Paolo Viana , LཿAvvenire 28/10/2010, 28 ottobre 2010
[2 Articoli] VITTIME DELL’AMIANTO MEMORIA SCOMODA Dicono che la probabilità di ammalarsi dipenda dalla durata dell’esposizione all’amianto e Aldo Lessio ha lavorato per pochissimi anni alla Eternit di Casale Monferrato
[2 Articoli] VITTIME DELL’AMIANTO MEMORIA SCOMODA Dicono che la probabilità di ammalarsi dipenda dalla durata dell’esposizione all’amianto e Aldo Lessio ha lavorato per pochissimi anni alla Eternit di Casale Monferrato. La sua, però, era una mansione molto particolare: ogni mattina saliva sul cingolato e iniziava ad andare su e giù per il piazzale, schiacciando tubi crepati, lastre strappate, pezzi di ondulato e ogni risma di scarti di lavorazione del fibrocemento, fino a farli a pezzi. Serviva a riciclare i rottami d’amianto. Lessio ha dovuto rinunciare a un pezzo di polmone; a molti suoi colleghi è andata peggio. La loro storia sarà ricordata oggi, in occasione della giornata mondiale delle vittime dell’amianto, che è stata stabilita cinque anni fa in Brasile e che, pur coincidendo con la giornata per la sicurezza sul lavoro, resta una delle meno celebrate. Sordina che non sorprende, visto che, in Italia a 18 anni dalla legge 257/92 che mise al bando questo prodotto, solo 13 regioni hanno approvato un piano per eliminare i materiali contaminati, come le onduline in cemento-amianto: ne restano 32 milioni di tonnellate. Le manifestazioni che dovrebbero sensibilizzare la popolazione contro il pericolo e sul dramma che vivono le famiglie degli ex lavoratori del settore sono concentrate nelle città in cui si lavorava l’asbesto, come Casale Monferrato, capitale della Eternit. La multinazionale svizzero-belga ha chiuso i suoi stabilimenti (oltre a Casale, Cavagnolo, Rubiera, Bagnoli e Siracusa) dalla seconda metà degli anni Ottanta. Autoistanza di fallimento, più per ragioni di mercato che di coscienza e ciò malgrado del ruolo di questa fibra minerale all’origine del mesotelioma pleurico e del tumore polmonare, oltre che dell’asbestosi che porta al soffocamento, esistessero molte prove. «La pericolosità - spiega Bruno Pesce, coordinatore dell’associazione dei famigliari delle vittime di Casale e Cavagnolo (300 ammalati, oltre alle famiglie di 1350 vittime di mesotelioma, asbestosi e tumori al polmone da amianto, in totale 3500 soci) - era nota dall’inizio del Novecento ma il processo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica è stato lunghissimo. L’industria godeva di buona stampa e lo stesso sindacato riteneva che la Eternit, con i suoi duemila dipendenti, fosse una fabbrica sicura». Pesce e le oltre seimila parti lese (tra cui 2000 morti e 1000 ammalati) hanno trascinato in tribunale, dopo decenni, i vertici della società. Quello che si è aperto a Torino l’anno scorso è il più grande processo d’Europa sulle morti bianche. Stephan Schmidheiny ed il barone belga Louis de Cartier de Marchienne sono stati rinviati a giudizio per disastro ambientale doloso permanente e omissione dolosa delle norme di sicurezza. «Non sono intervenuti neanche dopo le denunce Preferivano spiarci» commenta Pesce, il quale considera «esemplare», malgrado la prescrizione del reato di lesioni, la recente condanna degli ex vertici della Fincantieri per la morte di 37 operai dei cantieri navali di Palermo. Un altro processo si è aperto a Gorizia. Pesce rilancia: «dobbiamo creare un fondo per il risarcimento di chi si ammala senza aver mai lavorato sull’amianto. Le vittime ambientali, fuori dal regime Inail, rischiano di essere dimenticate». Manca ancora un fondo per risarcire chi si ammala senza lavorare in fabbrica. Paolo Viana UN KILLER CHE UCCIDE 3.000 PERSONE ALL’ANNO- « L’ Italia è stata uno dei maggiori produttori ed utilizzatori di amianto fino alla fine degli anni ”80. L’inalazione di fibre di amianto (scientificamente noto come ’asbesto’; ndr) è estremamente pericolosa per la salute per il grande potenziale cancerogeno. Il mesotelioma, tumore che insorge soprattutto nella pleura polmonare, è la più pericolosa malattia indotta dall’amianto (insieme al tumore polmonare) e ha caratteristiche di lunghissima latenza (la presentazione della malattia può avvenire dopo oltre 40 anni dall’esposizione) ed alta letalità»: il problema lo inquadra così, Alessandro Marinaccio, responsabile del Registro Nazionale dei Mesoteliomi. L’amianto è stato bandito nel 1992 ma l’uso di questa fibra minerale, resistente al fuoco e ottima per l’insonorizzazione, è letteralmente ’esploso’ nel secondo dopoguerra, in siderurgia, edilizia, chimica, ecc. La sorveglianza dei casi di mesotelioma è affidata al Registro Nazionale dei Mesoteliomi (ReNaM) presso l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), a sua volta strutturato come un network articolato nelle diverse regioni. stato appena pubblicato il Terzo Rapporto del Registro Nazionale: a gennaio 2009 riporta 9.166 casi di mesotelioma maligno. Scorrendolo, si scopre che fino a 45 anni la malattia è rarissima (solo il 2,7% del totale dei casi registrati) e che l’età media alla diagnosi è di 68,3 anni. «Il tasso standardizzato per mesotelioma maligno della pleura - spiega il ricercatore dell’Ispesl - ci parla di 3,42 casi per 100.000 residenti negli uomini e 1,09 nelle donne. In media la malattia si presenta generalmente dopo più di 40 anni dall’inizio dell’esposizione, tuttavia il range di variabilità della latenza è estremamente ampio. Nell’insieme dei casi rilevati dal registro, il 69,8% presenta un’esposizione professionale, il 4,5% familiare, il 4,7% ambientale, l’1,4% per un’attività extralavorativa di svago o hobby. Per il 19,5% dei casi l’esposizione è improbabile o ignota». Considerando, oltre al mesotelioma, anche i tumori del polmone e della laringe indotti da esposizione ad amianto e i decessi per asbestosi (malattia polmonare cronica che deriva dall’inalazione di amianto e che a sua volta predispone all’insorgenza del carcinoma bronchiale e del mesotelioma pleurico) il rapporto parla di 3.000 vittime all’anno per malattie correlate all’amianto. (P.V.)