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 2010  aprile 29 Giovedì calendario

DEBITI E RICHEZZA, ECCO PERCH L’ITALIA NON LA GRECIA E IL PORTOGALLO

L’Italia è minacciata dal rischio default della Grecia? In uno scenario razionale no, perché il nostro Paese si trova in una situazione ben diversa da quella della Grecia e degli altri tre nuovi PIGS (Portogallo, Irlanda, Spagna) sempre più sotto scacco dei mercati. Non soltanto perché la recessione economica in questi Paesi è molto più acuta che da noi ma anche e soprattutto perché l’Italia ha una stabilità patrimoniale-finanziaria di gran lunga maggiore. Ciò potrebbe apparire in contraddizione con il dato italiano del debito pubblico/PIL che nel 2009 si è attestato sugli stessi livelli della Grecia (intorno al 115%). Ma la realtà è che i debiti non si ”pagano” con il PIL bensì, in una eventuale evoluzione critica, attingendo al proprio patrimonio e il patrimonio italiano è tutt’altra cosa rispetto a quello greco.
Lasciamo pure da parte la ricchezza reale delle famiglie (fatta di case e terreni), in cui l’Italia è peraltro tra i primi posti al mondo, e limitiamoci a considerare la ricchezza finanziaria netta (attività meno passività) delle famiglie. La ricchezza finanziaria delle famiglie italiane, secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili relativi al 2008, è pari a 43.400 euro per abitante, tra le più alte al mondo, quasi 4 volte più grande di quella dei greci (11.000 euro) e più del doppio di quella di portoghesi (19.600 euro), irlandesi (18.400 euro) e spagnoli (16.400 euro). Ciò dimostra che il PIL pro capite e la sua crescita da soli non bastano a capire se si è ”ricchi”.
I PIL di Irlanda e Grecia, rispetto al nostro, ”volavano” sino poco tempo fa. Oggi, dopo aver preso per alcuni anni ogni sorta di sostanza ”dopante” per crescere, Irlanda e Grecia sono nella polvere.
Sicché, se invece di considerare il rapporto tra il debito pubblico, che è uno stock, e il PIL, che è un flusso, raffrontiamo il debito pubblico (del 2009) con la ricchezza finanziaria netta delle famiglie (ultimi dati del 2008), cioè due stock comparabili, si scoprirà che l’Italia non è una ”pecora” nera del debito pubblico. Infatti, il nostro rapporto debito pubblico/ricchezza finanziaria netta è pari al 68% circa, valore quasi equivalente a quello della Francia (65%) e solo un po’ più alto di quello della Germania (61%). Anche il Portogallo fino ad ora non se la cavava poi così male (61%). Tuttavia, a causa della forte crescita del suo deficit pubblico annuo, il Portogallo è destinato nel 2010-2011 a veder peggiorare la propria situazione. Mentre Stati Uniti e Gran Bretagna, che tradizionalmente vantavano elevate ricchezze finanziarie, avendo ora deficit annui in forte aumento si avvicineranno al rapporto medio di debito pubblico/ricchezza finanziaria di Germania-Francia-Italia.
Molto peggio del Portogallo in termini di rapporto debito/ricchezza stanno la Spagna (75%) ma soprattutto l’Irlanda (129%) e la Grecia (220%). Tutta la ricchezza finanziaria dei greci (che è in caduta libera anche per la ”fuga” di capitali all’estero) oggi non basta nemmeno a pagare la metà del debito pubblico di Atene (ammesso che sia nota la vera entità dello stesso viste le continue rettifiche dell’Eurostat). Senza dimenticare che mentre la ricchezza finanziaria degli italiani è in grado di ”pagare” oltre 3 volte il nostro debito pubblico lordo sull’estero (cioè sottoscritto da stranieri), i greci con la loro ricchezza ”pagano” solo poco più della metà del proprio debito estero.
Ma oltre che di crisi debitorie strutturali i Paesi possono anche soffrire di crisi immediate di ”liquidità”, specie in periodi di prudenza come quelli attuali in cui gli investitori si tengono alla larga dalle obbligazioni dei debiti sovrani più a rischio oppure pretendono altissimi tassi di interesse per sottoscriverle. E’ quindi interessante analizzare anche la situazione dei due deficit ”gemelli” (il deficit pubblico/PIL e il deficit della bilancia dei pagamenti di conto corrente sempre in % del PIL) la somma dei quali, sia pure un po’ rozzamente, ci dà una indicazione dello stato complessivo di ”costrizione” interna ed esterna delle diverse economie.
Ecco allora che l’Italia, con un deficit/PIL nel 2009 del 5,4% (più alto soltanto di quello della Germania ma inferiore persino a quello tedesco nel 2010), si trova in una situazione nettamente migliore di Portogallo (-9,4%), Spagna (-11,2%), Grecia (13,6%, destinato ad essere rettificato in peggio) e Irlanda (-14,3%). Inoltre, l’Italia, con un saldo negativo di bilancia di conto corrente nel 2009 del 3,2% (solo di un punto più alto di quello francese, pari al -2,2%) è messa meglio anche in questo caso di Spagna (-5,4%), Portogallo (-10,3%) e Grecia (-11,2%).
Da ciò due conclusioni principali. La prima è che nella zona euro vi sono soprattutto due economie ”critiche”: la Grecia (ormai malata conclamata) e l’ex tigre celtica Irlanda a forte rischio (alle prese con 80 miliardi di titoli tossici, cioè un valore come la metà del PIL, in pancia al suo sistema bancario in via di semi-statalizzazione e con indicatori di debito pubblico e di deficit in crescita esponenziale). Due Paesi che però hanno insieme una popolazione di poco superiore ai 15 milioni di abitanti.
In particolare, il salvataggio della Grecia attraverso un suo rapido ”commissariamento” era una impresa che l’euro zona poteva gestire in poco tempo e con poco sforzo. Invece si è lasciato che il bubbone si ingigantisse e creasse anche pericoli di contagio. Grandi a questo riguardo sono le responsabilità della Germania ed in particolare di Angela Merkel, i cui tentennamenti rischiano di causare all’Europa e alle sue istituzioni danni tali da annullare in meno di 6 mesi i grandi contributi che alla costruzione europea hanno apportato negli oltre 50 anni precedenti tutti gli altri cancellieri tedeschi.
La seconda conclusione è che l’Italia non presenta nemmeno lontanamente una situazione di fragilità finanziaria paragonabile a quella dei 4 ”PIGS. Questo non preserva l’Italia da un rischio di crisi sistemica allargata dell’area euro ma una analisi più approfondita e metodologicamente diversa da quelle prevalse fino al recente passato sullo stato di salute finanziaria delle economie ci fa emergere assai più simili a Germania e Francia di quanto gli altri e noi stessi pensassimo.
Tutto ciò, tenuto anche conto della nostra forza nell’economia reale, dovrebbe indurre Berlino e Parigi a guardare all’Italia con una maggiore considerazione e a fare più ”blocco” con noi per tenere in piedi la sempre più traballante architettura dell’Europa.