varie, 30 aprile 2010
il caso SCAJOLA - Claudio Scajola: - Sindaco di Imperia dall’82 all’83 e dal 1990 al 1995 e deputato della Democrazia Cristiana
il caso SCAJOLA - Claudio Scajola: - Sindaco di Imperia dall’82 all’83 e dal 1990 al 1995 e deputato della Democrazia Cristiana. - Aderisce nel 1995 a Forza Italia, nelle elezioni politiche del 1996 è eletto deputato nel collegio uninominale d’Imperia della coalizione PdL. - Ministro dell’Interno nel Berlusconi II, si dimise il 3 luglio 2002 in seguito alle polemiche scatenate da una sua frase su Marco Biagi, l’economista assassinato («era un rompicoglioni che voleva solo il rinnovo del contratto di consulenza»). - Ministro delle Attività Produttive nel Berlusconi III, attualmente è ministro dello Sviluppo. LA VICENDA Gli appalti: La Procura di Perugia si sta occupando degli appalti per il G8 a La Maddalena, per i Mondiali di nuoto a Roma e per le celebrazioni dell’Unità d’Italia. Gli indagati: Sono indagate quasi quaranta persone, tra le quali il responsabile della Protezione civile Guido Bertolaso. Gli arresti: In cella sono finiti i funzionari della Protezione civile Angelo Balducci, Fabio De Santis e Mauro Della Giovanpaola, i costruttori Diego Anemone e Francesco Maria De Vito Piscitelli; l’avvocato Guido Cerruti è agli arresti domiciliari. L’appello: Il giudice per le indagini preliminari di Perugia, Massimo Ricciarelli, ha respinto una nuova richiesta di custodia cautelare presentata dai pm della sua città in quanto «non competenti». La Procura ha presentato appello perché teme che, se questo orientamento venisse confermato, il fascicolo verrebbe frazionato con una trasmissione di atti a Roma e una complicazione dell’inchiesta. I FATTI Gli investigatori della Guardia di Finanza di Perugia hanno acquisito l’elenco degli appalti pubblici affidati al Gruppo Anemone, ma anche quello dei lavori effettuati privatamente per personaggi inseriti nelle amministrazioni dello Stato. Vogliono verificare se siano stati pagati da chi ne ha beneficiato o se invece siano la contropartita per favori ricevuti. Al momento è stato scoperto l’acquisto di quattro appartamenti: oltre a quello di Scajola, due sono stati intestati al generale delle Fiamme gialle in servizio all’Aisi Francesco Pittorru, e uno a Lorenzo Balducci, il figlio del Provveditore che di professione fa l’attore. Il sospetto è che quelle centinaia di depositi intestati all’architetto siano stati in realtà utilizzati da Anemone per altri acquisiti immobiliari o comunque per versare tangenti in cambio degli appalti ottenuti. L’imprenditore ha ottenuto negli anni passati il Nos, il certificato di "nulla osta di segretezza" che gli ha consentito di aggiudicarsi lavori cosiddetti "sensibili", vale a dire la ristrutturazione o la costruzione di edifici per il ministero dell’Interno, per quello della Giustizia comprese alcune carceri, e per i servizi segreti. Ora si stanno riesaminando le procedure di affidamento dei lavori pubblici. Ma si sta anche analizzando l’elenco degli incarichi "privati" portati a termine dal gruppo per stabilire se possano rappresentare una contropartita (Fiorenza Sarzanini Corriere della Sera 30/4/2010). IL CASO SCAJOLA EMERSO DAGLI INTERROGATORI ALL’ARCHITETTO ZAMPOLINI Luglio del 2004. Scajola è da appena un anno nuovamente ministro. Decide di acquistare una casa a Roma e per questo coinvolge Diego Anemone, il costruttore che al Viminale è di casa. Anemone mette a disposizione di Scajola l’architetto Angelo Zampolini, che trova subito qualcosa di interessante. Le sorelle Barbara e Beatrice Papa vendono infatti in via del Fagutale 2 una magnifica casa di rappresentanza dal cui salone si tocca con la mano il Colosseo. Scajola gradisce. Comincia la trattativa e l’accordo si trova a 1 milione 700 mila euro. Le due sorelle - come racconteranno candidamente alla Finanza durante una serie di interrogatori sostenuti dalla produzione di documenti che hanno gelosamente custodito - sono lusingate dall’acquirente e non stanno certo a discutere su modi e tempi del pagamento. Ricevono subito 200 mila euro in contanti dalle mani del ministro che - raccontano - dividono equamente a metà. Anche se, a fronte di quel pagamento, non sottoscrivono alcun contratto preliminare. O, se lo fanno, è una scrittura privata che, ad acquisto concluso, viene stracciata. L’architetto Angelo Zampolini è al corrente di quella prima tranche di contanti e, interrogato, sostiene di non essere stato lui a metterli a disposizione. «Ritengo fossero del ministro», dice. un fatto che, in vista del rogito, secondo uno schema collaudato, si mette invece in moto per confezionare, per conto di Anemone, lo strumento di pagamento in grado di non lasciare traccia del generoso contributo con cui il costruttore si prepara a rendere Scajola un felice padrone di casa. Anemone - racconta Zampolini ai pm - gli consegna 900 mila euro in contanti che lui stesso porta all’agenzia 582 della "Deutsche bank" (dove ha un conto) perché vengano cambiati in 80 assegni circolari intestati alle due sorelle Papa. Ottanta, si badi bene. Non uno, non due, non tre. Ma ottanta. C’è una ragione in quella singolare richiesta di cambio. Gli assegni circolari devono avere importi inferiori ai 12 mila e 500 euro, soglia oltre la quale la banca è tenuta a segnalare l’operazione al circuito interbancario e alla Guardia di Finanza. Anemone e Zampolini sono infatti convinti che, in questo modo, nessuno andrà a ficcare mai il naso in quella operazione. Ma sbagliano. Alla "Deutsche", evidentemente, trovano qualche funzionario pignolo che, in quel luglio di sei anni fa, vede in quella curiosa operazione di cambio quella che, tra gli addetti, si chiama "operazione sospetta di frazionamento". E per questo la segnala al circuito interbancario. il granello di sabbia che - oggi lo sappiamo - farà saltare più avanti l’intero "sistema Anemone". Zampolini, che ignora quale pasticcio abbia appena combinato, esce dunque dalla "Deutsche" con i 900 mila euro di Anemone trasformati in 80 assegni circolari e, il 6 luglio, quegli assegni sono nelle tasche di Scajola. Su questo punto, infatti, i ricordi delle sorelle Papa sono nitidi. E’ un giorno particolare. Si separano dalla casa di famiglia e, per giunta, il rogito si firma nell’ufficio del Ministro. Il notaio Gianluca Napoleone, che redige e convalida la compravendita, dà infatti atto oltre che della sua presenza, del solo Scajola e delle Papa. E’ il ministro che consegna gli assegni. «Tutti insieme», ricordano le sorelle. Ottanta assegni della "Deutsche" per un valore di 900 mila euro e alcuni assegni del banca san Paolo Imi per 600 mila euro. Quest’ultimo - 600 mila - è il "prezzo in chiaro" della casa. Quello per cui il ministro ha acceso un regolare mutuo con il san Paolo. Il solo che deve comparire. Interrogato, il notaio Napoleone che, a stare al racconto delle sorelle Papa, sta autenticando una compravendita che non risponde alla realtà, si giustifica spiegando che, almeno alla sua presenza, quei 900 mila euro non vengono scambiati. E comunque che, in quel 2004, la legge non impediva ancora eventuali scritture private tra le parti che integrassero il prezzo dichiarato di vendita. un fatto che la sera del 6 luglio, l’affare è chiuso. Le due sorelle Papa, nei giorni successivi, verseranno sui propri conti bancari quella piccola fortuna in decine di assegni circolari di cui continuano a non comprendere la ragione, ma di cui non hanno azzardato di chiedere spiegazione. l’ultima traccia che chiude il cerchio. Di quegli 80 assegni, ormai, è scritta la storia. Da cima, a fondo. Le impronte del ministro non possono essere più cancellate (Carlo Bonini, la Repubblica 30/4/2010). BERLUSCONI RESPINGE LE DIMISSIONI DI SCAJOLA CHE NON ANCORA INDAGATO «Un attacco infondato». «Non mi lascio intimidire». Sceglie la via del contrattacco il ministro Claudio Scajola. Sorretto dalla solidarietà del premier Silvio Berlusconi che lo incoraggia: «Caro Claudio vai avanti a lavorare. Finirà tutto in una bolla di sapone come per Bertolaso». L’ex coordinatore di Forza Italia sceglie di rispondere amuso duro alle polemiche seguite alle indiscrezioni sulla storia del suo appartamento, vista Colosseo, finito agli atti dell’inchiesta Grandi Appalti per le stranezze di una compravendita in odore di fondi neri: i 600 mila euro di prezzo dichiarato, gli altri 900 mila euro in assegni incassati dalle venditrici dalle mani di Scajola, ma firmati dall’architetto del grande accusato, Diego Anemone. Ora non ci pensa più il ministro dello Sviluppo Economico a dimettersi, come chiede l’Idv Antonio Di Pietro. Anche se ieri era pronto al passo indietro. Sono le 17.30 quando Scajola varca la soglia di Palazzo Grazioli. Ha appena firmato un decreto che semplifica le procedure per le attività di ricerca petrolifera. Ora è pronto a lasciare l’incarico. Fuori del palazzo è bufera. La pd Finocchiaro chiede al presidente del Senato Schifani di invitarlo «a chiarire le indiscrezioni». Il Pd Orlando lo invita a dire se «sono vere le modalità di acquisto». «Scajola chiarisca» chiede l’Idv Donadi. E il suo leader Di Pietro va oltre: «Si dimetta». «Dopo le vicende del sottosegretario Cosentino e di un Presidente del Consiglio, acclarato corruttore di testimoni giudiziari che ogni giorno si fa una legge per non farsi processare», incalza Di Pietro, «adesso scopriamo che c’è un ministro che avrebbe ricevuto assegni nell’esercizio delle sue funzioni per comprare immobili con modalità non lecite». Ma Berlusconi lo rassicura. E Scajola resta. Lui ritiene di avere la «coscienza pulita». Non entra nei dettagli di quella vendita. E denuncia di essere stato «colpito nel privato» per le accuse lanciate alla figlia a cui era stata erroneamente attribuita la proprietà dell’appartamento. «Nella vita possono capitare cose incomprensibili. E questa è addirittura sconvolgente» protesta Scajola. «Registro un attacco infondato e senza spiegazione, per una vicenda nella quale non sono indagato», aggiunge. E contrattacca: «Non sono abituato alla dietrologia e non voglio credere che dietro a tutto questo vi siano oscuri manovratori o disegni preordinati. Per rispetto alla Magistratura che sta lavorando, non posso dire nulla». Ma «proseguo con la massima serenità il mio lavoro». Solidarietà a pioggia. Dal ministro Matteoli che attacca «l’intramontabile giustizialismo di chi chiede ad un ministro, neppure indagato, le dimissioni». Dal presidente dei deputati Cicchitto che si augura che quanto prima si capirà come mai ai titoli sulla vicenda non corrispondono gli articoli. Dal ministro Bondi, sdegnato per le accuse «insistite quanto destituite di fondamento». Dalla Brambilla, dal ministro Rotondi e dai vertici del Pdl, compreso Lupi che parla di «intimidazione» (Virginia Piccolillo Corriere della Sera 30/4/2010).