Dario Di Vico, Corriere della Sera 27/04/2010, 27 aprile 2010
LA GRANDE ALLEANZA TRA COMMERCIANTI E ARTIGIANI
Oggi a Roma con la riunione dei gruppi dirigenti delle confederazioni dell’artigianato e del commercio inizia la volata finale dell’«Operazione Capranica». Si sceglierà il nome e si decideranno i dettagli della manifestazione del 10 maggio che consacrerà la nascita di un unico soggetto di rappresentanza, a cui faranno capo all’incirca due milioni di imprese. E così nel mese tradizionalmente monopolizzato dalle assemblee annuali di Confindustria e Banca d’Italia fa capolino un altro appuntamento che, se non ha il prestigio degli altri due, ha però mediaticamente il vantaggio della novità. Va a sparigliare gli stanchi meccanismi della concertazione triangolare e va a ridisegnare anche i rapporti tra economia e politica, vuoi in termini di consenso/dissenso rispetto alle scelte di politica economica del governo, vuoi più prosaicamente in termini di bacino elettorale.
Ma cosa si propongono davvero Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato, Cna e Casartigiani? E che tipo di unità hanno raggiunto? Usando uno slogan, potremmo dire che i cinque di Capranica ambiscono a partecipare al processo di definizione dell’agenda del Paese, a partire ovviamente dalla riforma fiscale ma estendendo la loro attenzione ai temi del federalismo, della formazione e della scuola, della semplificazione legislativa, delle infrastrutture. Se prese singolarmente, le cinque associazioni oggi si comportano a Roma come dei sindacati d’azienda e sul territorio come degli erogatori di servizi, l’operazione Capranica prevede di salire almeno di un gradino e di elevare dunque la qualità e l’interlocuzione della loro proposta. Gli entusiasti arrivano a illustrare l’Operazione come un’uscita dalle forme novecentesche della rappresentanza schiacciata nel triangolo fordista delineato da grande impresa-grande sindacato-politica. Per cercare di tener fede a questa suggestione, l’impegno delle singole associazioni è di superare le identità preesistenti e crearne una nuova, ma ovviamente i risultati si potranno vedere solo sul medio periodo. Perché se non esistono più le differenze tra «bianchi» e «rossi» e il collateralismo con la politica è stato totalmente derubricato anche a sinistra, restano però le differenze tra artigianato e commercio ed esistono anche delle contraddizioni interne visto che ad esempio in Confcommercio convivono i big della grande distribuzione e i piccolissimi esercenti.
Nessuna fusione all’orizzonte
Attenzione però, i presidenti del club Capranica, i Sangalli, iMalavasi, i Venturi, i Guerrini, i Basso, sono tutti dirigenti che non amano i voli pindarici e preferiscono fare un passo alla volta. Anche perché lavorano controcorrente, visto che tradizionalmente le fusioni, sia nella rappresentanza sia nella politica, o non si sono realizzate (Cgil-Cisl-Uil) o hanno dato magri risultati (dal Psi-Psdi al Pd di oggi). Non è dunque una fusione tra le cinque organizzazioni quella che andrà in scena il 10 maggio, c’è tempo. Per ora si mettono assieme solo i quartier generali e si dà piena libertà di azione alle organizzazioni territoriali. La parola d’ordine per le province è questa: chi vuole replicare l’Operazione Capranica sul territorio è libero di farlo e la sua azione è meritoria, chi preferisce aspettare non sarà assolutamente scomunicato. difficile oggi disegnare una mappa dei rapporti unitari in periferia ma sicuramente la Toscana sembra essere la regione più avanzata.
Come funzionerà la governance del nuovo patto, messa a punto da delicate trattative che hanno visto protagonisti, in qualità di sherpa, i cinque direttori generali? Nascerà una Fondazione che avrà un compito che potremmo definire di think tank, a presiederla sarà Giuseppe De Rita che sarà affiancato da altri professori come Paolo Feltrin, Aldo Bonomi e Stefano Zan e da un direttore di nuova nomina pescato dall’esterno. La fondazione avrà il compito di creare una cultura comune tra le organizzazioni e in qualche maniera di dialogare con l’opinione pubblica. Farà ricerca e si incaricherà di seguire un certo numero di progetti. Il potere esecutivo sarà in mano a una presidenza in totale di dieci persone, presidente e direttore generale di ciascuna associazione. Una sorta di «ufficio politico» che ogni sei mesi, a rotazione, designerà un portavoce scelto tra i cinque presidenti. Sarà il portavoce a rappresentare il club Capranica nei rapporti con il governo e nella partecipazione ai tavoli di consultazione, ma comunque resta garantita l’autonomia delle singole sigle. In definitiva il processo di unità viene accompagnato passo passo con grande attenzione per non operare forzature che si potrebbero rivelare controproducenti. Così del resto si è andati avanti in questi anni dalla prima riunione al cinema Capranica nell’ottobre 2006 indetta per contestare la Finanziaria di Romano Prodi e Vincenzo Visco. E siccome il metodo dei piccoli passi ha funzionato è diventato quasi una filosofia.
I cinque presidenti si sbracciano a dire che l’Operazione non è diretta contro nessuno e ciò dimostra il loro buon senso, ma è evidente che in qualche misura la concorrenza nei confronti di Confindustria si farà più serrata. Sul territorio le Unioni Industriali hanno profili molto differenti tra loro ed esprimono leadership provenienti in qualche caso dalle aziende pubbliche (Milano), dal terziario (Monza) o dai Piccoli (in quasi tutto il Veneto). E di conseguenza la tipologia della concorrenza con le confederazioni dell’artigianato e del commercio cambia da situazione a situazione. L’episodio che però testimonia di un nuovo clima di competizione è quello legato alla conquista da parte di Ferruccio Dardanello nel 2009 della presidenza Unioncamere a scapito del candidato confindustriale. In quel caso la coalizione dei Piccoli è riuscita a spuntarla e il successo ha sicuramente galvanizzato gli autori del blitz, autorizzandoli a pensare che operazioni analoghe si possano replicare all’infinito sul territorio in fase di rinnovo dei vertici delle singole Camere di Commercio. Ma i più lungimiranti tra i dirigenti dell’artigianato non sono così entusiasti di un esordio della nuova sigla all’insegna del motto: «Uno, dieci, cento Dardanello». Prevarrebbe un’immagine più legata all’assalto alle poltrone che all’elevazione della qualità della proposta.
Chi invita alla moderazione pensa a progetti in comune di più lungo respiro che anche se non sono stati ancora decisi (e non è detto che lo siano) sono indicativi delle ambizioni che sorreggono l’Operazione Capranica. Si parla di una scuola comune di formazione della dirigenza, dell’ipotesi di studiare un contratto unico di lavoro e di mettere a punto una road map per il rafforzamento delle strutture dei Confidi. possibile poi che il nuovo polo della rappresentanza finisca per esercitare, non in termini meramente associativi, una qualche influenza sulle organizzazioni delle partite Iva e sul mondo della cooperazione (specie quello rosso rimasto sostanzialmente orfano della politica) e su altre organizzazione come la Confapi, che per ora non hanno voluto far parte del progetto. Non ci sono ancora reazioni ufficiali dal fronte delle confederazioni sindacali ma sembra probabile che almeno da parte di Cisl e Uil ci sia nei confronti del nuovo club un atteggiamento di simpatia.
Nuovi rapporti con i partiti
Resta la politica. Il governo non può non essere contento, almeno in prima battuta, di una semplificazione della rappresentanza. Meno sigle, meno confusione, procedure più spedite e risultati più certi. Poi, però, bisognerà valutare che una cosa è contrattare con cinque simpatici nani e altra è farlo con un solo gigante ma tutto sommato i benefici, visti da Palazzo Chigi, sono giudicati superiori ai costi. Del resto i comportamenti di un’organizzazione parallela e concorrente della Confindustria non potranno che essere analoghi, almeno sul piano del metodo. Non ci saranno governi amici o avversari a prescindere e quindi l’interlocutore principale sarà giocoforza chi di volta in volta uscirà vincitore dalle urne. Più complesso è il rapporto con i singoli partiti. Il Pd perde presa diretta su Cna e Confesercenti ma ormai si tratta di un processo largamente scontato e irreversibile e quindi Pier Luigi Bersani non potrà che guardare con favore all’operazione Capranica. La Lega per bocca di uno dei suoi massimi dirigenti, Giancarlo Giorgetti, ha detto di approvare lo sforzo unitario delle confederazioni artigiane e del commercio, ma non è pensabile che il Carroccio rinunci a coltivare un collegamento diretto con il mondo delle piccole imprese per il valore identitario che quel mercato politico e di consensi rappresenta per gli uomini di Umberto Bossi. Non è un caso che la Lega’ non si sa con quali risultati – abbia aperto nella sua sede di via Bellerio uno "sportello per le Pmi" generando scetticismo e critiche da parte delle organizzazioni di Capranica. E anche sul territorio, in quella speciale provincia che per la Lega è Varese, non sono mancati momenti di frizione con la Confartigianato proprio sulla definizione dei confini tra politica e rappresentanza.
Dario Di Vico