STEFANO LEPRI, La Stampa 27/4/2010, pagina 5, 27 aprile 2010
CHI SPECULA RISCHIA DI AFFONDARSI DA SOLO
Il timore, per fara breve, è che la finanza sregolata seghi lo stesso ramo su cui sta seduta, ossia la credibilità finanziaria degli Stati. Dietro le quinte dei vertici di primavera, G-20, Fmi, Banca mondiale, si è discusso un worst-case scenario, ovvero la peggiore delle ipotesi che va tenuta presente pur se non è la più probabile. Se ne parlava nel rapporto che il capo economista del Fmi Olivier Blanchard ha fatto al G-20; se ne è continuato a discutere ieri in varie occasioni.
A lanciare l’allarme è la nuova grande potenza, la Cina. Dice Zhou Xiaochuan, governatore della Banca centrale di Pechino: «Al momento, i principali rischi per l’economia mondiale vengono dai paesi ricchi. Il loro debito pubblico è diventato una grave e concreta minaccia alla stabilità finanziaria globale e alla ripresa economica, e i suoi potenziali effetti sistemici richiedono un alto grado di attenzione e di preoccupazione». Mica poco, considerando che i cinesi, come tutti gli asiatici, rifuggono dalle parole crude.
Bilanci dissestati
Con un linguaggio di tipo europeo ne parla uno che al G-20 non c’era, ma è al corrente delle discussioni all’interno del Fondo monetario, il vicegovernatore della Banca di Svezia Svante Oeberg: «Oltre alla Grecia anche altri paesi hanno gravi problemi di bilancio, e nel peggiore dei casi potrebbe svilupparsi una crisi della finanza pubblica in svariati paesi, che coinvolgerebbe anche il sistema bancario». Secondo Oeberg, anche «le tensioni nell’area dell’euro potrebbero risultare più forti di quanto oggi appaiano».
Potrebbe aprirsi una fase due della grande crisi. Nei paesi ricchi il debito pubblico è molto salito, in alcuni casi per il massiccio sostegno offerto alle banche, in quasi tutti gli altri per le spese necessarie a tamponare gli effetti della recessione. Quasi nessuno fra i grandi paesi ha più i conti in ordine. Ma ora la finanza ci mette del suo. Alla ricerca di più alti rendimenti, si getta a speculare contro i paesi che vede più deboli. «Nei confronti dell’economia reale, la finanza è diventata un’arma a doppio taglio» ha detto il presidente della Bce Jean-Claude Trichet ieri a New York.
La prossima Lehman
La Grecia, finora governata malissimo, è stata un bersaglio ideale. Ma, una volta avviato il processo, le reazioni gregarie degli speculatori potrebbero ora colpire altri obiettivi senza uguale sostanza. Non importa che il Portogallo sia assai meno nei guai rispetto alla Grecia; basta far conto che i mercati lo ritengano fragile. Atene «potrebbe essere la Lehman Brothers degli Stati - dichiara Stephen King, capo economista della banca britannica Hsbc - e per questo motivo credo che verrà salvata».
Ma dopo la Grecia? Finché la bolla cresce, a chi specula non conviene guardare alla sostanza, ma a ciò che la maggioranza degli operatori crede. Le banche centrali continuano a fornire denaro a tassi bassissimi per favorire la ripresa e la finanza lo impiega per alzare, speculando sul rischio, i tassi dei suoi investimenti in titoli pubblici. Anche Portogallo, Spagna, Irlanda ora rischiano, sostiene Kenneth Rogoff, un bravo economista americano (ed ex capo ufficio studi del Fmi) non incline a spararla grossa per andare sui giornali. «Diventa più probabile - dice - che nei prossimi anni almeno un altro paese europeo avrà bisogno del soccorso del Fondo monetario internazionale. In molti paesi d’Europa sono necessari ampie riduzioni dei deficit di bilancio». Ma è naturale che i governi riluttino a tagliare le spese o aumentare le tasse quando la ripresa ancora non ha preso vigore.
Rischio austerità
L’austerità sarebbe una scelta durissima, dato che in tutti i paesi ricchi - dicono le analisi del Fmi - già senza ulteriori disastri la disoccupazione resterà alta a lungo, e si stenterà per anni a ritornare ai livelli di benessere del 2007.
Eppure sui paesi ricchi pesa, come dice Trichet indirettamente rispondendo a Zhou, «l’obbligo di essere d’ora in poi irreprensibili nel loro contributo alla stabilità dell’economia mondiale». A quale costo?
Parte anche la class action. Ieri è stata avviata una causa collettiva contro Goldman Sachs e diversi top manager della società da un gruppo di investitori della banca d’affari Usa. La class action coinvolge anche l’ad Lloyd Blankfein (nella foto), il direttore operativo Gary Cohn e il direttore finanziario David Viniar, oltre a diversi altri dirigenti. Secondo gli investitori ci sarebbero state dichiarazioni fuorvianti e false in merito alle transazioni dello strumento finanziario Abacus, al centro dell’inchiesta della Sec. Intanto spiegando la linea difensiva all’audizione di oggi Blankfein ha detto che Fabrice Tourre, il trader di Goldman, «non ha fatto nulla di illegale».