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 2010  aprile 29 Giovedì calendario

IN BANCA DEPOSITI SENZA PRESTITI

«Miscredenti!». Laurence Kotlikoff è sempre molto schietto, anche quando parla degli uomini di Wall Street. Il suo curriculum è altrettanto solido: docente all’università di Boston, 59 anni, è noto perché già nel 2006 - tra un record del Dow Jones e un balzo del Pil Usa- mostrava sulla rivista della Fed di St. Louis, che il sistema americano era in bancarotta.
Anche le sue proposte, come le sue analisi, sono sempre piuttosto forti. Oggi Kotlikoff - che in passato ha consigliato di dividere in conti personali i fondi previdenziali pubblici e di sostituire totalmente l’imposta sui redditi con l’Iva - è alla ribalta per l’idea di trasformare ogni azienda di credito in "banca a scopo limitato" (limited purpose banking), e scongiurare in questo modo che una crisi finanziaria possa ripetersi.
La proposta è semplice: evitare che le banche usino i depositi dei clienti, assicurati a spese dei contribuenti, per attività rischiose. Le aziende di credito, ha spiegato in un memorandum al segretario al Tesoro Timothy Geithner, «non sono diverse dalle pompe di benzina», mettono in contatto chi offre e chi chiede finanziamenti, e non devono fare altro, sono utilities, come gli acquedotti.
Banche molto vicine al territorio, come le Sparkassen tedesche e le popolari italiane, fanno qualcosa di simile a quanto propone Kotlikoff, ma l’economista di Boston va oltre: le banche, spiega, non devono concedere prestiti, solo attivarli. Mutui e crediti vanno ceduti a fondi di investimento, liberi di investire, che le aziende di credito potranno far sottoscrivere al pubblico: con i depositi dei clienti, potranno acquistare invece solo titoli di stato. La proposta è quindi una nuova versione - avanzata con un occhio a tutte le imprese finanziarie - del sistema della riserva bancaria al 100 per cento.
Troppo radicale? No, spiega Kotlikoff: «La Fidelity Investments, la Tiia-Cref (fondo non profit per insegnanti, medici e ricercatori, ndr ), e altri fondi hanno operato come banche a scopo limitato per decenni e non sono "andate sotto"». Lo schema non limita inoltre le scelte degli investitori: «Potremo - ha aggiunto - ancora scommettere e perdere la camicia, se vorremo: il sistema non tenta di contrastare la natura umana, non chiude i "casinò", non pone fine alla propensione americana per il lancio dei dadi, né sovverte ogni altro aspetto della nostra libertà di spendere soldi».
Kotlikoff pensa quindi che il suo schema possa davvero correggere, senza controindicazioni, un sistema che «tiene lo zio Sam appeso a un gancio a Wall Street». Deve però fare i conti con due idee concorrenti: la Volcker Rule, che limita gli assets in cui le banche possono investire, e le proposte di Basilea, la ricapitalizzazione delle aziende di credito, che appaiono al confronto un escamotage di breve respiro.
L’economista sta cercando allora di conquistare l’opinione pubblica.Il suo libro Jimmy Stewart è morto è intitolato alla star protagonista di «La vita è meravigliosa » di Frank Capra: nel film è George Bailey, proprietario della piccola, virtuosa banca Bailey Buildings and Loans, che finisce in bancarotta. Egli deve confessare ai clienti che ha mentito, non può restituire i loro soldi, e solo un angelo lo salva dal suicidio. «Jimmy Stewart, quello spirito onesto, caloroso, gentile, e degno di fiducia - scrive Kotlikoff - non è più il vostro banchiere locale. Il vostro banchiere locale è qualche impiegato sottopagato che sta lì da sei mesi e non sa nulla di voi, della vostra famiglia, della vostra attività e francamente gliene importerebbe anche di meno».
Sostenitori autorevoli, intanto, non mancano. Il governatore della Banca d’Inghilterra Mervyn King, parlando alla Camera dei comuni, ha invitato più volte i parlamentari a studiare lo schema, mentre economisti come Robert Lucas della scuola di Chicago o il democratico Jeffrey Sachs l’hanno lodato. «La proposta dice Paolo Mottura, docente di Economia degli intermediari finanziari alla Bocconi - ha, da un punto di visto logico, un fondamento sicuro. La fretta non permetterà però di esaminarla con attenzione. E la sua applicazione è problematica»: occorrerebbe spezzare le grandi banche, integrate e diversificate, nelle quali - spiega- l’attività di intermediazione copre oggi solo il 30-40% del totale. La riforma sarebbe dunque utile, ma non facile.