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 2010  aprile 29 Giovedì calendario

L’ULTIMA ARCA DEL MONTE ARARAT

(+intervista) -
Ora che le nevi eterne non son più tanto eterne, anche i miti che vi si nascondevano rischiano di venire alla luce, magari proprio quella abbagliante delle telecamere.
Lo «Schliemann cinese» che in questi giorni ha dichiarato al mondo di aver trovato l’Arca di Noè non è infatti un archeologo ma un documentarista che sull’Arca ha già fatto un film: «The days of Noah». La notizia è corredata di video su YouTube e gli Indiana Jones dell’Arca sono all’erta per vedere se è una bufala o no. Se non lo fosse, a dargli una gran mano dev’essere stato il riscaldamento globale, che non risparmiando il monte Ararat, avrebbe cominciato - lentamente ma inesorabilmente - a scioglierne i ghiacciai.
Così potrebbe anche essere che il monte, che ha già restituito pezzi di legno in vari punti, oggi sia più generoso e faccia ritrovare intere travi.
Siamo in Turchia, confine con l’Iran, la spedizione è composta da cinesi e turchi, il budget alto, le motivazioni archeo-religiose. Il gruppo principale infatti ha base a Hong Kong ed è formato da cristiani evangelici cinesi. Bibbia alla mano, come Schliemann con l’«Iliade», sono saliti fin lassù per trovare la nave che salvò dal diluvio Noè e forse anche tutti noi. La Bibbia non è Google Maps ma sulla descrizione dell’Arca è chiara. Dice Jahve a Noè: «Costruisci per te un’arca di legno resinoso, la farai a celle e la spalmerai di bitume di dentro e di fuori. Ecco come devi costruirla: avrà 300 cubiti di lunghezza, 50 di larghezza e 30 di altezza».
Tradotte le misure in metri, pare che le dimensioni siano compatibili con quel che si è trovato. Il tutto, cioè i resti di una nave, a 4000 metri di altitudine. Bibbia alla mano niente di strano, perché lì evidentemente si arenò l’Arca quando le acque del diluvio cominciarono a calare. Altre «compatibilità» fra il Libro e il legno? Il carbonio 14 dice che il reperto ha 4800 anni, quindi epoca «diluviana».
Gli Indiana Jones cinesi, comunque, non sono che gli ultimi (ma forse i più attrezzati) ad aver ri-scoperto pezzi di Arca, che per la verità sono stati già «scoperti» molte volte, da spedizioni e appassionati, e fra i più seri ci sono gli italiani.
I primi ritrovamenti importanti risalgono al 1955 e ”69, quando il francese Navarra estrasse dei pezzi di legno dal ghiacciaio. Poi vengono le scoperte dell’italiano Angelo Palego, un ingegnere di Trecate (Novara) che ha cominciato a cercare l’Arca nel 1985, nell’89 la trova e nel ”90 scrive il libro «Ho camminato sopra l’Arca di Noè» (ed. Nuovi Autori). Ci camminerà sopra altre 18 volte, scriverà altri libri, incuriosirà alpinisti come Messner (che lo accompagnerà in una spedizione), ma anche certi guerriglieri curdi del Pkk che lo sequestreranno. Oggi ha 75 anni, l’ultima volta che è salito sull’Ararat è stata un anno fa e la sua storia è meglio leggerla sul sito angelopalego.it
Altri «navigatori solitari» del monte sono Tito De Luca e Roberto Tiso. Il primo ha scritto «Ararat, sulle tracce dell’arca di Noè» (ed. Nuovi Sentieri) e assieme hanno creato il sito noahasark.it dove danno conto delle loro frequentissime spedizioni, spesso in collaborazione con altri Indiana Jones francesi. «In 20 anni di ricerche non so più quante volte sono andato lassù», racconta De Luca. «Ho trovato varie porzioni di legno a quote più basse di Palego», dice, «ma non ne ho mai dato notizia».
Sono un po’ lupi solitari questi cercatori dell’Arca. De Luca vive nel parco delle Dolomiti e non ha Internet (il sito lo cura l’amico, da Padova), quindi non ha «visto» online la ri-scoperta dei «colleghi» cinesi su cui è piuttosto scettico: «Non ho ancora visto il video, ma so da ricercatori stranieri che non si tratta di studiosi molto attendibili».
A onor del vero Yeung Wing-Cheung ha tenuto a precisare: «Non possiamo dire al 100% che si tratta dell’Arca di Noè, ma al 99,9% sì». Abituiamoci alla modestia cinese.

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Angelo Palego è un ingegnere chimico di 75 anni. un navigatore solitario del «mare del Diluvio», ma fra i più ascoltati.
Ingegnere, che ne pensa di questa ultima scoperta?
 tutto il giorno che guardo il video su uno schermo gigante. In effetti potrebbero aver trovato del legno dell’Arca. Dichiarano di averlo trovato a 4000 metri di quota. Io l’ho trovato a 4300, ma è compatibile perché col genocidio degli Armeni molti si rifugiarono sulla montagna anche molto in alto e potrebbero aver portato giù qualcosa.
Lei lavorava in una grande azienda di Trecate, vicino a Novara, cosa l’ha portata sull’Ararat?
Giravo il mondo per lavoro, ma non ero mai stato in montagna. Decisi di andarci a 50 anni. A mia moglie dissi che andavo nelle Marche a trovare mia madre. Ci andai, per dirle che andavo in montagna. Non mentii a nessuna.
Era il 1985, ma i primi resti li trovò nell’89. Come?
Nel dicembre ”88 c’era stato un forte terremoto in Armenia, un blocco di ghiaccio si era staccato dall’Ararat e sei mesi dopo io ho visto la parte anteriore dell’Arca. E ci ho camminato sopra.