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 2010  ottobre 28 Giovedì calendario

GLI ARAZZI DEL QUIRINALE

Cinque anni dopo essersi insediato a Palazzo Vecchio con la moglie Eleonora di Toledo, Cosimo I de’ Medici, nel 1545, sottrae ai Gonzaga di Mantova Nicolas Karcher, l’arazziere più bravo, e chiede a Jacopo Carucci detto il Pontormo, tra i maggiori artista d’allora (1494 - 1557), di realizzare 20 cartoni per una serie di arazzi sulla Storia di Giuseppe, il penultimo dei 12 figli di Giacobbe. Però, i cartoni di Pontormo, forse troppo astratti, non piacciono; e dopo tre, l’incarico passa al suo allievo Agnolo di Cosimo di Mariano detto Bronzino. Gli arazzi coprono le pareti del Salone dei 200 a Palazzo Vecchio, sede del Consiglio del Comune: nel 1560, Vasari ne muta la fisionomia, e sono dimenticati. Nel 1882, pensando che i teleri formassero due serie, i Savoia ne portano 10 al Quirinale, e sono dei capolavori tra i 261 arazzi che il Palazzo possiede, secondi solo alla raccolta reale spagnola, lunga 13 chilometri. Appena nel 1980 viene ricostruita la storia dei 20 teleri; e inizia un difficile restauro lungo 30 anni. Dal 1984, gli esemplari fiorentini; dal 1996, con un apposito laboratorio nel Quirinale di una dozzina di persone, quelli romani. Che la Presidenza della Repubblica mostra, a lavoro quasi ultimato (Giuseppe negli arazzi di Pontormo e Bronzino, Viaggio tra i tesori del Quirinale, a cura di Louis Godart e Loretta Dolcini, fino al 30 giugno; catalogo della Segreteria generale a cura di Luciana Del Buono), affiancando ai dieci arazzi alcuni dei cartoni e disegni preparatori, ed importanti prestiti ”di contesto”; e cogliendo l’occasione anche per presentare la restaurata Sala Gialla, dove la Galleria di Alessandro VII Chigi ha ritrovato apparato e dipinti di Pietro da Cortona e dei suoi allievi, cancellati fin dai tempi di Napoleone.
«Gli arazzi del Quirinale sono importantissimi: spaziano dal Cinque al Settecento», dice Godart; «questi sono forse i più belli e importanti». Ci riportano all’epoca: densi di ritratti veritieri, Michelangelo, Carlo V, il nano di Corte Morgante, intellettuali come Cosimo Bartoli, anche i duchi, Cosimo I ed Eleonora, che accolgono gli ospiti già in due splendidi mezzibusti di Bronzino; pieni di verzure, frutta e fiori (nel Lamento di Giacobbe, catalogate 38 specie); con fondali architettonici rinascimentali molto pregevoli. Chiudendo la mostra, i Servizi informatici del Quirinale, in modo prodigioso, hanno ricomposto il Salone dei 200 come era, con tutti i suoi 20 arazzi a ricoprirne le pareti.
«Alla fine, i restauri chiederanno 80 mila ore di lavoro», dice Loretta Dolcini; «nel progetto originario, chiudevano anche le finestre, come usavano i fiamminghi», racconta Godart, e, «curiosamente, uno dei due tessitori di arazzi, Jan Rost, sceglie per firma un pollo allo spiedo: arrosto». Esposti qui, si sposano meravigliosamente con la parete di fondo della restaurata Sala Gialla, su cui Pier Francesco Mola ha dipinto Giuseppe riconosciuto dai fratelli; «in un arazzo, Eleonora indossa la collana ricevuta per le nozze», svela Lucia Meoni, che ha studiato a lungo queste opere. E attorno, sono tante altre Storie di Giuseppe: sulle vetrate della Sainte-Chapelle convervate a Cluny; in dipinti del Bachiacca; su un cammeo italiano ormai a San Pietroburgo, sul Libro d’ore dei Visconti e alla Bibbia di Merzeburgo: la vicenda del figlio prediletto di Giacobbe è presente in tutte le tre religioni monoteiste: «Forse nelle sue alterne fortune, e nell’equanimità, mitezza e probità, Cosimo I si è identificato», spiega il consigliere culturale del Capo dello Stato.
Troppo a lungo esposti all’inizio dell’Ottocento (anche 80 anni di fila), i panni si erano assai degradati: se ne può vedere uno non ancora restaurato, e si capisce quanto. Poi, nei cartoni e nei disegni preparatori l’arte dei due autori di queste scene rifulge ancor più. Gli arazzi del Quirinale sono assai importanti: molti erano nelle regge degli Stati preunitari, alcuni sono stati donati ai Pontefici, anche da Napoleone; mezzo secolo dopo che sono stato creati, 10 dei più importanti tornano a vivere, in singolare unità di tempi con le celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia, restaurati dal laboratorio che esiste nel Quirinale da 15 anni, creato appositamente per questo intervento e che ora sovrintende a tanti altri tesori dell’ex Reggia dei Papi. Ha risolto anche i problemi di altre due serie d’arazzi, una francese e una napoletana, ispirate a Don Chisciotte: perché i tesori da scoprire, nel ”palazzo degli italiani”, sono praticamente infiniti. E regalano sempre sorprese.