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 2010  aprile 28 Mercoledì calendario

L’ENNESIMO COLPO BASSO, MA DARWIN VINCE ANCORA

Provate a immaginare, per un momento, che due uomini di scienza, senza grandi ricerche alle spalle nel campo della fisica e in particolare della meccanica quantistica, diciamo per esempio un filosofo e un esperto di scienze cognitive, scrivano un libro dal titolo «Gli errori di Newton» (nel testo originale in inglese «What Newton got wrong», quello che Newton non aveva capito). Che in questo libro i due spieghino, con dovizia di citazioni e con ardite teorie sulla natura della materia, che le leggi newtoniane del moto non sono valide nel campo della particelle atomiche e subatomiche, in quanto per quelle dimensioni intervengono le leggi della meccanica quantistica, che si esprimono in termini di probabilità invece che di velocità e posizione nello spazio.
Tutti i fisici del mondo roteerebbero gli occhi verso il cielo, increduli: le leggi della meccanica quantistica sono note dagli Anni 20 del secolo scorso e, per quanto difficili da integrare con il nostro senso comune, fanno parte ormai del bagaglio culturale di ogni uomo di scienza. Il libro, se scritto in modo accessibile al grande pubblico, potrebbe al massimo costituire un ennesimo, lodevole tentativo di far capire alla gente comune concetti astrusi come l’equivalenza tra onda elettromagnetica e particella o la non-separabilità tra particelle sub-atomiche.
Ma non è così: il libro si propone come un innovativo documento di rottura rispetto alla la meccanica di Newton, al quale vengono attribuiti gravi «errori».
Ora, tutti sanno che Newton non ha commesso errori: semplicemente non conosceva (e non poteva conoscere) gli atomi, gli elettroni, i protoni, i neutroni, i fotoni e le altre particelle sub-atomiche. Sembrerebbe quindi poco delicato accusarlo di «non aver capito» qualcosa nel formulare le leggi della meccanica classica, che sono perfettamente valide per tutti i corpi di dimensioni superiori. Presentato come un attacco a Newton, il libro sarebbe accolto con gioia da qualche residuo idealista di scuola crociana e farebbe certamente la felicità dei filosofi post-moderni alla Foucault, che vi vedrebbero una conferma dell’inutilità e della pericolosità della scienza.
Attacco ingeneroso
Qualcosa del genere sta succedendo in questi giorni con Darwin. In un libro intitolato «Gli errori di Darwin» («What Darwin got wrong» nell’edizione inglese) il filosfo Jerry Fodor e lo studioso di scienze cognitive Massimo Piattelli Palmarini lanciano un ingeneroso attacco al padre dell’evoluzione biologica, accusandolo di non aver capito che, oltre alla selezione naturale imposta dall’ambiente ecologico, esistono delle limitazioni «interne» di natura molecolare, che limitano in modo drammatico le possibilità di variazione degli esseri viventi. Questa, naturalmente, non è una novità per i biologi, che da decenni studiano i geni implicati nello sviluppo degli organismi superiori e in particolare degli animali complessi. Si sa ora che la formazione di un embrione e il suo progressivo cammino verso la nascita è regolato da una intricatissima e per ora scarsamente conosciuta rete di geni, le cui casuali variazioni - le mutazioni - hanno quasi sempre effetti deleteri che interrompono il normale sviluppo.
E’ vero, quindi, che le vie della variazione sono molto limitate e impervie, e che ogni variazione nel programma di sviluppo è rigidamente filtrata dai suoi effetti sulle molecole coinvolte e sulla loro interazione con altri componenti cellulari. In una bellissima serie di lavori sui fringuelli delle Galapagos (gli stessi studiati da Darwin), ad esempio, alcuni ricercatori della Harvard Medical School hanno dimostrato che le variazioni nella forma del becco osservabili in 14 specie di questi uccelli sono dovute a piccole variazioni, nel corso dello sviluppo, dell’attività di due geni, uno che controlla la larghezza e lo spessore del becco e l’altro la sua lunghezza. La diversa forma del becco si adatta perfettamente alle abitudini alimentari della varie specie: quelle con un becco più corto e robusto mangiano germogli e frutti, quelle con becco più lungo e appuntito vermi e larve.
E’ perfettamente possibile che variazioni nell’attività di questi geni che dessero al becco una forma a trombetta non siano possibili, in quanto incompatibili con il normale sviluppo dell’embrione (oltre a rendere l’alimentazione problematica dopo un’improbabile nascita). Anche se ricerche molecolari di questo tipo non sono citate nel libro di Fodor e Piattelli Palmarini, ne sono certamente a conoscenza e sicuramente concordano sulle loro implicazioni nel processo evolutivo. Tuttavia sostengono che le variazioni osservate nel corso dell’evoluzione sono quelle, e solo quelle, permesse dalle limitazioni molecolari interne citate sopra, e che queste limitazioni siano il solo filtro per la comparsa di nuove specie. La selezione imposta dall’ambiente in cui gli individui mutati vivono avrebbe, secondo i due studiosi, un effetto marginale o trascurabile. Non più quindi selezione del più adatto all’ambiente, come postulato da Darwin, ma semplice comparsa di varianti, quelli permessi dalle limitazioni interne, che poi conviverebbero (senza competizione?) insieme con i loro progenitori.
 difficile, tuttavia, capire come, sotto la sola pressione delle mutazioni, possano affermarsi nuove specie. Le mutazioni sono eventi rarissimi e casuali: impossibile immaginare che casualmente insorgano mutazioni identiche in molti individui di una stessa specie, in numero sufficiente per fondare una specie nuova, senza che essi abbiano un qualche vantaggio, nell’ambiente in cui vivono, che li renda più adatti a procreare rispetto ai membri della specie da cui derivano. A meno di assumere che la fissazione di nuovi caratteri nelle specie sia dovuta sempre ed esclusivamente al caso: se per esempio un evento esterno di tipo drammatico elimina il 95% di una popolazione, nel 5% rimasto un carattere che prima era minoritario può casualmente risultare maggioritario.
Programmi di sviluppo
Ciò che fanno Foder e Piattelli Palmarini sostanzialmente è ricordarci che la prima selezione avviene prima della nascita ed è dettata dagli imperativi dei programmi di sviluppo embrionale e fetale. Forse sarebbe bastato dire questo, senza attibuire a Darwin errori che non ha fatto. Il libro avrebbe pututo allora intitolarsi «L’ambiente ecologico non è l’unica fonte di selezione naturale».
Certo, con un titolo del genere, il libro sarebbe piaciuto molto meno ai creazionisti e ai sostenitori di un «Intelligent Design» e il numero di copie vendute sarebbe stato infinitamente più basso.