Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 30/4/2010;, 30 aprile 2010
LA CRICCA IMMOBILE
Claudio Scajola sta fuggendo. I pubblici ministeri vorrebbero sentirlo come testimone per chiedergli di spiegare l’assurda storia della sua casa davanti al Colosseo. Vista la delicatezza del caso hanno cercato di concordare una data con l’avvocato che sta seguendo la partita. Giorgio Perroni, già noto come collega e legale di Cesare Previti, però non è ancora riuscito a trovare nella fitta agenda di Scajola una data libera per la magistratura. Il legittimo impedimento di Scajola sta ritardando il momento della verità di questa indagine che sta facendo tremare il Governo Berlusconi. Mentre i pm lo attendono per chiedergli perché Diego Anemone (ora in galera per corruzione) ha incaricato l’a rch i t e t t o Angelo Zampolini (che i pm perugini vorrebbero arrrestare per riciclaggio) di pagare 900 mila euro in assegni circolari per la sua casa del Colosseo, il ministro preferisce restare a Roma a colloquio con il premier Berlusconi. Martedì ha trovato il tempo per andare a Napoli a parlare di green economy evitando così le domande sulla grey economy personale. Aspettando il ministro, ieri i pm hanno sentito un indagato chiave: Claudio Rinaldi, il commissario dei mondiali di nuoto del 2009, difeso dall’avvocato romano Titta Madia e dal legale del Foro di Perugia Walter Biscotti. Rinaldi era stato intercettato il 14 ottobre del 2008 mentre organizzava con il commercialista Stefano Gazzani (il terzo destinatario oltre a Rinaldi e Zampolini, della richiesta di arresto dei pm perugini rigettata dal Gip per ragioni di competenza) un viaggio a San Marino al quale partecipava anche sua mamma, Mimma Giordani. Secondo i pm Alessia Tavernesi e Sergio Sottani, quel viaggio serviva a nascondere i soldi dati da Anemone al commissario dei mondiali per i favori che aveva fatto alle sue imprese. In particolare permettendo al circolo Salaria Village di risparmiare 9 milioni di euro di contributi da versare per i lavori al comune. I pm non individuano la quantità dei soldi ottenuti da Rinaldi ma sono convinti che quel viaggio fosse mirato a versare il provento della corruzione sui conti schermati da sua madre. Rinaldi si è difeso così: ”i soldi non erano di Anemone e non è un reato avere un conto corrente a San Marino”. Tutti aspettano l’11 maggio. Quel giorno il Tribunale del riesame deciderà se la competenza a indagare è di Perugia o di Roma. I pm perugini sono fiduciosi di ribaltare la decisione del Gip. In fondo l’inchiesta che ha partorito il filone degli assegni circolari di Zampolini non è frutto del troncone principale sviluppato dai Carabinieri e dalla Procura di Firenze e che ha portato agli arresti di febbraio. Gli assegni escono dal filone apparentemente minore, quello dei pm romani Colaiocco e Cocomello, sviluppato dalla Guardia di Finanza. Quel filone è giunto a Perugia proprio perché il procuratore aggiunto Achille Toro che coordinava l’inchiesta romana era indagato per le presunte soffiate agli indagati e anche per corruzione. Se fosse trasferita a Roma di nuovo l’indagine dovrebbe andare a un pm diverso da quelli che se ne erano occupati. Comunque vada e chiunque sia a dover sbrogliare questa matassa, l’indagine di Perugia sugli assegni di Zampolini riporta l’Italia ai tempi in cui tra Roma, Milano e Perugia si indagava sulle corruzioni dei giudici romani effettuate, secondo l’accusa, mediante l’acquisto di case ai loro figli. Quelle indagini (talvolta finite con condanna altre con assoluzione) svelavano casi molto più complessi dal punto di vista del meccanismo della dazione al pubblico ufficiale. Mai era accaduto di scovare appartamenti pagati con assegni circolari come in questo caso. E, anche se i beneficiari dell’acquisto non sono indagati oggi perché non si conosce cosa abbiano avuto in cambio di tanta generosità, da un punto di vista politico è chiaro che il caso è devastante. Siamo di fronte a un sistema. Per capirlo bisogna leggere l’informativa del nucleo di Polizia Tributaria del primo aprile 2010. I militari scrivono: ”si evidenzia che Alida Lucci (dipendente di Anemone) risulta avere intestati 30 conti correnti bancari”. L’informativa poi riporta il verbale delle sorelle Barbara e Beatrice Papa, che hanno venduto la casa di via del Fagutale al Colosseo al ministro. Sono state sentite il 23 marzo del 2010 e hanno dichiarato ”di riconoscere gli assegni in parola nonché la girata da loro effettuata e che gli stessi furono consegnati loro dal ministro Claudio Scajola all’atto della vendita nel 2004 di un immobile di cui erano comproprietarie e che l’importo complessivo della vendita fu di 1,7 milioni di euro in parte pagato in contanti e diviso tra loro in parti uguali. Beatrice Papa in data 30 marzo del 2010 ha poi spiegato che la parte in contanti ricevuta era di 100 mila euro”. In sostanza il ministro ha pagato con il mutuo la parte legale dichiarata, con contanti (100 mila euro) l’acconto per bloccare l’immobile mentre il saldo per 900 mila euro è stato versato grazie agli assegni di Zampolini, foraggiato da Diego Anemone. Stessa scena anche per il generale della Guardia di Finanza passato ai servizi segreti, Francesco Pittorru. Il responsabile logistica dell’Aisi ha comprato due appartamenti. In particolare è interessante la storia di quello di via del Poliziano. Nell’atto dichiara di pagare 300 mila euro. In realtà la parte venditrice sentita dalla Finanza dice: ”l’importo complessivo della vendita fu di 700 mila euro”. L’architetto Zampolini emise per quell’atto assegni circolari per 520 mila euro. Uguale andamento ha avuto la vendita dei 3 appartamenti e 3 magazzini di via della Pigna comprati nel 2004 da Lorenzo Balducci per un valore dichiarato di 1,9 milioni. La Finanza scrive: ”Il venditore Manfredi Geraldini ha dichiarato di essere il beneficiario dell’assegno di 435 mila euro versato come acconto”.