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 2010  aprile 30 Venerdì calendario

IL VENTO DEL NORD SOFFIA CONTRO GLI OUTLET


L’ultimo, gigantesco outlet l’hanno aperto a Mondovì, provincia di Cuneo: 85 negozi, più la gelateria, il self-service, la pizzeria, il fast-food, il ristorante, la caffetteria; le cascine finte, i portici finti con il golf sul tetto, e «Power Station» con le pompe di benzina; di che mandare in rovina i piccoli commercianti, zoccolo duro della Lega. Eppure, alle ultime regionali, aMondovì la Lega ha avuto un balzo impressionante: 23,5%, primo partito, con Cota sopra il 50 e la Bresso sotto il 45. Perché i centri commerciali mettono in difficoltà i commercianti leghisti; ma sono leghisti pure molti clienti.
A Serravalle Scrivia, sede del più grande outlet d’Europa, invece ha vinto la Bresso; la Lega però ha superato il 14%. Qui la sostituzione della piazza e del paese con il centro commerciale è completa: gli abitanti portano all’outlet i cani e i bambini, visitano la «Hall of Fame» con le foto degli ospiti illustri – Gigi D’Alessio e Lele Mora, Nina Moric e Barbara Chiappini ”, e quando sotto i similportici ricevono una telefonata – «dove sei?» – rispondono: «A Serravalle». Ora il nuovo governatore Cota ha stabilito che così non si può andare avanti. Un’ordinanza dovrebbe bloccare sei progetti: una nuova apertura e cinque ampliamenti. «Avrebbero dato il colpo di grazia ai negozi di vicinato e ai mercati rionali» ha spiegato l’assessore che l’ha firmata, William Casoni, Pdl.
Ma la più alta concentrazione di centri commerciali non è in Piemonte. del Nord-Est il primato nel rapporto tra abitanti e metri quadri di grande distribuzione. Il «Veneto Designer Outlet» è a Noventa, in provincia di Vicenza: qui Zaia ha preso il 64,3% e la Lega supera il 35; ben sopra il Pdl, tre volte il Pd.
L’«Outlet Unieuro» è invece in un’ex zona rossa, aMarcon, in provincia di Venezia. Qui ancora alle regionali 2005 il candidato di centrosinistra Carraro aveva staccato Galan di undici punti. Stavolta Zaia ha vinto 52 a 37, e la Lega è arrivata al 28. Anche in Veneto, commercianti leghisti preoccupati dai megamarket, ed elettori leghisti che vanno a farci la spesa o a passare la domenica con le famiglie. Che farà il nuovo governatore?
«Da noi il problema è già superato dalle regole del mercato’ risponde Luca Zaia ”. Il calo dei clienti dei centri commerciali è costante. La Lega ha fatto la battaglia in passato, quando il piano commerciale del Veneto che prevede un centro ogni 150 mila abitanti è stato ampiamente disatteso: in alcune zone ce n’è uno ogni 30 mila».
I veneti si sono ingegnati: la legge distingue il «centro commerciale», con un unico ingresso, dal «parco commerciale», capannoni con ingressi separati; il primo vende scarpe, il secondo attrezzi per il bricolage, il terzo vestiti, il quarto vini e cibi, un tunnel li collega e la norma è aggirata. «Ma ora le cose stanno cambiando – dice Zaia ”, come per i capannoni industriali: ne hanno costruiti troppi, e ora tanti sono vuoti. Il Veneto è terra di piccoli paesi: 581 comuni, tremila abitanti di media. Siamo fatti per l’osteria e il negozio sotto casa, la vita a " chilometro zero"; non per il moloch da metropoli postindustriale. Abbiamo 62 milioni di turisti l’anno, di cui soltanto 13 a Venezia: dobbiamo rafforzare il sistema commerciale nei borghi medievali e nelle città murate, aiutare la pizzeria e il negozio di abbigliamento, il banco di souvenir e il ristorante tipico». Dice Zaia che la priorità della giunta regionale è una nuova legge per i centri storici. «Troveremo il modo di dare sollievo ai piccoli commercianti, con gli incentivi, con l’esenzione dalle tasse regionali. In cambio dovranno abbassare i prezzi: perché vanno capiti anche i consumatori, che cercano il centro commerciale per comprare una t-shirt a 8 euro anziché 80, per prendere un hamburger con pochi soldi anziché delikatessen da gourmet che non si possono permettere. Io invece sogno che i veneti tornino amangiare i loro piatti tipici nelle osterie, a prezzi umani. Mi piace il consumo identitario, legato ai prodotti locali, attento alla qualità. Una fetta di salame, un pezzo di formaggio comprato dal negoziante sotto casa, che ha servito i nostri padri e i nostri nonni, ha un altro sapore».
Di questo passo, ci si dovrà occupare della crisi dei centri commerciali; che è una delle motivazioni con cui la giunta piemontese prepara la stretta, appunto per salvare i gestori dei megamarket che già ci sono. Zaia sostiene che anche nel campo della grande distribuzione bisogna distinguere: «Un conto è l’imprenditore locale, che investe sul territorio. I soldi spesi da lui bene o male restano nella comunità. Un altro conto sono gli outlet aperti dalle multinazionali. Chi fa acquisti là remunera investimenti di fondi californiani o di magnati stranieri, e spesso cade vittima dell’illusione di spendere meno, per poi scoprire desideri che neppure sapeva di avere. E poi queste città finte tendono a diventare "down-town", con gravi problemi di sicurezza come le città vere, comprese, la sera, droga e prostituzione. Lo so che tante famiglie ci vanno nel weekend, perché non sanno cosa fare. Ma preferisco imitare Klagenfurt, che ha trasformato la sua archeologia industriale in una serie di piccole botteghe. E diffondere l’esempio di Mestre, dove con il nuovo Centrobarche è nato un quartiere pedonale dove i veneziani di terraferma vanno a comprare i prodotti tipici». Anche la grande distribuzione, però, si sta adeguando alla filosofia del «chilometro zero».
Nella piazza artificiale di Mondovicino c’è la gastronomia «Eccellenze del Piemonte», con la toma di Murazzano, la robiola di Roccaverano, il dolcetto di Dogliani e gli altri prodotti che piacciono al Carlin Petrini di Slowfood. E accanto alle cascine finte ce n’è una vera, la Cascina Viot, riadattata a sede per mostre «di artisti del posto» o almeno collegati con l’ormai inevitabile «territorio».