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 2010  aprile 29 Giovedì calendario

COSA SERVE DAVVERO AD ATENE

L’evoluzione del problema del debito greco è grave e complicata. Molti danno la colpa alla Germania che ha impedito una decisione tempestiva e chiara sul sostegno dei governi dell’area dell’euro. Lo ha fatto per opportunismo elettorale. Le pressioni degli altri Paesi europei, della Bce e del Fmi la stanno convincendo a cambiare atteggiamento. Ma non è solo colpa della Germania. Ci sono alcune questioni che vengono trascurate nel dibattito internazionale.
Intanto c’è la violenza, la concentrazione in tre anni del piano di aggiustamento delle politiche economiche richiesto alla Grecia e al rispetto del quale è legata la disponibilità del sostegno finanziario internazionale. Per quanto formulato con un eccellente lavoro di dettaglio della Commissione, del Fmi e del governo greco, è difficile credere che si tratti di un piano realistico e fattibile, politicamente ed economicamente.
Il che ha portato Atene a esitare prima di ammettere di non poter fare a meno degli aiuti e porta i mercati a dubitare che la Grecia sia in grado davvero di mantenere la fiducia di chi la deve aiutare. Le misure che la Grecia dovrebbe adottare sono recessive e rischiano di peggiorare la situazione politico-sociale del Paese, riducendo la sua disponibilità a disciplinarsi e ostacolando lo stesso aggiustamento del disavanzo pubblico. Occorrerebbe mirare a un risultato più graduale ma più sicuro: dare alla Grecia più tempo per correggere i suoi squilibri e, in cambio, essere più certi di controllarne le decisioni.
Nel frattempo si potrebbe riformare il Patto di Stabilità europeo dal quale dipende la disciplina della finanza pubblica di molti altri Paesi. Il Patto deve diventare più severo, più invasivo delle autonomie nazionali, più attento all’insieme delle politiche economiche e quindi agli squilibri che vanno oltre quello della finanza pubblica. Ma deve chiedere aggiustamenti graduali e credibili. Con un Patto più efficace, mentre si aggiusta la Grecia, i mercati guarderebbero con meno preoccupazione al Portogallo, alla Spagna, ma anche all’Italia e a tutti gli altri Paesi che sono comunque oggi ufficialmente in condizioni di «disavanzo eccessivo». Facciamo un esempio inconsueto, la Francia: secondo gli ultimi documenti del Patto di Stabilità il deficit pubblico francese, che è stato l’8,3% del Pil nel 2009 ed è previsto all’8,2% nel 2010, dovrebbe tornare sotto il 3% nel 2013. Siamo sicuri che la Francia possa e, soprattutto, voglia farlo? O stiamo sfogando la nostra severità con la Grecia mentre continuiamo a prenderci in giro con un Patto che non funziona e nell’ambito del quale non si è riusciti nemmeno a controllare la veridicità dei conti che la Grecia ha comunicato negli ultimi anni?
Un’altra ragione di aggravamento del problema greco è che non c’è un piano per far pagare una parte del guaio ai creditori esteri della Grecia che hanno, anche recentemente, comprato i suoi titoli a tassi elevati contando sul suo salvataggio. Servirebbe più trasparenza, in particolare, sulla posizione di alcune delle banche e degli altri investitori internazionali, soprattutto europei e soprattutto tedeschi, che sono esposti in misura notevole con la Grecia. Attraverso di loro un’insolvenza greca diffonderebbe e aggraverebbe i suoi danni al sistema internazionale. I crediti di questi operatori andrebbero comprati con forte sconto da un «fondo» dove i governi europei concentrerebbero i loro finanziamenti a supporto della Grecia. Anche attraverso questo fondo le autorità comunitarie diverrebbero contropartita dei greci nel monitorarne il ritorno alla solvibilità. Sarebbe come cancellare una parte del debito greco portandola subito a deduzione, limitata ma certa, dei crediti di chi ha assunto rischi speculativi. Aver voluto salvare a tutti i costi i creditori imprudenti è una delle ragioni che, fin dai «subprime» americani del 2007, ha aggravato la crisi finanziaria globale.
Se non c’è una rapida svolta nella gestione del caso greco, l’Italia non è fra i primi candidati al contagio. Il nostro debito pubblico è molto alto ma il suo aumento è relativamente sotto controllo e può ancora contare su un abbondante risparmio privato. Inoltre non c’è notizia di importanti intermediari italiani molto esposti con la Grecia. Dobbiamo però mantenere la nostra situazione politica in grado di gestire, in condizioni internazionali difficilissime, un programma pluriennale che, oltre a riequilibrare credibilmente la finanza pubblica, rilanci la competitività e la crescita del Paese. Inoltre, per quanto può contare la nostra proposta e la nostra diplomazia, ci conviene impegnarci molto nel favorire una gestione comunitaria corretta e decisa del problema greco, insieme a una coraggiosa riforma del Patto di Stabilità.