MARCO SODANO, La Stampa 27/4/2010, pagina 7, 27 aprile 2010
ACCORDO SU GAS E PETROLIO, IL RUBINETTO RESTA A MOSCA
C’è una cifra da tenere a mente: 70 dollari al barile. Se il petrolio scendesse sotto questa quotazione sul lungo periodo, i conti pubblici russi non starebbero in piedi. La stabilità russa dipende dunque dal petrolio, di cui Mosca è uno dei grandi produttori mondiali, e soprattutto dal gas - il cui prezzo è ancorato a quello del greggio - di cui invece i russi sono il primo produttore mondiale. Oggi che il barile sta in area di sicurezza - vicino agli 80 dollari - il Cremlino si sente forte e getta le basi per espandere la sua egemonia energetica sull’Europa: più questa è ampia, più si abbassa la quotazione petrolifera sufficiente a garantire i conti di Mosca.
Durante l’incontro con Silvio Berlusconi, Vladimir Putin ha portato a casa soprattutto una certezza: la conferma dell’appoggio dell’Italia a Gazprom e al progetto Southstream, al quale lavora anche Eni. «I lavori cominceranno nella prima metà del 2012», ha annunciato Silvio Berlusconi. Per Putin è essenziale: quel gasdotto farà arrivare in Europa il combustibile dell’Asia centrale attraverso il territorio russo. Insomma, il rubinetto starà al Cremlino. «Grazie a Southstream non saremo mai né al buio né al freddo», ha aggiunto Berlusconi. Solo l’Italia importa dalla Russia il 32% del gas e il 23% del petrolio. E anche questo è essenziale per Putin e Medvedev: chi non vuole correre rischi, sa che dovrà tenere buoni rapporti con il colosso dell’oro blu. «Al progetto parteciperanno anche i francesi di Edf con una quota del 25%», ha concluso il premier russo. E un’altra fetta di mercato europeo è al sicuro. Il che garantisce a Gazprom profitti giganteschi, e al governo russo un periodo di serenità finanziaria.
C’è, naturalmente, anche il nucleare: come ha già fatto in Francia con Edf, Enel lavora ormai da anni allo sviluppo dell’atomo all’estero, in attesa di poter ripartire in Italia. Così il memorandum siglato ieri per la cooperazione nel settore nucleare - dalla costruzione di nuovi impianti all’efficienza energetica alla distribuzione in Russia e nell’Est Europa - dall’ad e direttore generale di Enel, Fulvio Conti, e dal presidente di Inter Rao Ue, Boris Kovalchuk - porterà allo sviluppo di una nuova centrale nucleare russo-italiana a Kaliningrad. Sarà la prima partnership pubblico-privata nel settore nucleare in Russia, e lancia un ponte per collaborazioni future.
Accordi anche nella ricerca: gli scienziati italiani e russi lavoreranno insieme agli studi sulla fusione nucleare. Berlusconi l’ha presentata come la svolta tecnologica del futuro - e probabilmente ha anche ragione - ma non è cosa di cui si potranno vedere applicazioni pratiche in tempi brevi: sarà già abbastanza lento il cammino italiano verso il nucleare «tradizionale», ammesso che davvero si parta con la costruzione degli impianti nel giro di tre anni.
Il succo della questione resta comunque e sempre il gas. Nella stessa giornata di ieri, poco lontano dall’ottimismo che ha condito le intese con gli italiani, il ministro russo delle Risorse naturali Yuri Trutnev ha spiegato che potrebbe «non ritirare» a British Petroleum-Tnk la licenza per sviluppare il giacimento di gas di Kovykta nel caso in cui Bp sia disponibile a lasciar entrare nella partita Gazprom. Si tratta di uno dei più grandi giacimenti russi, 1500 miliardi di metri cubi. Sono tre anni che Tnk e Bp, sotto il fuoco di fila delle minacce di Mosca, cercano di vendere i diritti sul giacimento.
A metà 2007 avevano raggiunto un accordo - con la solita Gazprom - per vendere a un controvalore di un miliardo di dollari. Poi sono arrivati il minipetrolio e subito dopo la grande crisi: gli investimenti di Gazprom sono stati congelati e congelato è finito anche il maxi giacimento. Ora si riparte, e Gazprom preferisce non dover ricominciare da zero: meglio entrare nel progetto. Chi è d’accordo bene, gli altri al freddo.