Nino Cirillo, Il Messaggero 28/10/2010, 28 ottobre 2010
PI ”OCCHI”, MA I REATI AUMENTANO
Le nuove regole in materia di videosorveglianza fissate ieri dal Garante della Privacy segnano in qualche modo la fine di un’epoca, l’epoca in cui si è creduto che più telecamere significassero più sicurezza. L’epoca in cui i Comuni italiani facevano a gara nel munirsi di occhi indiscreti, senza badare a spese e senza neanche andare troppo per il sottile, altrimenti a Militello Rosmarino, provincia di Messina, non avrebbero installato una telecamera anche sulla tomba dell’ex sindaco del paese al solo scopo di scoprire chi sistematicamente la oltraggiava andando a farci la pipì.
Vennero anche dagli Stati Uniti ad ammirare le telecamere piazzate sulla Salerno-Reggio Calabria, l’autostrada a quel punto più videosorvegliata nel mondo e che non per questo, negli anni, è diventata anche la più sicura. Anzi. Spuntavano telecamere ovunque a quei tempi: nelle stazioni, nelle scuole, nei condomini, per non dire delle banche e degli uffici.
Fu così che diventammo, nel genere, il secondo Paese d’Europa. Oggi, alla fine di questo forsennato percorso, l’Italia conta un milione e mezzo di telecamere piazzate per le sue strade, fra i suoi palazzi, ai suoi incroci, contro i quattro milioni della Gran Bretagna notoriamente la più occhiuta delle nazioni del Vecchio Mondo. Un milione e mezzo vuol dire una telecamera ogni 40 italiani, non c’è male, e vuol dire, soprattutto, un giro d’affari calcolato in un miliardo e settecento milioni di euro, fra acquisti di impianti e loro manutenzione.
Siamo anche il Paese dove non c’è una legge che regolamenti l’installazione di una telecamera. Solo a cose fatte, e con grande fatica, l’Autorità del Garante può esercitare i suoi controlli. Un’ottantina all’anno, praticamente un’inezia. Tutti si augurano che le regole appena emanate diano un nuovo impulso.
Giusto un mese fa il Comune di Roma ha presentato la sua nuova rete di videosorveglianza. Milletrecento telecamere per ora, ma che arriveranno a più di cinquemila e daranno alla Capitale il primato in Italia, superando anche Milano. Ma dalla Giunta Alemanno ieri è arrivato subito un importante segnale: «Ci adegueremo e presto a tutte le nuove disposizioni del Garante». Da Milano, invece, la Moratti ha inviato un messaggio più vago: «Non ho letto ancora il dispositivo, ma se debbo scegliere fra sicurezza e privacy, continuo a preferire la prima».
Un’epoca è finita perché in questi anni, dati alla mano, i reati non sono diminuti con l’installazione delle telecamere, anzi sono aumentati, come ad esempio agli assalti alle banche e i borseggi nelle stazioni. E’ finita un’epoca, insomma, perché in quanto a prevenzione dei reati i risultati sono stati praticamente nulli.
Qualche risultato lo ha dato la successiva repressione dei reati, questo è vero. Rimangono famosi alcuni casi di cronaca: le immagini del bandito Liboni, della rumena che uccide la ragazza in metropolitana, degli stessi ragazzini napoltenani di qualche giorno fa al bowling. Senza telecamere, le indagini non avrebbero raggiunto quei risultati.
Ma il vicequestore di Bari Giovanni Aliquò, un passato da sindacalista dei funzionari di Polizia e una grande esperienza da investigatore, qualche tempo fa ebbe anche a dire: «Con queste telecamere si beccano, nella maggior parte dei casi, solo ladri di polli e tossicomani». Gli faceva eco il sociologo Marzio Barbagli, grande esperto di questioni di sicurezza: «C’è una gestione poco coordinata dei sistemi. Spesso le telecamere registrano su cassetta, ma non c’è nessuno che guarda quello che accade in diretta, davanti al monitor. La polizia può così usare le immagini solo dopo l’evento criminoso...».
Chi invece non si perde una scena live, sono i guardoni di questi impianti di sicurezza, quegli addetti -e non sono pochi- che preferiscono concentrarsi su scollature e fondoschiena piuttosto che sui rapinatori. Lo rivela uno studio di Bruce Schneier, informatico e scrittore statunitense, che mette in guardia soprattuto sul gran commercio che quelle immagini alimentano su Internet. Cara privacy, ce n’è di strada di fare.