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 2010  aprile 28 Mercoledì calendario

IL PAESE DIFENDE I PRIVILEGI CHE L’HANNO PORTATO VICINO AL CRAC

Nel giorno dell’appello di ispirazione churchilliana del premier George Papandreou («è il momento più difficile della nostra storia recente, dobbiamo cambiare tutto per salvare il paese» i sindacati ellenici rispondono a suon di scioperi: per mezza giornata ieri c’è stata la fermata di tutti i trasporti pubblici, che ha prodotto l’ennesima paralisi del traffico già di norma caotico della capitale. Nel pomeriggio le due organizzazioni sindacali più forti – la Gsee, presente nel settore privato e soprattutto nelle utilities e nelle banche pubbliche, e l’Adedy, che rappresenta statali ed insegnanti – hanno deciso di proclamare per il prossimo 5 maggio un nuovo sciopero generale. Infine, nel tardo pomeriggio le vie del centro di Atene sono state percorse da due cortei: il più consistente (circa 15mila persone) dell’Adedy, l’altro più battagliero ma ugualmente pacifico organizzato dalla costellazione del forte movimento anarchico. Duemila manifestanti a chiedere tra l’altro la liberazione di alcuni militanti arrestati. Molti muniti di grossi bastoni con bandierine nere, un sacco di polizia in assetto di guerra, ma nessun incidente per fortuna.
Brutte notizie per il premier socialista, che comincia a fare i conti con il fronte interno. Le due confederazioni sono in linea generale di orientamento filosocialista, ma da un lato sono sottoposte alla forte pressione della base, e dall’altro intendono lanciare un messaggio chiaro al governo del Pasok, visto che con l’arrivo dei soldi (e dei presumibili diktat) del Fondo Monetario Internazionale ci sono tutte le ragioni per prevedere superstangate, a partire da liberalizzazioni, privatizzazioni, e nuove riforme delle pensioni.
Noi italiani conosciamo bene il problema: in Grecia i dipendenti pubblici (che godono del posto a vita) una volta riuscivano ad andare in pensione anche prima del quarantesimo compleanno. Fino all’anno scorso, una insegnante con 27 anni di servizio e un figlio piccolo riusciva a smettere di lavorare anche alla giovane età di 52 anni. Adesso bisogna reggere fino a 60 anni di età, ma l’assegno viene calcolato sugli ultimi tre-cinque anni di stipendio, ovviamente quelli più «ricchi» e vantaggiosi. Il governo vorrebbe arrivare almeno a quota 63 anni, e far calcolare la pensione sull’arco dell’intera vita lavorativa, riducendo l’importo degli assegni. Probabilmente al Fondo Monetario Internazionale hanno idee ancora più drastiche.
Una medicina molto amara, considerando peraltro che finora i ricchi e gli opulenti e protetti evasori fiscali non hanno subìto praticamente alcuna conseguenza della crisi. La Gsee se la prende con «i ricatti neo-liberisti e le richieste della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale per decurtare i diritti sociali ed economici dei lavoratori». Il corteo dell’Adedy di ieri chiedeva «che la crisi sia pagata dai ricchi». Papandreou grandi margini di manovra non ne ha: ieri, ai parlamentari del Pasok e in un messaggio pubblico ha detto che è un «dovere patriottico» salvare la Grecia dalla bancarotta; che verrà condotta «una lotta di liberazione per uscire dalla tutela dell’Ue e dell’Fmi». Ma ora gli aiuti sono necessari per non doversi più preoccupare dello spread, come succede da sei mesi, e avere la tranquillità necessaria per «cambiare completamente questo paese» attraverso grandi riforme.
Ieri, ad esempio, è stato annunciato il cosiddetto piano Kallikratis per riorganizzare drasticamente le amministrazioni locali e (tra l’altro) risparmiare 1,8 miliardi l’anno. Si punta a ridurre i Comuni dell’Ellade a soltanto 370; a portare da 6.000 a 4.000 gli enti e le società municipalizzate; a dimezzare il numero degli amministratori eletti e portare da 50 a 25mila il numero di sindaci, prefetti, consiglieri municipali e provinciali. Ancora, è in vista una radicale ristrutturazione dell’Ose, le indebitatissime ferrovie pubbliche. Si tratta insomma di eliminare privilegi e lussi che hanno ridotto la Grecia sul lastrico. I greci non ne vogliono sentir parlare: e scenderanno ancora in piazza.