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 2010  aprile 29 Giovedì calendario

NON CREDONO AL SERIAL KILLER, OTTO INNOCENTI IN CARCERE

 incarcere dal 20 maggio 1997. E da quattro anni c’è un’altra persona che si autoaccusa del delitto per cui è stato condannato. Ora Vincenzo Faiuolo torna a sperare. La corte d’appello di Bari ha deciso di riaprire il suo caso. Troppi gli elementi che lo scagionano. Troppi gli indizi che rendono credibile la drammatica confessione del tunisino Ezzedine Sebai. Non può essere Faiuolo il killer che il 14 maggio 1997 rapinò e ammazzò con tredici coltellate Pasqua Ludovico, una pensionata di Castellaneta, in provincia di Taranto. Fu probabilmente Sebai a entrare nella casa della donna e a compiere il crimine. E ora i giudici di Bari, nel dare il via alla revisione, riconoscono gli impressionanti elementi portati dall’arabo a riscontro del proprio racconto: «Il rinvenimento di una pistola, con cartucce» che Sebai sostiene di aver portato via da casa Ludovico. Ancora, il ritrovamento, «nell’abitazione di Sebai di un anello probabilmente appartenuto in vita alla Ludovico». E, come se non bastasse, Sebai aveva «una somma di denaro» coincidente al centesimo con quella sottratta alla defunta. Insomma, le parole dell’arabo si specchiano negli oggetti recuperati. E la corte d’appello di Bari lo afferma, anche se con la prudenza del linguaggio giuridico: «Appare innegabile l’astratta idoneità delle nuove prove a determinare una modifica dell’esito del giudizio». Tredici anni fa le indagini furono condotte frettolosamente e in breve fu arrestato Faiuolo che, anzi, balbettò una confessione. Secondo il suo legale, l’avvocato Claudio Defilippi, Faiuolo «fu in qualche modo costretto ad ammettere un omicidio che non aveva commesso e di cui non sapeva nulla». Qualche tempo dopo, l’uomo ritrattò, ma tutti i tentativi di smarcarsi dal crimine non sono stati ritenuti credibili. Così la giustizia si è abbattuta inesorabile su di lui: prima la condanna alla Corte d’assise di Taranto, poi la conferma in appello a Lecce, infine il verdetto, irrevocabile, della Cassazione, venticinque anni. Una condanna pesantissima, che Faiuolo sta scontando a Volterra. I giudici non se la sono sentita di rimetterlo subito in libertà e l’hanno lasciato, almeno per ora, in cella, ma hanno deciso comunque un passaggio rarissimo: il processo di revisione. Un dibattimento come tutti gli altri, ma capovolto: dalla colpevolezza alla possibile innocenza. Del resto, col tempo, le confessioni di Sebai, a lungo ritenuto un mitomane con problemi psichiatrici, sono state rivalutate. E ci si è accorti che forse è proprio lui l’autore di un’impressionante serie di delitti, sedici secondo alcuni conteggi, avvenuti tutti con le stesse modalità fra Puglia e Campania nel periodo compreso fra il ”94 e il ”97. Sedici donne anziane e sole, strangolate o accoltellate nelle loro abitazioni da un assassino feroce. Probabilmente, un serial killer. Invece, per lungo tempo, la magistratura ha battuto diverse piste, ha incriminato numerose persone, non ha mai provato a leggere unitariamente quei crimini. Che però finiscono, come d’incanto, con la cattura di Sebai alla fine del ”97. Ora, tredici anni dopo, Sebai è in carcere, condannato per quattro di quegli omicidi. Ma per gli altri no, i giudici ritengono di aver assicurato alla giustizia i colpevoli. Come Faiuolo che invece si ostina a proclamarsi innocente. E a rendere quasi grottesca la situazione ci sono, dal 2006, i verbali sempre più dettagliati del tunisino che ha puntato il dito contro se stesso, ha ricostruito con drammatica precisione molti di quei delitti, ha offerto persino i riscontri. Così è stato per Pasqua Ludovico. Sebai ha addirittura fatto ritrovare agli investigatori una pistola che forse era nell’abitazione della donna. E un anello che avrebbe pure rubato alla pensionata. Un quadro sconcertante, che lascia senza fiato. Un puzzle noto da anni. Secondo Defilippi, che si batte per la riapertura e la revisione di questa lunga scia di delitti, «siamo davanti al più grande errore giudiziario della storia italiana». Anzi, ad una catena di errori che avrebbe coinvolto molti giudici di gradi diversi, per diversi casi. E soprattutto siamo davanti ad un gruppetto di otto disgraziati, otto persone innocenti, ma mal difese e accusate sommariamente, a cui sono state appiccicate le agghiaccianti imprese di un serial killer solitario. Ora, dopo molti tentativi andati a vuoto, per la prima volta la magistratura, in particolare quella di Bari, riconosce che forse l’errore, almeno uno, c’è stato. E riapre l’omicidio Ludovico. Un caso che potrebbe fare scuola. E portarsene dietro molti altri.