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 2010  aprile 29 Giovedì calendario

LA NUOVA MODA LA PRENDO AL MACERO

Ve lo mettereste il kimono di francobolli usati o meglio «spediti»? E la casacca di bustine di tè cucita con pazienza certosina? E lo chemisier di carta da imballaggio azzurra?
«Fashion paper» la mostra curata da Bianca Cappello (fino al 12 maggio a Milano, a Palazzo Isimbardi, e poi a Firenze e Torino) è visionaria e spiazzante. C’è la borsa che rivela l’astuto riutilizzo di vecchi spartiti musicali. Lussuosi gioielli prodotti con tubi di cartoncino e ritagli salvati dal macero. Una magnifica collana rossa (corallo, all’apparenza) creata con carta igienica che inganna anche il tatto. Piegata, ricamata, intrecciata, cucita, plissettata, fustellata, riciclata, incollata, acquerellata, la carta assume decori e forme insospettabili. Niente male, se si tiene conto che il punto di partenza è carta da buttare, in una parola: spazzatura. «Fashion Paper», non a caso, è soprattutto una provocazione: ciò che buttiamo può avere una seconda chance. O molte altre vite. A raccogliere la sfida sono state le Accademie delle Belle Arti di Brera, di Firenze, l’Albertina di Torino. A sostenere la mostra, il Comieco, Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica. Carlo Montalbetti, direttore generale di Comieco, segnala che «i produttori di oggetti artistici e di design realizzati con carta e cartone riciclati sono passati da 55 a 200 negli ultimi otto anni».
Alice Rabbi ha pensato a un abito da sposa realizzato con scarti industriali di fazzoletti bianchi, applicati come rose (deperibile in caso di pioggia) mentre Claudia Camisasca, seguendo un’ispirazione «charleston», ha prodotto il modello anni Venti con i cartellini che indicano generalemente prezzo e taglia del vestito. Beatrice Masi ha usato le riviste e Su-Koung Bang avanzi di carta di riso.
I gioielli di carta non sono una novità assoluta, ma Erica Patriarca ha prodotto una strabiliante collana rigida con un mazzo di carte da gioco e Marta Brivio un bracciale di cartoncino ondulato, quasi etnico. Ko Myungshin firma un girocollo ottenuto incastrando minuscoli moduli pretagliati di cartoncino nero: i pezzi si possono togliere o aggiungere. Questi ragazzi vengono dall’Accademia di Brera (www.brerarte.it) e sono, in qualche modo, «figli» di Mara Teresa Illuminato, titolare della prima cattedra di Ecodesing e fondatrice del movimento Saveart,: nel 2003 ha brevettato un incredibile tessuto ricavato dagli scarti. Ha cominciato vent’anni fa, quando tutti la prendevano un po’ per matta, e la tendenza-riciclo era lontanissima. «All’inizio avevo soltanto trenta allievi - racconta - poi si sono moltiplicati. Mi portano di tutto: stoffa, bottoni, gli anelli delle lattine, reti, filtri industriali, persino gli occhi di un pesce palla. Lavoriamo sui materiali, li tagliamo, li studiamo. Scopriamo texture bellissime, geometrie surreali. E adesso ci copiano. Le borse con le cerniere, o con le vecchie veneziane, sono entrate nella moda».