Paolo Marchi, il Giornale 27/4/2010, pagina 17, 27 aprile 2010
IL CUOCO MIGLIORE DEL MONDO E’ DANESE
Sempre meglio esseri i secondi che gli ultimi, certo che se si è abituati al primato anche un solo passo indietro ha il sapore della sconfitta. E così è stato ieri sera nell’antico municipio di Londra, la Guildhall, in piena City finanziaria, con la nona edizione del S. Pellegrino World’s 50 Best restaurants (e non chef, ristoranti), serata che ha visto il «Bulli» del catalano Ferran Adrià scavalcato dal «Noma» di René Redzepi a Copenaghen, di un danese che compirà 33 anni a dicembre e che quando ne aveva 25 si ripromise di mappare la produzione agroalimentare dei Paesi nordici per farne la vocazione del suo locale, che non esisteva ancora.
E con l’inglese Heston Blumenthal, chef e patron del «Fat Duck» alle porte di Londra, sempre in scia al «Bulli», ma terzo, per la prima volta da quando nel 2002 il premio venne istituito (per caso, la redazione della rivista The Restaurant non sapeva come riempire lo spazio tra due servizi e si inventò i 50Best, primo Adrià) un’insegna italiana è entrata nei top 10, l’«Osteria Francescana» di Massimo Bottura a Modena, sesta ora e 13ª nel 2009 così come nel 2008 fu 12° il «Gambero Rosso» di Fulvio Pierangelini a San Vincenzo, locale chiuso e quindi non più in graduatoria. Scivola invece fuori dalle 50 migliori posizioni Carlo Cracco, 71°, titolare a Milano del ristorante che porta il suo nome e che in autunno venne retrocesso anche dal Gambero (la rivista). La novità italiana si chiama «Il Canto» di Paolo Lopriore a Siena, 40°, poche posizione dietro il «Combal.zero» di Davide Scabin (da 42° a 35°) a Rivoli (Torino) e al Pescatore della famiglia Santini a Canneto (Mantova), da 48° a 36°. Importante notare che tutti gli azzurri migliorano, anche «Le Calandre» dei fratelli Alajmo a Rubano (Padova), dal 49° gradino al 20°.
Quanto ad Adrià, vincitore per 5 volte, di cui quattro consecutive, lo zucchero per rendergli meno amara la serata ha avuto le forme del riconoscimento (inedito) di Chef del Decennio così come Blumenthal è stato premiato dai suoi colleghi, un gesto di stima dopo le vicissitudini del locale chiuso per alcuni casi di disturbi intestinali dei clienti. Ma lo stesso è importante notare come questo concorso, per il quale votano circa 800 tra giornalisti, ristoratori e gastronomi sparsi nel pianeta intero, conferma il calo di importanza dell’alta cucina spagnola che aveva stregato per i nuovi modi di assemblare e dare forma ai piatti. Non solo: scivolano indietro i maestri della classicità francese, Ducasse, Gagnaire e Robuchon, e la crescita dello Chateaubriand a Parigi, un gastro-bistrot, fa arrabbiare i custodi dell’ortodossia, però conferma come, complice la crisi, il lusso a cui la Francia aveva abituato il mondo ha stufato.
Trionfano essenzialità e semplicità, materie prime a millimetri zero (è una provocazione), sapori netti e ancestrali, naturalità assoluta. Panna e spume, per sintetizzare brutalmente, non sono più attuali anche se il vincitori, Redzepi, è figlio della rivoluzione spagnola, in aperto contrasto con la tradizione francese. Lo stesso con Massimo Bottura, la cui ricerca dei prodotti della sua Emilia lo portano a estremizzare ogni scelta. Quello che per tanti sarebbe ottimo, a loro non basta. Questo spiega perché a certi livelli anche «quattro verdure bollite» possono costare come una preparazione con foie gras o caviale.
Il danese, figlio di padre albanese emigrato dalla Macedonia, e il modenese, così anticamente nuovo che l’estate scorsa gli ispettori dei Nas lo certificarono come tradizionale, hanno in comune l’apprendistato in Francia e la rottura di ogni schema dopo viaggi di studio in Spagna, con stage per entrambi da Adrià. Siamo agli allievi che superano o si avvicinano ai maestri. Con una differenza che rende clamoroso il successo di Renè: non ha alle spalle una storia paragonabile «alle Italie» con cui deve confrontarsi Bottura.
Redzepi, ambasciatore del gusto dei Paesi scandinavi, quando aveva 25 anni seppe che le autorità di Copenaghen avevano intenzione di restaurare una parte dei docks di Christianshavn, dove un tempo venivano lavorate le carni di balena, inserendovi un locale dalla cucina che richiamasse in qualche modo la (povera) cucina danese.
Lui mollò il posto dove lavorava («Impegnandoci al massimo, valevamo al massimo il 500° locale francese in Francia, non aveva senso») e si mise a girare i Paesi nordici, dalla Groenlandia alla Finlandia per capire cosa potevano offrire a livello di carne e pesce, frutta e verdura: «Non volevo fare l’ennesima copia di un francese o un fusion asiatico, ma imboccare una strada totalmente nuova. Così decisi che tutto doveva arrivare dal Nord, renne e buoi muschiati, granchi e aragoste delle Far Oer, tartufi del Gotland, germogli di felce o trifoglio, anatre delle nostre paludi». Che serve con un’insalata degli stessi licheni gustati dal pennuto.
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Volete una ricetta dal Migliore?Provate questa: barbabietole candite con mele e midolli affumicati
Al «Noma» di Copenaghen trionfa la natura di un lembo di Europa dove il sole fatica a riscaldare il suolo e i mari, ma si possono gustare prodotti e piatti lo stesso eccezionali. Basta sapere cosa cercare e come cucinarlo. La vera rivoluzione, per il cliente, è spogliarsi nel noto delle cucina di Italia, Francia e Spagna e non attendersi l’olio d’oliva (bensì di colza), niente mascarpone o formage blanc ma skyr magari con acetosella artica. E anche quando un piatto suona famigliare, come gli scampi in emulsione di ostriche, sono pescati nei mari artici. Celebre un dessert come le barbabietole candite con le mele. Chi volesse cimentarsi, usando prodotti del mercato nostrano, deve partire, per una cena per 4 persone, da una salsa fatta con 2 chili di barbabietole, anice, fondo di pollo e aceto di mele. Fondamentale anche il midollo di vitello (2etti) da lasciare in ammollo in acqua ghiacciata per 24 ore per poi passarlo per altre 48 ore in un litro di acqua al 7% di sale. Solo a questo punto si affumicano i midolli usando autentici trucioli di legno. Quanto a barbabietole (4 di tipo allungato e una rotonda) e mele(4, acidule tipo le grammy smith), le prime vanno bollite per mezz’ora, spellate e tagliate a dischi alti 1 centimetro. Stesso spessore per le mele che vanno aromatizzate con timo e poi passate in forno caldo per due minuti. il momento di tagliare la barbabietola rotonda e cruda a dischi larghi che saranno la base per la salsa, i midolli affumicati e i tocchetti di barbabietole e mele. un gioco di equilibri dolci-amari.