Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 28/04/2010, 28 aprile 2010
E L’EUROPA SI RITROVA A 3 VELOCIT
Forse la Grecia riuscirà a evitare la crisi d’insolvenza e a smentire i mercati che dimostrano di temerla nel momento in cui alzano sempre più il premio al rischio sui titoli pubblici ellenici.
Forse il salvataggio in extremis di Atene scongiurerà l’effetto domino sui paesi più deboli che, invece, il sistema bancario occidentale ha subìto a causa del crac Lehman. Forse. Resta il fatto che l’Europa sta già andando non a due ma a tre velocità: c’è l’Unione a 27, vasta zona di libero scambio, ci sono i 16 di Eurolandia e, fra questi ultimi, un’avanguardia di forti e una retroguardia di derelitti sempre più distanti. Anche se la moneta unica non perderà aderenti, la dura realtà del debito, pubblico e privato, sta ridefinendo le relazioni tra Stati e riducendo, di fatto, la stessa sovranità nazionale anche laddove i Trattati non l’avevano toccata.
L’Italia ne sa qualcosa. Negli Anni 90, quando era la pecora nera d’Europa, dovette accettare una disciplina finanziaria che ha tarpato le ali alla sua economia in precedenza drogata dal debito pubblico. Lo pretese la Germania che, rinunciando al marco e con ciò estendendo la sua fideiussione al debito pubblico dei paesi meno virtuosi, pretendeva tangibili contropartite. Con la Grecia ci risiamo. Ma la situazione è molto più grave. Intanto, non si può più contare sul generale ribasso dei tassi che favorì i debitori di 15 anni fa: i tassi sono già al minimo. L’Italia allora disponeva di un ricco risparmio privato. Gli eurocrati non ne tennero gran conto, la stessa Italia non lo fece valere: altri tempi, altre egemonie politiche, culturali e affaristiche. E tuttavia quel risparmio ha sostenuto la ristrutturazione del sistema delle imprese. In Grecia – e negli altri Paesi europei a rischio di contagio – il risparmio privato è modesto. L’Italia aveva molto da privatizzare, e molto ha privatizzato. Grecia, Portogallo, Spagna e Irlanda non hanno questo tipo di risorsa in misura paragonabile, anche tenendo conto, ovviamente, delle proporzioni. Ma quel che è peggio è che pure la Germania appare indebolita dalla recessione. Il debito pubblico di Berlino si va consolidando a una ventina di punti oltre il tetto del 60% fissato dal Trattato di Maastricht. E’ possibile che le prossime elezioni regionali inducano oggi il cancelliere Angela Merkel a un supplemento di durezza per ragioni propagandistiche. E’ vero che la sua quota di soccorsi alla Grecia è uguale, in proporzione, a quella degli altri partner europei. Ma una Germania più debole, che resta comunque la più forte rispetto agli altri, è meno disposta a transigere. Pretendere dalla Grecia una sensibile e verificabile riduzione del tenore di vita per rimborsare i debiti ha senso in assoluto e ne ha uno ancor più forte ove si considerino le menzogne di Atene e l’incapacità della Ue di accorgersene, che fa il paio con l’insipienza delle banche centrali nei confronti delle banche vigilate. Ma non bisogna dimenticare che esiste un limite oltre il quale la richiesta di rigore rende più conveniente dichiarare fallimento. E trovare il modo, peraltro non regolato dai Trattati, di uscire dall’euro.
Massimo Mucchetti