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 2010  aprile 28 Mercoledì calendario

A FIDO NON MANCA LA PAROLA

Sanno ritrovare la propria casa distante centinaia di chilometri, ci aiutano nei compiti più difficili e pericolosi, non si tirano indietro se devono trovare un chilo di cocaina o individuare un uomo sotto una valanga. Sembra anche che conoscano il nostro linguaggio meglio di quanto noi non capiamo il loro e, secondo alcuni, possiedono capacità «sensitive». Non sono supereroi da fumetto, ma cani.
Sulla loro intelligenza, plasmata da migliaia di anni di evoluzione al nostro fianco, sono stati compiuti molti studi. Uno degli ultimi, presentato all’American Psychological Association, è quello di Stanley Coren, professore all’università canadese della British Columbia, e che comprende, in barba al «politically correct», una classifica di 110 razze ordinate per capacità cognitive.
Nella graduatoria svetta il border collie, seguito a poche lunghezze «di coda» da barboncino e pastore tedesco e poi giù, fino al meno dotato levriero afgano. Professore, quali parametri di valutazione ha usato?
«Lo studio si basa sulle valutazioni ottenute da 209 giudici nelle competizioni di obbedienza canine del Nord America. L’analisi prende in considerazione solo una componente, quella che chiamo l’intelligenza da lavoro».
I cani possiedono diversi tipi di intelligenza?
«Sì. Tre tipi: l’istintiva, basata su quello per cui la razza è stata allevata, poi c’è l’intelligenza adattativa, legata a quanto il cane impara dall’ambiente nel risolvere determinati problemi, e quella da lavoro: la potremmo chiamare ”scolastica” ed è ciò che il cane impara seguendo i nostri insegnamenti».
Quali pressioni adattative hanno portato un labrador ad essere più intelligente di un levriero?
«La linea di divisione sembra essere l’età della razza. Le più giovani, come il labrador, che è stato selezionato a partire dal XIX secolo, sono nate per capire e fare ciò che chiediamo loro. La pressione selettiva, quindi, si è basata sulla loro capacità di comunicare con noi. In un certo senso abbiamo manipolato la loro intelligenza. Al contrario, i cani come i levrieri appartengono ad una razza molto antica - si ritrovano testimonianze tra gli Egizi - e hanno sempre fatto quello che dovevano fare, vale a dire cacciare, più per istinto che per apprendimento. Così hanno ”lavorato” per conto proprio senza cooperare con l’uomo, che doveva solo arrivare in tempo per far sì che il cane non mangiasse la preda».
Darwin sosteneva che, «per quanto grandi possano essere, le differenze nelle capacità mentali dell’uomo e degli animali più elevati sono di tipo quantitativo e non qualitativo». E’ d’accordo?
«Sono state fatte numerose analisi comportamentali e test psicologici, come quelli usati per studiare l’intelligenza dei bambini in fase preverbale: si è dimostrato che l’intelligenza dei cani è pari a quella posseduta da un bambino di due anni e mezzo».
Anche per quanto riguarda le «emozioni» c’è una differenza di intensità e non di sostanza?
«I cani hanno le emozioni ”base”, quali la rabbia, la paura, la gioia, la sorpresa, il disgusto e la tristezza. Ovviamente, essendo al livello cognitivo di un bambino, non si può pretendere, come fanno alcuni padroni, che posseggano un livello emotivo più complesso, capace di senso di colpa o vergogna».
Eppure molti padroni obbietteranno che i loro cani, dopo aver commesso una «marachella», si comportano come se si sentissero in colpa. Perché?
«Quello che la maggior parte della gente vede come senso di colpa altro non è che paura della punizione. Se un cane è stato punito in passato per aver rovesciato il bidone della pattumiera, mostrerà la stessa reazione di paura».
L’etologo Irenaus Eibl-Eibesfeldt sosteneva che il cane fosse l’unico mammifero in grado di vivere realmente con noi. Che cosa pensa?
«Il feeling uomo-cane non esiste con altri animali e l’abilità del cane di capire la comunicazione umana è stata selezionata geneticamente. Se si indica qualcosa con la mano, guarda in quella direzione, anche se è un cucciolo di due mesi. Al contrario il lupo si limiterà a fissare la mano, anche se è un esemplare cresciuto in cattività».
Nel suo ultimo libro, «Capire il linguaggio dei cani», lei analizza la comunicazione tra noi e i quattro zampe: quanto capisce un cane del linguaggio umano?
«Da uno studio del Max Plank Institute emerge che sono in grado di capire mediamente 165 tra parole e gesti. Il record l’ha ottenuto un border collie di nome Rico che ne conosce 250 e riesce ad avere delle performance logiche degne di nota. In un test gli veniva chiesto di andare a prendere, in mezzo a diversi oggetti che conosceva, uno di cui sentiva il nome per la prima volta. Arrivato di fronte agli oggetti, dopo averli analizzati uno ad uno, ha deciso di prendere l’unico che non aveva mai visto. Questo è rilevante perché ha ragionato per esclusione, del tipo ”so i nomi degli oggetti e, se mi hanno chiesto qualcosa che non conosco, dev’essere qualcosa di cui non so ancora il nome”».
I cani sono così intelligenti da possedere quella che i neurofisiologi chiamano «teoria della mente», vale a dire la consapevolezza degli stati mentali altrui?
«Alcune ricerche suggeriscono una rudimentale teoria della mente: mentre giocano, i cani sembrano intuire il grado di attenzione del compagno di gioco e lo richiamano all’ordine con piccoli morsi o mugolii, se lo vedono distratto».