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 2010  aprile 28 Mercoledì calendario

IL DEBITO DEL GIAPPONE OLTRE MISURA

Mentre in Europa arriva la richiesta di aiuti da parte della Grecia, in estremo oriente la seconda economia al mondo deve affrontare sfide più complesse. Il Giappone sembra galleggiare sulla crisi ma è solo apparenza. Ad oggi, la disoccupazione è relativamente bassa, al 4,9 per cento (in Europa sfiora la doppia cifra), e non ci sono code chilometriche fuori dagli uffici di collocamento come accade in Spagna, ma lo stato delle finanze pubbliche e l’indecisione della classe politica pongono seri dubbi sulla ripresa generale.
Al momento sembra che l’economia si stia riprendendo. Gli analisti hanno calcolato che la recessione ha raggiunto il culmine nei primi tre mesi del 2009, e i profitti delle grandi compagnie si sono risollevati. La casa d’affari JPMorgan ha anche migliorato le stime per il primo trimestre dell’anno e tutto sommato la fotografia attuale non sembra così negativa, ma nulla sembra destinato a durare: «La combinazione tra deflazione e crescita debole mette il Giappone in prima linea per una crisi del debito in stile-greco», scrive l’Economist.
Il rapporto debito/Pil è al 190 per cento e non smette di crescere da almeno vent’anni, secondo alcune stime potrebbe superare il 200 per cento nel prossimo lustro. Il Fmi ha messo in guardia il governo dicendo che il Giappone dovrà ridurre il deficit strutturale per consentire un recupero sul fronte del debito, che dovrà scendere all’80 per cento del Pil entro il 2030. Un grande sforzo e anche uno strappo alla regola da parte del Fmi, visto che il livello fissato dall’istituto è del 60 per cento.
La deflazione, cioè l’andamento negativo dei prezzi, è uno dei problemi più seri per il Paese ma la Bank of Japan non sembra tenerne conto, come se non riguardasse temi di politica monetaria, e preferisce puntare il dito sulla bassa produttività, che non agevola la ripresa dei consumi. La stessa banca centrale stima che l’inflazione negativa accompagnerà il paese almeno fino al 2012 ma rifiuta ogni ipotesi di fallimento del sistema: «Il Giappone non è di fronte a una crisi del debito imminente», ha detto un funzionario.
Il vero punto della questione è la capacità di Tokio di finanziare il debito visto che solo il 4 per cento dei titoli di stato è in mano agli investitori stranieri e vengono in gran parte acquistati da cittadini e fondi pensione. Ma quanto potrà durare? Secondo le stime del Fmi il debito supererà gli asset finanziari domestici entro il 2015, il che spingerà il paese a dover guardare all’estero. Per i giapponesi quello dei bond è stato uno di pochi investimenti possibili: la borsa ha perso il 75 per cento dal picco massimo del 1989. Ma se la popolazione continua ad invecchiare - circa una persona su quattro è over 65 - e si avvicina all’età pensionabile è facile capire la preoccupazione dei fondi pensione governativi che presto non avranno più denaro per continuare ad acquistare debito. anche un peso per le future generazioni perché il rapporto giovani-vecchi si sta invertendo: se nel 1990 per ogni pensionato c’erano sei lavoratori a garantire la produttività, tra quindici anni il rapporto scenderà a uno ogni due.
Il caso greco ha messo pressione al partito democratico. Il neo ministro delle Finanze, Naoto Kan, al G7 di febbraio ha parlato di riforme fiscali in maniera più esplicita rispetto al passato. La questione però è delicata perché l’esecutivo sta soffrendo un drastico calo della popolarità dovuto a due recenti scandali politici che hanno coinvolto il premier Yukio Hatoyama, accusato di non aver registrato correttamente 2,8 milioni di euro di fondi per il partito, e il segretario generale, Ichiro Ozawa, accusato di aver comprato un terreno attingendo alle donazioni fatte dai sostenitori nel 2004. Ozawa si è difeso dicendo che si trattava di risparmi personali ma Hatoyama non ha preso posizione. Un silenzio che ha contribuito a far scendere l’indice di gradimento del primo ministro e la fiducia nelle istituzioni: secondo un recente sondaggio del quotidiano Yomiuri Shimbun la metà degli intervistati non si sente legata a nessun partito. Bilanciare riforme e consenso sarà la priorità per governo.