanta girava per Spoleto guidando una decappottabile.
Fonte: La Repubblica 03/02/2006, pag.47 Stefano Malatesta
"Di Arbasino salvo qualche sua battuta, è un intellettuale da birignao omosessuale. Nessuna sostanza, narratore alla panna montata che scrive sempre lo stesso libro.
C’è, almeno, una battuta di Alberto Arbasino che ricorda?
La fece tempo fa: in Italia un autore all’inizio è un grande, poi diventa il solito stronzo, alla fine viene chiamato venerato maestro. Un bel colpo ai critici" (Cesare Cavalleri, membro dell’Opus Dei dal 1959 e direttore di Studi cattolici).
Fonte: Pier Mario Fasanotti, Panorama 14/12/2006
"Lavoricchiando all´Opera del Cairo, nei primi anni Sessanta (in seguito bruciò perché era di legno), non mi pareva tanto più ampia del Sociale di Voghera. Dove un mio nonno, secondo le storie locali, aveva un palchetto accanto all´avvocato Marinetti, padre di Filippo Tommaso e non ancora trasferito da Pontecurone all´Egitto. Era l´epoca di Nasser, senza turisti e senza soldi; e così il maestro Franco Mannino, direttore d´una stagione italiana molto poveristica, mi aveva chiesto di mettergli in scena una Traviata solo coi materiali dei depositi storici. Così, con sua moglie Uberta (sorella di Luchino Visconti), portavamo i "lieti calici" avanti e indietro dal nostro albergo" (A.A. recensendo, credo, ché in A.A. si capisce mai il soggetto, l’Aida di Zeffirelli alla Scala del 2006, ndr)
Fonte: Alberto Arbasino, la Repubblica 13/12/2006, pag.54)
2005
Ci sono, in casa Arbasino, una Madonna in calze a rete firmata da Guttuso, un disegno di Mino Maccari con i preti che su ordine di Andreotti mettono i mutandoni alle statue del Foro italico, lettere di insospettabile cortesia dei grandi con cui ha polemizzato, da Bassani a Paolo Grassi; tracce di un’avventura intellettuale, Roy Lichtenstein e Toti Scialoja, Giosetta Fioroni e Antonietta Raphael. E c’è un ritratto con dedica – " Arbasino alla macchina da scrivere in un atto di industria culturale, abietto naturalmente. PPP " – , cui Pasolini ha prestato i suoi stessi lineamenti.
Fonte: Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 18/04/2005
Quando scrissi L’Anonimo lombardo , Pier Paolo fu il solo a capire. Andò così. Con Bassani, contrariamente a quanto si è detto e scritto, andavo d’accordissimo, come con Moravia. Un conto era il giudizio letterario, un altro le relazioni personali. Giorgio leggeva le mie cose come faceva con gli altri collaboratori di " Paragone", Testori, Citati, Calvino, Garboli, Pasolini. Quando finii L’Anonimo lombardo , lo mandai a Bassani a Palazzo Caetani, in via Botteghe Oscure, con un biglietto di accompagno. Che andò perduto. Era un romanzo epistolarfrocesco da far sobbalzare, perché trattava l’omosessualità come una cosa normale, ovvia, com’era considerata a Oxford e a Cambridge, ma non alla Scala o alla Statale di Milano. Oltre tutto ricorrevo all’espediente manzoniano del manoscritto anonimo ritrovato; ma senza il biglietto di spiegazione Bassani non si raccapezzò. Diede il libro da leggere in giro ma nessuno capì. Nessuno, tranne Pasolini "
Fonte: Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 18/04/2005
Quando andò a trovare Pasolini su un barcone sul Tevere, "posto frequentato da ragazzi di vita molto disponibili": "Siccome ero stato prima al Mondo, vestito come si addiceva a un incontro con Pannunzio, Ercolino Patti, Sandro De Feo (...) quando arrivai sul Tevere in cravatta, Pasolini mi derise, così come tutti i marchettoni e le marchettine; ma quando videro che sotto avevo un costume hawaiano, con i palmizi e i fiori, fui molto ammirato dai pischelli".
Fonte : Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 18/04/2005
"Sandro Penna era lagnoso e querulo, difficile da reggere, sempre a lamentarsi di cani o gatti malati, come del resto la Morante, i gatti della Morante non erano mai in buona salute".
Fonte: Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 18/04/2005
Anticomunista e avversario del politicamente corretto senza essere di destra, pronto a intervenire nel dibattito civile senza essere di sinistra, Arbasino ha coltivato una certa idea dell’engagement, dell’impegno. "Terzismo" è un’espressione infelice, che però indica una condizione giustissima. I padri della Repubblica non erano schierati a priori né di qua né di là. Né democristiani né comunisti. Croce, Einaudi, gli azionisti torinesi: gli uomini della generazione di mio nonno, presidente del partito liberale di Voghera, e di mio padre, che aveva delle farmacie e portava le medicine al capo partigiano dell’Oltrepò. A Voghera lavorava come impiegato in un’azienda elettrica Ferruccio Parri. Parri era terzista? Non so . Certo lei non ha militato con Berlusconi, ma non ha partecipato alla mobilitazione de gli intellettuali contro di lui. Vergin di servo encomio e di codardo oltraggio. Posso dire lo stesso a proposito di Craxi: non mi sono unito a nessun coro. Rifletto che entrambi hanno inciso sull’economia, anche su quella del fronte avverso: sono stati una fonte di reddito. Con – e contro – Craxi e Berlusconi molti hanno guadagnato. Non io. Con il vecchio Brecht dico che quando leggo "il Cavaliere" sento tintinnare il registratore di cassa.
Fonte: Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 18/04/2005
Nell’ 83 Arbasino fu eletto alla Camera nelle liste repubblicane, e fino all’ 87 fu tra i deputati più presenti (gli offrirono la candidatura Visentini, "cui mi legavano l’arte e la musica", e Spadolini, "che era stato il mio direttore al Corriere": "Legai molto con i miei vicini in commissione: Adolfo Sarti, di Cuneo, ministro importante e uomo coltissimo, e Michele Zolla, che poi lavorò al Quirinale con Scalfaro. Di fronte c’era Natalia Ginzburg, che smistava tutte le carte a me: ’Fai tu tutto il turismo e spettacolo...’. Detestavo il Transatlantico, i divani, i baci e abbracci tra panzoni, le passeggiate sottobraccio alla buvette. Con Sarti e Zolla ci facevamo il caffè alla macchinetta".
Fonte: Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 18/04/2005
Al Giorno "avevo legato molto con Murialdi, il caporedattore, ma non con Bocca, che credo mi considerasse frivolo, e neppure con il direttore Pietra. Era lui il capo partigiano cui mio padre passava le medicine. Era stato compagno di università di mia madre e di fronte ai redattori allibiti, scherzando ma non troppo, mi diceva: ’Se usi troppe parole straniere e troppe citazioni, dico alla mia amica Gina che ti prenda a sberle!’. Al Corriere mi portò Alfio Russo, che mi affidava elzeviri e brevi corsivi, lunghi mezza matita. Per prima cosa Spadolini mi informò che erano aboliti".
Fonte: Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 18/04/2005
"Poi venne Ottone (alla direzione del Corriere, ndr) Con cui mi trovai bene, e mi lasciai ancor meglio quando passai a Repubblica : era il Natale del ’75, portai due bottiglie in redazione, e Ottone mi ringraziò: ’Finalmente uno che va via dal Corriere non a maleparole ma offrendo champagne... L’unico problema era l’America. Vi ero stato la prima volta nell’estate del ’ 59, a seguire un corso di Kissinger che ai suoi pic nic ci portava Eleanor Roosevelt, Galbraith e Schlesinger. Ma non potevo tornarci per il Corriere perché il grande Stille non voleva che nessun altro scrivesse di America, neppure sulla letteratura o su Broadway, tranne lui".
Fonte: Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 18/04/2005
Enzo Siciliano ha raccontato che gli amici di Arbasini alla Feltrinelli dovettero scassinare un cassetto per recuperare il manoscritto di Fratelli d’Italia ... "Non è così. Io non ero litigioso, e Bassani con me era altero ma simpatico. Altri, tra cui magari Siciliano, cercavano di mettere zizzania attorno al Gruppo 63. L’uscita di Fratelli d’Italia fu preceduta da una campagna preventiva che infastidì molti, compreso me: veniva annunciato un romanzo scandalistico a chiave, con dentro tutti i protagonisti della dolce vita, da Agnelli in giù. Bassani si allarmò. Quando ebbe tra le mani il libro, molto sinceramente mi disse che non corrispondeva alla sua idea della letteratura. Fu Giangiacomo Feltrinelli a risolvere la questione: Fratelli d’Italia non sarebbe uscito nella collana curata da Lampedusa accanto a Forster, ma in un’altra insieme con Pasternak e Grass".
Fonte: Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 18/04/2005
Umberto Eco "mi piace, ma non saprei giudicarlo. I suoi libri sono molto lunghi, e sono bestseller. La questione non riguarda Eco, ma tutti. Ove si tratti di bestseller che muovono denaro, il compenso per ogni ora di lettura degli addetti ai lavori non va commisurato alla tiratura e alle vendite, bensì deontologicamente regolato dalle vigenti tariffe degli ordini professionali. Più Iva. Nei casi di richieste di prestazioni culturali oltre l’orario lavorativo, bisogna rispettare la normativa dello Statuto dei lavoratori circa i lavori straordinari e festivi e notturni, con particolare riferimento ai cottimi. Se qualcuno ’ci tiene tanto’, allora è lavoro nero. E dunque, in galera!".
Fonte: Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 18/04/2005
Arbasino secondo Luigi Malerba: "Una persona onesta, corretta, perbene. Una delle poche amicizie che durano ancora oggi".
Fonte: Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 31/05/2005, pag.35
Fratelli d’Italia, uno dei più grandi libri di pettegolezzo degli Anni 50-60. Lì c’è la fiction (Roberto D’Agostino).
Fonte: Alain Elkann, La Stampa 11/09/2005, pag.15
E la sua poesia friulana?
«Tanto vale parlare dei poeti di Voghera» (Alberto Arbasino su Pasolini).
Fonte: A. Gnoli, la Repubblica 21/10/2005
W. H. Auden gli raccontò di «Una contessa napoletana centenaria indimenticabile, abitava sopra la Nunziatella e suonava spaventosi dischi d´opera a 78 giri per tutto il giorno, e sulle grandi romanze della Favorita e del Trovatore cantava alla finestra che la stavano possedendo in posizioni incredibili il macellaio, il lattaio, il notaio... E quando la figlia marchesa le portava le uova, gliele tirava dietro per le scale cantando la Carmen».
Fonte: Alberto Arabasino, La Repubblica 01/11/2005, pag.42-43
«A Pound mi permisi di fare una domanda, giacché ridacchiava mentre io stavo dicendo delle sciocchezze. Tranquillamente bofonchiò: "No".
Fonte: Alberto Arabasino, La Repubblica 01/11/2005, pag.42-43
«Anna Banti pubbliò cinquant´anni fa il mio primo racconto su Paragone (...) Mi fece anche un editing: nel mio primo racconto su Paragone c’erano parecchi nomi veri di villeggianti, e lei sostituì Piovene e Bo con Biadene e Rho, perché non le pareva bello. Ma nelle bozze successive la mia firma diventò "Luigi", e nessuno in ufficio se ne accorse. (Donde, lettere rincresciute)»
Alberto Arabasino, La Repubblica 01/11/2005, pag.42-43
Italo Calvino. Lo ricorderò sempre come editor accorto e amico. «Naturalmente ogni scrittore vorrebbe metter dentro tutto, nel suo primo libro. Sennò gli si spezza il cuore. Ma qui abbiamo una quindicina di racconti, ed è meglio star dentro le duecento pagine, in un debutto, sennò non ti leggono e non ti recensiscono. Un libro piccolo e bello si legge tutto e subito. Cinque storie, non di più. Se ti si spezza il cuore, ricordati che se va bene un primo libro dove ci hai messo dentro tutto, ti aspettano col fucile puntato al secondo, perché lì sempre casca l´asino. Però tu, il secondo, ce l´hai già. Sono questi altri racconti che per prudenza non mettiamo nel primo». E poi con gli altri dirigenti di Einaudi: «Questo qui ha già ventisette anni. Non si può metterlo nei ’Gettoni’ fra i giovani. Ormai ha un´età da "Coralli"».
La schedina per Le piccole vacanze gli è generalmente attribuita (...) Una lezioncina di sobrietà senza vanità che ho tenuta molto presente in seguito, giacché dal secondo libro in poi me le sono fatte modestamente in casa, con sollievo degli uffici stampa.Trovavo invece sbagliata la copertina - delle puttanone sfasciate di Mino Maccari tipo Grosz anni Trenta - perché erano un ovvio richiamo ai lettori del Mondo che pubblicava le vignette di Maccari e i miei scritti. Però, essendo nato appunto nel Trenta e appartenendo al post-dopoguerra, mi parevano delle vecchie zie di Longanesi e dei suoi.
Fonte: Alberto Arbasino, La Repubblica 01/11/2005, pag.42-43
Pietro Consagra. Una simpatia immediata, lì per lì, avanti e indietro sui motoscafi di una Biennale ancora bella, col genio degli artisti e non con gli investimenti degli speculatori. Gli avrò detto che mettevo insieme dei marmi colorati sulle indicazioni di Raniero Gnoli e Federico Zeri? Mi regalò un suo delizioso e malizioso opuscolo fotografico sui paracarri papalini più fallici e poco osservati per le vie di Roma. Nonché una sua splendida riproduzione in alabastro di una colonnetta con prepuzio anatomico tuttora stante con parecchie analoghe in travertino, assolutamente sconvenienti, fra i pedoni indifferenti intorno al Pantheon.
Fonte: Alberto Arbasino, la Repubblica 13/12/2005
Il settimanale ciellino Tempi definì la sua opera «un vuoto esercizio di sputo sul mondo».
Fonte: Caterina Soffici, Il Giornale, 04/03/2005
Quando Giuliano Ferrara tentò con una lunga intervista su Panorama di fargli fare una sorta di outing politico (a destra, ovviamente), non riuscì ad estorcergli che un lungo sfogo contro il politicamente corretto, la volgarità dei nostri tempi, le sculettanti divette televisive, i calciatori, presentatori, cantanti e sarti che si intrufolano nei luoghi della cultura e, indovinate, la solita tirata nostalgica tanto che Ferrara lo lascia sfogare per due pagine infilando un solo commento: «Ormai Arbasino geme da sé, senza aiuti».
Fonte: Caterina Soffici Il Giornale, 04/03/2005
Del dibattito culturale sulla critica letteraria che l’è morta perché va dietro ai bestseller cosa pensa? «Questi discorsi sono cominciati negli Stati Uniti negli anni Quaranta e Cinquanta. Sulla ”Partisan Review” già si facevano queste domande. Ma io mi sono sempre detto: se io abbandono una avviata carriera di giurista internazionale e di barone universitario per seguire un hobby che è la letteratura, apro per caso un McDonald’s? Uno che ama cucinare apre un McDonald’s o fa un Cipriani? Bene, io mi sono fatto un piccolo Harry’s bar, pochi tavoli e pochi clienti».
Fonte: Caterina Soffici Il Giornale, 04/03/2005
Quando va a dormire legge fior di cataloghi d’arte, «pesanti sette chili, che mi interessano certo di più della letteratura di consumo o della fiction». Ci sarà da credergli? Crediamogli. «Inutile ormai in Italia raccontare i tipi sociali. Il burocrate, la signora dei salotti, il portaborse non sono più interessanti. Piace moltissimo la narrativa intimistica e familiare - siamo o no il Paese della famiglia? -. piena l’Italia di vecchie zie che dicevano in casa nostra soltanto dispiaceri e disgrazie. Con questi temi si fanno fior di bestseller, ma purtroppo a me manca quella certa voglia di leggerli».
Fonte: Caterina Soffici Il Giornale, 04/03/2005
«Io sono un antropologo e come tale non sono né ottimista né pessimista. Osservo».
Fonte: Caterina Soffici Il Giornale, 04/03/2005
2003
«Signor Direttore, non soltanto io digiuno regolarmente in casa per un giorno in ogni settimana, ma per due giorni evito la pasta e la birra, per tre giorni rinuncio al sesso e ai grassi, per quattro o cinque o sei giorni spengo il telefonino e non guardo la tv, per tutti e sette rifiuto le sigarette e gli spinelli e i sigari, la coca-cola e la cocaina e il cognac (e senza farlo troppo notare ma sempre per ideali altissimi faccio a meno di ogni discoteca, festa rave, convegno dibattito e cibo etnico».
Fonte: Alberto Arbasino, lettera al Foglio 27 febbraio 2003
2002
«Arbasino? Tanto tempo fa faceva il capo della claque gay di Wanda Osiris» (Valerio Riva).
Fonte: Claudio Sabelli Fioretti, Sette, n° 20 del 16/5/2002 pagina 93.
Fu Beniamino Placido a inventare la definizione della "casalinga di Voghera" (Arbasino).
Fonte: Parrini, scheda Placido, Beniamino 06/03/2002
Si è sempre rifiutato di firmare manifesti, appelli, petizioni, anche al tempo in cui tutti firmavano tutto ed era molto difficile sottrarsi: «C’è troppa vanitas nei promotori: scrivono testi scadenti, e si piazzano in prima fila, con gli altri dietro a reggere la coda. Uno scrittore privo di presenzialismo fa bene a firmare solo i propri testi».
Fonte: Camillo Langone, Il Giornale, 21/08/2002
Tra i discepoli dichiarati ci sono Camilla Baresani, autrice del titolo-culto dell’estate Sbadatamente ho fatto l’amore, Roberto D’Agostino, massimo esempio di cinicone da terrazza romana, Maria Laura Rodotà, neo-direttora di ”Amica” che alla domanda su chi saranno le nuove lettrici della rivista ha risposto da par suo: «Le stronze». Che gli allievi stiano per superare il maestro? Il rischio c’è, visto anche l’episodio di cui il cronista è stato spettatore in piazza Piemonte a Milano. Nel corso della lettura pubblica di Rap 2, recitando la poesia dedicata a Pasolini, in un passaggio di grande tensione emotiva la voce del vecchio amico si è clamorosamente rotta.
Fonte: Camillo Langone, Il Giornale, 21/08/2002
Fu il primo in Italia a usare il termine "gay" in ”Super-Eliogabalo” (1969) (nel mondo anglosassone comincia a diffondersi all’inizio del Novecento).
Fonte: Il Foglio, 13/12/2002 pag. 4
Prendere tutto Alberto Arbasino, la Repubblica, 30/07/2003
Fonte: frammento, scheda n° 113159
Prendere tutto Alberto Arbasino, la Repubblica, 30/07/2003
Fonte: frammento, scheda n° 113160
1994
Secondo Arbasino il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica potrebbe in pratica riassumersi in un Rinnovo delle Agendine.
Fonte: Villaggio globale n. 12, Sette 22/09/1994
Andiamo in parecchi al cinema a vedere "Allarmi siam fascisti!", e da principio è facile sorridere, dandoci delle gomitate ogni volta che il re frana nella sciocchezza, e osservare che D’Annunzio in tutte le mosse che fa è puro Chaplin, tutto da godere, o esclamare mentre si vede la Grande Guerra ... e pensare che nessuno lo sapeva che si stava combattendo contro Musil!.... Poi, mentre il film va avanti, nessuno dice più niente, e alla fine usciamo stravolti: ci è passata perfino la voglia di andare a mangiare.
«Io non ricordavo niente, perché non sono neanche arrivata a fare la piccola italiana», fa una ragazzina di Milano, «ma ho in mente come se fosse ieri che mia sorella più grande una volta ha dovuto andare all’Arena a fare degli esercizi vestita da sci, e mi è parsa una cosa così balorda perché si era d’estate».
Poi ci domandiamo se c’è una spiegazione a quello che si è appena visto. Non c’è. Niente da fare. Il nazismo, in fondo, girando la Germania e conoscendo i tedeschi, in qualche modo lo si capisce. Ma il fascismo? Un popolo pigrissimo che improvvisamente si mette a fare delle cose faticosissime, e tutte contro il proprio interesse? E per di più tutte cose ridicolissime, veramente toccando il fondo del grottesco, senza mai ridere, neanche un po’? No; non ci arriveremo mai, a capirlo o a spiegarlo.
Fonte: Alberto Arabasino, Il Giorno mercoledì 30 maggio 1962
Ricorda Simonetta Scalfari, vestita da damigella d’onore, nel ’46, al matrimonio di una sua cugina milanese, Marisa Cerri, che si tenne a Locate Triulzio, in una tenuta di famiglia di Arbasino. Simonetta e Alberto hanno continuato per decenni a scherzare su quell’evento mondano. «Era molto prima che tu conoscessi Eugenio», si vantava lui. I tuoi parenti ti indicavano dicendo: «Quell’Alberto lì è una vera peste», controbatteva lei.
Fonte: Massimo Parrini, scheda biografica Scalfari, Simonetta
Su Arbasino sentire anche Adriana Asti
(appunto di Giorgio Dell’Arti in cose "Cose dette a me da Adele Cambria" frammento)
Fonte: frammenti, scheda n°130298
«Io e Arbasino eravamo completamente diversi. Ci accomunava la passione per Gadda» (Pietro Citati).
Fonte: Parrini, biografia Citati, Pietro
In soccorso ai leghisti della prima ora disprezzati dagli intellettuali «per le loro deplorevoli fabbrichette dedite solo alla produttività bruta. E ci sarà un abisso di stile nel passaggio da Pillitteri a Bossi?».
Fonte: Parrini, biografia Bossi, Umberto
Scrisse per Laura Betti il testo della canzone Ossigenarsi a Taranto (Ossigernarsi a Taranto/è stato il primo errore/l’ho fatto per amore/di un incrociatore).
Fonte: Massimo Parrini, biografia Betti, Laura
Grande estimatore di Carmelo Bene.
Fonte: Massimo Parrini, biografia di Bene, Carmelo
Arbasino contro il moralismo di sinistra teorizzava la legittimità del piacere non come spreco ma come ricchezza, il piacere sembra vitalismo e invece è intelligenza della contemporaneità.
Fonte: Massimo Parrini, biografia di Pdeullà, Walter