Elisabetta Rosaspina, Corriere della Sera 28/04/2010, 28 aprile 2010
LISBONA: NON SIAMO FUORI CONTROLLO. CI ATTACANO MA MIRANO A MADRID
«Dio ci conservi gli inglesi. Senza di loro la Spagna ci avrebbe divorato da tempo». Il vecchio portiere portoghese accompagna con un sorriso riconoscente, e con un commento storicamente fondato, l’ignaro gruppo di turisti londinesi che lasciano l’hotel carichi di souvenir di Lisbona. Ma al giorno d’oggi nemmeno la granitica passione anglosassone per la capitale lusitana e per le coste dell’Algarve riesce ad arginare la paurosa deriva finanziaria dell’occidente iberico.
Risparmiato dalla cenere del vulcano islandese, il Portogallo inizia a fiutare il fumo, anzi l’odore di bruciato che arriva dalla Grecia e che ha solo momentaneamente oltrepassato la Spagna. La sindrome del «saremo noi i prossimi» è palpabile nelle preoccupazioni di chi fatica al mattino a trovare un mezzo pubblico per andare al lavoro. Gli scioperi quotidiani, e piuttosto riusciti, nel settore dei trasporti, lasciano a terra i pendolari e soprattutto il morale.
I ferrovieri protestano per i loro stipendi, fermi ormai da anni. E i funzionari della pubblica amministrazione aderiscono, anche se meno massicciamente, per dissuadere il governo socialista di José Socrates a calare la mannaia sulle spese statali per ridurre il deficit quest’anno dal 9,4% all’8,3%. E un sempre più famelico debito pubblico, che rappresentava il 78% del Pil alla fine del 2009, ma che ruota già attorno all’86%, e che minaccia di arrivare al 108% entro il 2012. Ma anche l’opposizione, con il nuovo leader del Partito social democratico, Pedro Passos Coelho, non vede alternativa al severo contenimento dei salari della pubblica amministrazione «almeno fino al 2013». Sì, ci sarebbe un possibile aumento della pressione fiscale: nei piani del governo rientrano un incremento del 20% di tasse sulle plusvalenze immobiliari e un aggravio dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dal 42% al 45% per le entrate complessive superiori ai 150 mila euro. Ma ciò non basterà comunque a evitare il congelamento per altri tre anni di prestazioni sociali come i bonus familiari, i sussidi ai disoccupati (ormai più dell’11% della popolazione attiva) e agli anziani.
La Spagna, la cui economia in confronto è florida nonostante una disoccupazione al 20%, avverte che l’arrembaggio degli speculatori alla penisola iberica parte proprio da lì, dal Portogallo, con l’obiettivo di estendersi fino aMadrid: «La nostra situazione è infinitamente migliore di quella della Grecia’ si è sgolato negli ultimi giorni José Silva Lopes, ex governatore del Banco del Portogallo – ma gli speculatori ci attaccano perché sentono odore di sangue». L’ultimo bollettino della banca nazionale era tutt’altro che catastrofico, segnalando tra l’altro – relativamente al consumo privato – la sorprendente ripresa delle vendite di automobili, nel primo trimestre dell’anno, con un’impennata addirittura quasi del 70% per i fuoristrada. Vero anche che, alla fine del 2009, le percentuali erano equivalenti, ma precedute dal segno meno.
Le discussioni sulla rapidità con la quale l’esecutivo di Socrates, rieletto pochi mesi fa, ha varato le promesse nozze omosessuali trovano pesanti argomenti, nei dibattiti televisivi, tra gli oppositori che ricordano i 150 mila posti di lavoro garantiti dallo stesso premier nella campagna elettorale precedente. Se va bene, troveranno o ritroveranno impiego non più di 30 mila persone tra quest’anno e il 2011.
Ma se molti portoghesi ritengono che, in fondo, si tratti soltanto di numeri e lamentino l’accerchiamento, anche mediatico, della Ue, il corrispondente del Financial Times e dell’Economist, l’inglese Peter Wise, residente a Lisbona da 35 anni, considera in un’intervista che «quanto accade oggi in Portogallo ha un peso in tutto il resto d’Europa. La crisi in Grecia’ secondo Wise’ è un chiaro esempio di come un Paese relativamente piccolo possa riflettere un impatto enorme su tutto il resto d’Europa».
Meglio pensare alla visita del Papa, in arrivo tra un paio di settimane, ai giorni festivi concessi dal governo per l’occasione; e non ai neri pronostici di ricercatori come Peter Boone della London School of Economics che prefigura l’imminente richiesta portoghese di aiuti finanziari a Bruxelles: «I tedeschi saranno i primi a stufarsi» vaticina gravemente. L’importante è che Dio conservi loro almeno gli inglesi.
Elisabetta Rosaspina