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 2010  aprile 26 Lunedì calendario

SIRINGHE, BISTURI E AGHI ”MADE IN CINA”: «LE ASL RISPARMIANO SULLA NOSTRA PELLE»

Gli ultimi ad alzare la voce sono stati i genitori di alcuni bambini diabetici della Campania. Le loro Asl, per risparmiare, hanno acquistato misuratori per la glicemia made in Corea: i documenti sembravano in regola ma, al momento delle analisi del sangue, i risultati si sono rivelati inattendibili. E pericolosi. «Si trattava di macchinette che, evidentemente, non erano ben tarate - spiegano all’Associazione per l’aiuto ai giovani diabetici -. Non sappiamo bene. Certo è che l’esito non corrispondeva ai valori veri dei ragazzi. Questo, per la maggior parte dei casi, ha voluto dire somministrare dosi, troppo cariche o troppo scarse, di insulina. Si possono immaginare gli esiti». I bambini diabetici devono sottoporsi a circa 6 controlli al giorno, a volte anche di più. Sono bastati, dunque, pochi giorni perché i ragazzi e i familiari si rendessero conto che i numeri dati da quelle macchinette stavano minacciando il già difficile equilibrio dei piccoli pazienti. La Asl ha fatto le sue verifiche, la partita dei misuratori coreani è stata ritirata e sostituita. A Milano l’Associazione per l’aiuto ai giovani diabetici è in pre-allarme da oltre un anno: temono che i tagli a cui sono state costrette molte aziende sanitarie vogliano dire, nella realtà, forniture di qualità più bassa e più economica. Forniture che per i diabetici, sia piccoli che grandi, si materializzano in aghi, siringhe, striscette reattive da inserire negli apparecchi lettori. Un arsenale che i bambini portano regolarmente a scuola, un arsenale che permette di controllare lo stato di salute ora per ora, che tranquillizza o dà l’allarme.
I 45mila italiani stomizzati (una sacca esterna per chi ha avuto interventi demolitivi all’intestino), un esercito silenzioso che fa fatica a farsi sentire, sta battagliando per timore che i buchi finanziari obblighino le loro aziende sanitarie ad offrire sacche meno resistenti, più rigide, più ”difficili” da portare. Si parla di pazienti che conoscono il mercato meglio degli industriali. Sanno che la Cina si sta buttando su questi prodotti con una maestria inimmaginabile. Copie perfette, etichette quasi perfette: la Comunità europea impone un marchio con ben visibili due lettere, C E appunto, e in Cina hanno trovato un sistema per aggirare l’obbligo: viene scritto C E ma sta per ”China export”. L’Associazione degli stomizzati si è trovata a fare i conti con forniture sicuramente più convenienti ma meno ”adattabili” per i pazienti. Che parlano di maggiori dolori, di difficoltà nella gestione della sacca e altri problemi che troppo spesso appesantiscono una situazione già tanto pesante.
Chi vive sulla sedia rotelle perché disabile dalla nascita o perché costretto da un incidente, da un anno a questa parte, ha un altro fronte contro il quale lottare: quello delle forniture delle Asl. «Molti di noi - si lamentano le associazioni dei paraplegici - abbiamo bisogno di un catetere fisso dal momento che le nostre funzioni fisiologiche non hanno più l’autonomia di una volta. Quel catetere ci permette di uscire, di fare una vita normale, di tutelare il nostro privato. Sappiamo che in Corea come in Cina vengono ormai sfornati cateteri a basso costo ma di vecchio stampo. Ormai esistono quelli che limitano al massimo le infezioni. Ci battiamo come possiamo ma è chiaro che a pochi interessa parlare o occuparsi dei nostri cateteri...Molti di noi arrivano a pagarli di tasca propria. Oscilliamo su cifre che superano anche i duecento euro al mese secondo i periodi».
«A tanti ragazzi che devono misurare la glicemia - aggiunge Carlo Sala vicepresidente dell’Associazione aiuto giovani diabetici della Lombardia - arrivano le striscette di qualità accettabile ma in una quantità risibile. Un esempio: ne servirebbero 200 al mese? Bene, non se ne possono dare più di 120. Non si prendano le nostre parole come un lamento». Si lamentano, invece, i chirurghi che continuano a temere l’entrata massiccia, nelle sale operatorie, di strumentazione non affidabile con requisiti sapientemente contraffatti. L’allarme era stato lanciato un paio d’anni fa dalla Società italiana di chirurgia: salute a rischio, bisturi cinesi sperimentati in ospedale. Gli specialisti, per esempio, contestavano la precisione della lama, la pesantezza dello strumento, i materiali utilizzati. «Sono competitivi - aveva detto Roberto Tersigni chirurgo del San Camillo a Roma allora presidente della Società - perché costano un terzo. A fronte di un possibile risparmio di 40 milioni di euro all’anno, su 5 miliardi di spesa per strumenti e farmaci, potremmo avere gravi ripercussioni sugli effetti del nostro lavoro». I camici bianchi dicono che i conti troppo spesso costringono a fare scelte economicamente più appetibili.
A guardare i bilanci delle Asl non ci si stupisce se gli addetti agli acquisti, nei bandi di gara, ”virano’ verso offerte più vantaggiose (sempre garantite dalle norme europee, assicurano al Ministero della Salute). Quasi 5 miliardi aziende sanitarie e ospedali devono alle aziende biomedicali, quelle che forniscono attrezzature elettromedicali, strumentazioni, diagnostiche, siringhe, garze bende etc. Un grattacielo di fatture insolute, denuncia ”Il Bisturi” rivista per addetti ai lavori, che sono concentrate soprattutto in tre regioni: Lazio, Campania e Puglia. Soldi che potrebbero essere reclamati con forza, attraverso azioni di pignoramento, per esempio. Malgrado la legge imponga alle Asl 30 giorni di tempo per il pagamento delle fatture la realtà è molto diversa: in Calabria i fornitori aspettano 784 giorni, in Campania 641. L’attesa media nella Ue è di 68 giorni. Da noi 200. I pazienti pagano caro questo ritardo.