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 2010  aprile 28 Mercoledì calendario

CITATI, IL VIAGRA E L’IRA DEI LEGHISTI

«Una cosa vomitevole». Alla Lega ribolle il sangue. A dire poco. Il primo degli infuriati è Luca Zaia. Il neo governatore padano del Veneto ha appena letto sulla prima pagina di Repubblica il «racconto» in forma di dialogo che Pietro Citati ha pubblicato ieri. Titolo: «Le bretelle della Repubblica ai tempi del Viagra». Nel pezzo, sottoforma di confidenza fatta da un amico, il letterato fiorentino racconta che Bossi «per accrescere la propria forza ingoiò non una ma due pasticche di Viagra. Gli venne un colpo; e di notte, segretamente, venne portato in una clinica svizzera. Ora, se lo vedi alla televisione, balbetta, biascica, sbrodola». Va detto che, per equità, Citati cita anche il caso di «un aristocratico senese... che ha una passione per la sinistra. Stranamente, è amico di un grasso fascista». Anche lui, «in un momento di delirio erotico», prese del Viagra e «cadde a terra». Nel dialogo, Citati immagina un Paese «in cui il Viagra si diffonderà tra vecchi e giovani... e crescerà in sciocchezza». E in cui Bossi arriverà al Quirinale: «Immagina, ti prego, la bellezza incomparabile dei suoi discorsi di fine d’anno: voci dialettali, parolacce, oscenità, errori di grammatica e di sintassi... ».
Il Carroccio non ha gradito. Il direttore di Radio Padania, l’eurodeputato Matteo Salvini, annuncia che inviterà Citati «a confrontarsi con i nostri ascoltatori. Magari scoprirà che non sbagliano né congiuntivi né condizionali». E fin qui, si trattiene. Poi, riprende: «C’è ottantenne e ottantenne. Ce ne sono alcuni dalla mente brillante come Enzo Bettiza (che sul Corriere ha elogiato il Carroccio come erede dello spirito austro-ungarico). E poi ci sono ottantenni invidiosi, gelosi e rancorosi, che io vedrei meglio ai giardinetti del parco. Comunque, lunga vita: è grazie a questo genere di commenti che la Lega cresce».
Ma, appunto, il primo ad indignarsi era stato Luca Zaia: « venuta meno qualsiasi regola della normale decenza. Bossi è stato male davvero e non certo per le pasticche di cui parla Citati. Ma qui siamo oltre: manca il rispetto per la persona, per i suoi familiari, per chiunque». Prosegue il governatore: «Ma poi non si capisce. Ma a che cosa giova spingersi a questi livelli? Non c’è politica, non c’è astio, non c’è vendetta che giustifichino una caduta di stile di questo genere».
Zaia invita Citati a «fare pubblica ammenda, a chiedere scusa. Perché quel che ha scritto è vergognoso». Poi si ferma, sembra colpito da un pensiero, e conclude: «A meno che non sia una nuova strategia, l’utilizzo per le battaglie politiche di ultra ottantenni dalla raggiunta immunità biologica».
Disgustato anche Roberto Castelli. Il viceministro vede «una serie di giornalisti e intellettuali che, passati gli ottant’anni, son sempre più incavolati perché nessuno gli dà più retta. E così finiscono con il perdere anche l’umanità. Penso sia questione di invidia, invidiano gli altri per la loro vita attiva. E uno come Bossi, che ha dato una prova di forza incredibile, indispone questi vecchi».
Ma Pietro Citati non arretra di un passo. Anzi: rincara. «Sono arrabbiati? Lo spero bene: era il mio scopo». Lo inviteranno a un confronto su Radio Padania: «Ma io non parlo con loro. Penso che Bossi sia uno dei colpevoli, anzi, il massimo colpevole del degrado della vita politica italiana». Citati non ha gradito neppure le parole di Enzo Bettiza nell’intervista ad Aldo Cazzullo: «L’idea che ci sia qualcosa in comune tra la Lega e l’Austria-Ungheria è semplicemente ridicola: Francesco Giuseppe, uno come Bossi, non l’avrebbe preso neppure come stalliere».
Marco Cremonesi