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 2010  aprile 27 Martedì calendario

IL CALCIO E’ GIA’ NEL PALLONE

Il gioco del calcio è una religione anche in Grecia. Di questi tempi - tempi di tagli e di paura per il futuro - anche il pallone è vittima della crisi finanziaria. Il governo guidato di George Papandreou ha infatti dato un drastico giro di vite alle sovvenzioni di cui godevano le 16 squadre della massima serie, la super league. Che ora rischia di affondare in una voragine di 220 milioni di debiti.
Finita la prassi di pagare in ritardo le tasse. Addio alle sanatorie con cui le società potevano cancellare dai bilanci il 95% del loro debito. Via le agevolazioni fiscali per gli stipendi dei giocatori (solo il 20%, come in Spagna). Fine della sponsorizzazione da 40 milioni di euro dell’Opap – il Totocalcio ellenico – alla Super League. Almeno finchè continueranno gli scontri e gli incidenti violentissimi tra tifoserie che costellano praticamente tutte le partite più importanti. Il termine incidenti è un eufemismo. Lo scorso 27 marzo, prima e dopo la semifinale di Coppa di Grecia tra i traci del Kavala e l’Aris Salonicco la polizia è stata costretta alla fuga, lasciando i tifosi a picchiarsi sul rettangolo di gioco usando persino le aste delle bandierine del corner. Stessa musica sabato scorso allo Stadio Olimpico di Atene, dove l’Aris ha giocato (e perso) la finale contro il Panathinaikos, con le forze dell’ordine travolte dalla furia dei fans. Solo tre anni fa, nel marzo del 2007, 500 ultras dell’Olympiakos (l’altra grande squadra dell’agglomerato Atene-Pireo) e del Panathinaikos si dettero appuntamento per regolare i conti al derby di pallavolo femminile. Un ragazzo di 25 anni, Michalis Filopoulos, rimase a terra con 15 coltellate.
Le società di calcio sono sotto choc: «è un ricatto finanziario», hanno accusato il governo. Anche perchè causa recessione e tagli i bilanci non tengono più, come racconta Andrea Palombarini, corrispondente da Atene del Corriere dello Sport. Le reti televisive Ert, Nova e Skai non hanno più soldi (il canale Ant-1 ha rinunciato a mandare le dirette dei gran premi di Formula 1, che in Grecia non si vedono più), e vogliono rinegoziare i soldi del contratto per i diritti televisivi. I biglietti dello stadio sono cari per le tasche esauste dei greci: per un posto in curva si pagano 15 euro, 30 per un match di Champions League. Le tribune sono mezze vuote, eccettuate le partite di cartello: molte delle squadre più piccole hanno una media di soli 2.500 spettatori. Gli stipendi ai giocatori arrivano (se arrivano) dopo molti mesi.
Tempi duri per tutti. Anche per il ricco Panathinaikos, che grazie ai 23 gol del bomber francese Djibril Cissè ha vinto lo scudetto interrompendo l’egemonia dell’Olympiakos (12 degli ultimi 14 campionati). Il presidente e petroliere Yannis Vardinoyannis ha deciso che l’anno prossimo si dimezzerà il monte-ingaggi, da 20 a 10 milioni, e che per i nuovi giocatori non si andrà oltre il tetto del milione di euro. Socratis Kokkalis, il magnate delle telecomunicazioni padrone dell’Olympiakos vorrebbe nuovi azionisti, ma non si fa avanti nessuno. Il Paok di Salonicco – società di fatto fallita, con 40 milioni di debiti - ha ancora una volta chiesto ai suoi fanatici tifosi di tirare fuori i portafogli per evitare di portare i libri in tribunale. Il glorioso AEK di Atene? « il simbolo della crisi generale della Grecia – dice Alexandros Dimitriadis, caporedattore del popolare settimanale Ethnospor – anni e anni di pessima gestione che non hanno mai fine».
Nel 2000 l’Aek venne acquistato da un personaggio davvero incredibile. Makis Psomiadis, proprietario di night-club, già condannato, promise trionfi ai supporter dei gialloneri ateniesi. Un giorno, con 8 picchiatori si presentò a casa sua della stella della squadra, Demis Nikolaidis, minacciandolo di spezzargli le gambe: secondo il presidente non rispettava gli orari del ritiro. Tra il 2001 e il 2003 prese dalle casse del club 11 milioni di euro destinati al centro sportivo dell’Aek; Psomiadis venne condannato a 12 anni di prigione, ma dopo una settimana questo accanito fumatore di sigari riuscì a dimostrare di avere la tubercolosi, e venne liberato. Nel 2006 rientrò nel calcio rilevando per quattro soldi un club retrocesso in terza serie, il Kavala, facendo figurare come presidente il figlio, e riportandolo in Serie A. Quest’anno, nonostante una grande campagna acquisti, il baffuto (e manesco) Psomiadis ha mancato per un pelo la qualificazione in Europa League: senza pensarci su ha licenziato l’allenatore e cacciato i 14 giocatori più pagati. E’ arrivata un’altra condanna, quattro anni di galera: ha presentato appelli, ha chiamato i suoi potenti amici, ed è liberissimo.