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 2010  aprile 29 Giovedì calendario

WEBER IL FALCO SI ALLONTANA DALLA PRESIDENZA BCE

La corsa non è aperta, non ci sono candidature formalizzate e, pertanto, nessuna dichiarazione ufficiale. Gli interlocutori tedeschi dicono che, in questa fase, «occorre affrontare questioni più importanti, piuttosto che parlare di chi presiederà la Bce fra un anno». Vero, ma fino a un certo punto. Si ha notizia di capannelli nel palazzo del Consiglio Ue, il quartier generale dei rappresentanti dei Ventisette, in cui si è discusso con qualche fastidio del durissimo comportamento tedesco nei confronti della crisi greca e di quanto potrebbe essere difficile se «uno di loro» a prendesse le redini dell’Eurotower. «L’Europa vive di mediazioni - ha sussurrato un diplomatico di lingua francese - e i falchi non sono le creature più indicate per condurle in porto».
Il falco in questione ha un nome e un cognome, Axel Weber, l’uomo che la cancelliera Merkel vuole ad ogni costo nell’ufficio al trentaseiesimo piano del palazzo della Banca centrale europea. Le sue posizioni nella gestione del terremoto finanziario ellenico sono state contraddistinte da un rigorismo radicale, che in certi ambienti diplomatici di Bruxelles ha prodotto l’effetto di una spina di pesce nel gozzo. A Francoforte, il presidente della Bundesbank si è fatto la fama di uno che parla più del necessario, spesso prima del previsto. In questi giorni, ha dimostrato che la reputazione non è affatto ingiustificata.
E’ stato Weber a dire per primo che il conto del salvataggio sarebbe arrivato a 80 miliardi, quando l’Europa e il Fondo monetaria erano barricati sull’assegno da 45 miliardi. Allo stesso modo, ha gelato il sangue agli uomini del commissario Ue, Olli Rehn, quando venerdì ha ammesso l’esistenza di un rischio contagio per il malanno greco. Lunedì se n’è uscito esprimendo dubbi sulla correttezza della presenza del Fmi in questa storia, intervento che è stato auspicato proprio da Berlino.
I lussemburghesi sono parecchio seccati. Il governatore Yves Mersch ha tirato su Weber senza menzionarlo, ricordando che «se c’è una crisi nell’Eurozona, non è colpa della moneta, ma delle imperfezioni dell’Unione monetaria». La frase è stata letta come una critica all’insufficiente coordinamento di comando che la Bundesbank sarebbe pronta a concedere all’Ue. Il collega belga Guy Quaden ha fatto qualcosa di simile cercando di spazzar via ogni allarme per una ripresa dell’inflazione in questa fase, cosa che Axel il falco aveva invece paventato. Sopratutto preoccupa l’eccessiva ortodossia monetaria, l’orrore postweimariano per il carovita, gli stessi fattori che nel 1992 convinsero la Buba a tenere i tassi elevati sul deutschemark e affondarono le grandi economie (e valute) esterne alla sua area di influenza. Nonostante le aperture delle ultime ore, a Bruxelles c’è chi ritiene sia stata rilevante l’influenza di Weber sulle reticenze della Merkel. Una fonte francese ammette a denti stretti che la prospettiva di una passaggio da Buba a Bce, da Francoforte, è «preoccupante». Rifiuta di rispondere se il rivale italiano nella corsa all’Eurotower, Mario Draghi, andrebbe meglio: non fa il diplomatico per caso. comunque immaginabile che Parigi potrebbe considerare di optare per il candidato dei cugini del Sud, più ragionevole e gradito fuori dall’Ue. Con lui potrebbero schierarsi i leader del Club Med, il che basta a dire che la partita, quando inizierà, sarà aperta. Weber resta in pole position. Ma se le feluche non mentono, la crisi greca lo ha certo indebolito.