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 2010  aprile 29 Giovedì calendario

L’INSURREZIONE DI MILANO FU UNA SCELTA CORAGGIOSA

Nel fondo «Il significato di una festa», pubblicato sul Corriere del 25 aprile, lei ha scritto che l’insurrezione nelle città del Nord dimostrò la volontà di essere padroni a casa nostra. Io penso invece che l’insurrezione avvenne nella misura in cui le truppe tedesche lo permisero e che con i fascisti in fuga o rintanati nelle caserme, il Cln doveva per forza prendersi la responsabilità di evitare vuoti di potere. In altre parole, io credo che l’insurrezione avvenne dopo la ritirata del grosso dei tedeschi e che si trattava di una scelta obbligata.
Carlo Gregoretti
carlogregoretti@unipd.it


Caro Gregoretti, col senno di poi tutto appare semplice e razionale. Conosciamo l’operazione «Sunrise», l’intelligente mediazione svizzera che rese possibili i primi contatti fra gli Alleati e il generale Karl Wollf, comandante delle SS in Italia, nel territorio della Confederazione. Sappiamo che il ritiro del grosso delle forze tedesche e la fuga di Mussolini permisero ai partigiani di prendere rapidamente il controllo di Milano. Sappiamo che l’Italia del nord era diventata, per la Wehrmacht, indifendibile. E sappiamo infine che ogni soldato tedesco sapeva in cuor suo ciò che Hitler a Berlino si ostinava a negare: che la guerra, ormai, era irrimediabilmente perduta.
Ma la fase conclusiva di un conflitto è spesso la più pericolosa. Nelle settimane precedenti i comandi tedeschi nella penisola avevano ricevuto ordini draconiani fra cui la distruzione degli impianti del porto di Genova. Chi avrebbe potuto prevedere con esattezza, in quel momento, quali decisioni sarebbero state prese dal comandante di un reparto che aveva perso i contatti con i suoi superiori? Avrebbe cercato di riportare i suoi uomini in buon ordine al di là del Brennero o avrebbe proceduto all’esecuzione di piani che nessuno, in quel momento, aveva formalmente cancellato? I negoziati di Wollf in Ticino dimostravano quale fosse lo stato d’animo dei tedeschi. Ma nessuno sapeva se il generale delle SS stesse negoziando per le forze del Reich in Italia o, piuttosto, per se stesso e la propria sopravvivenza. Gli stessi interrogativi valevano per i reparti fascisti. Erano demoralizzati e allo sbando. Ma nessuno poteva escludere in quel momento qualche disperato e sanguinoso tentativo di resistenza come era accaduto per parecchi giorni a Parigi dopo l’ingresso del generale De Gaulle nell’agosto dell’anno precedente.
Per il Comitato di Liberazione dell’Alta Italia l’obiettivo, senza dubbio, era quello di evitare un vuoto di potere e di affermare la propria autorità. Avere preceduto gli Alleati, sia pure di qualche giorno, era un titolo di merito che i comandi partigiani, nei giorni seguenti, avrebbero potuto rivendicare e valorizzare. L’insurrezione riuscì e le cose, tutto sommato, andarono nel migliore dei modi. Ma non commettiamo l’errore di pensare che la situazione fosse priva di rischi. Per la fine del conflitto in Italia, del resto, fu necessario attendere il 2 maggio, la data fissata dagli Alleati e dai plenipotenziari tedeschi nell’atto di resa firmato il 29 aprile in un salone della reggia di Caserta.
Sergio Romano