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 2010  aprile 29 Giovedì calendario

UNA DEBOLE DEMOCRAZIA

Uno Stato mastodontico, che impiega un quinto della forza-lavoro ma eroga più favori che efficienza. Una classe dirigente modesta, come prodotta da oculata selezione dei mediocri. Un´informazione corrispondente alla classe dirigente, e condizionata dai più vari interessi. Un alto tasso di corruzione. Però anche una notevole produzione di intelligenza, sia pure discontinua e per solitario impulso di individualità più che per tendenza del sistema. In una parola, il Paese più simile all´Italia che vi sia oggi in Europa. Nel meglio come nel peggio.
Il peggio: la corruzione. Nel rapporto 2008 di Transparency international Grecia e Italia condividono il primo posto tra i Paesi dell´Europa. Il fatto che il 30% dei greci e il 32% degli italiani ritenga "estremamente corrotti" i dipendenti pubblici non vuol dire che quelli lo siano davvero, e soprattutto che lo siano in massa. Ma percentuali così alte segnalano un´evidente diffusione della mazzetta, e un´inettitudine degli apparati di controllo, in Grecia origine tra l´altro di una smisurata evasione fiscale. Socialisti del Pasok e conservatori di Nea Demokratia si rimpallano la responsabilità di aver impestato le istituzioni. I primi avrebbero travasato l´intero apparato del Pasok nel mastodontico settore pubblico. I secondi avrebbero insediato comitati d´affari alle spalle del potere esecutivo, come è parso evidente nella penultima legislatura. probabile che entrambi abbiano ragione. Il discredito che si è abbattuto sui due partiti maggiori non li ha convinti a fare qualche passo indietro. Ma proprio perché occupano qualsiasi spazio pubblico, bene o male Pasok e Nea Demokratia finora sono riusciti a contenere prima le rivolte giovanili di due inverni fa, e ora le reazioni irate alle misure con le quali il governo cerca invano di parare gli attacchi dei mercati finanziari. Misure inevitabilmente sommarie che per paradosso colpiscono innanzitutto quanti sono marginali al sistema delle clientele, e ne accrescono il risentimento. Altrettanto legittima è l´irritazione del contribuente tedesco alla prospettiva di dover pagare il conto lasciato dalle cicale elleniche, per esempio il prezzo di un sistema pensionistico che fino a ieri permetteva di andare in pensione otto anni prima che in Germania.
Nella crisi tuttavia i greci intuiscono un´opportunità: non tanto di liberarsi dell´invadenza dei partiti, quanto di guarire dalla cultura che l´ha favorita – la cultura del favore, della clientela, della bustarella, dell´eterno ricorso alle "conoscenze" per ottenere un impiego, una cattedra, un´esenzione… insomma quanto la Grecia riconosce come proprio vizio da quando la crisi finanziaria l´ha costretta a guardarsi allo specchio. Può una società autoriformarsi? Forse. Se ne va del suo futuro e se a forzarla è un´ineludibile pressione esterna, in questo caso europea o internazionale. Il successo è possibile, e lo conferma il consenso di cui gode il premier socialista, Papandreu. Ma il governo ora è costretto a misure sempre più impopolari. E quanto più la pressione esterna si presentasse nella forma sgarbata e sprezzante di alcuni moniti rivolti da Berlino, tanto più quell´Europa generosa di ingiunzioni ma parca di denari finirebbe per riaprire la ferita inferta dal mai dimenticato tradimento "latino". Furono gli occidentali, i "latini", a pugnalare Costantinopoli, saccheggiata e indebolita dai crociati proprio mentre ai suoi confini la pressione del Gran Turco si faceva insostenibile. Fu il colpo di grazia ad una città greca che era l´ultima vestigia dell´impero fondato dai Cesari. Sette secoli dopo un altro aggregato europeo, l´Eurozona, rischia di sfasciarsi sulle coste che appartennero a Bisanzio.