vari, 27 aprile 2010
SCHEDONE SULLA VIDEOSORVEGLIANZA IN ITALIA
DA CORRIERE.IT DEL 27/04/2010
Telecamere, nuove regole: «Garanzia per la privacy»
Sistemi integrati di videosorveglianza solo nel rispetto di specifiche garanzie per la libertà delle persone. Appositi cartelli per segnalare la presenza di telecamere collegate con le sale operative delle forze di polizia. Obbligo di sottoporre alla verifica del Garante della privacy, prima della loro attivazione, i sistemi che presentino rischi per i diritti e le libertà fondamentali delle persone, come i sistemi tecnologicamente avanzati o «intelligenti».
I TEMPI - Queste, in sostanza, le nuove regole varate dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali per installare telecamere e sistemi di videosorveglianza da parte di soggetti pubblici o privati. Il periodo per adeguarsi è stato fissato, a seconda degli adempimenti, da un minimo di sei mesi ad un massimo di un anno. Il provvedimento generale, che sostituisce quello del 2004 e introduce importanti novità, si è reso necessario - spiega il Garante - non solo alla luce dell’aumento massiccio di sistemi di videosorveglianza per diverse finalità ma anche in considerazione dei numerosi interventi legislativi adottati in materia: tra questi, quelli più recenti che hanno attribuito ai sindaci e ai comuni specifiche competenze, in particolare in materia di sicurezza urbana, così come le norme, anche regionali, che hanno incentivato l’uso di telecamere. Il provvedimento, di cui è stato relatore Francesco Pizzetti, in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, tiene conto delle osservazioni formulate dal Ministero dell’interno e dall’Anci.
LE REGOLE - Ecco in sintesi le nuove regole:
INFORMATIVA: i cittadini che transitano nelle aree sorvegliate devono essere informati con cartelli della presenza delle telecamere, i cartelli devono essere resi visibili anche quando il sistema di videosorveglianza è attivo in orario notturno. Nel caso in cui i sistemi di videosorveglianza installati da soggetti pubblici e privati (esercizi commerciali, banche, aziende etc.) siano collegati alle forze di polizia è necessario apporre uno specifico cartello, sulla base del modello elaborato dal Garante. Le telecamere istallate a fini di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica non devono essere segnalate, ma il Garante auspica comunque l’utilizzo di cartelli che informino i cittadini.
CONSERVAZIONE: le immagini registrate possono essere conservate per periodo limitato e fino ad un massimo di 24 ore, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione in relazione a indagini. Per attività particolarmente rischiose (esempio le banche) è ammesso un tempo più ampio, che non può superare comunque la settimana. Eventuali esigenze di allungamento dovranno essere sottoposte a verifica preliminare del Garante).
SICUREZZA URBANA: i Comuni che installano telecamere per fini di sicurezza urbana hanno l’obbligo di mettere cartelli che ne segnalino la presenza, salvo che le attività di videosorveglianza siano riconducibili a quelle di tutela specifica della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento o repressione dei reati. La conservazione dei dati non può superare i 7 giorni, fatte salve speciali esigenze.
SISTEMI INTEGRATI: per i sistemi che collegano telecamere tra soggetti diversi, sia pubblici che privati, o che consentono la fornitura di servizi di videosorveglianza «in remoto» da parte di società specializzate (società di vigilanza, Internet providers) mediante collegamento telematico ad un unico centro, sono obbligatorie specifiche misure di sicurezza (ad esempio, contro accessi abusivi alle immagini). Per alcuni sistemi è comunque necessaria la verifica preliminare del Garante.
SISTEMI INTELLIGENTI: per i sistemi di videosorveglianza «intelligenti» dotati di software che permettono l’associazione di immagini a dati biometrici (come il «riconoscimento facciale») o in grado, ad esempio, di riprendere e registrare automaticamente comportamenti o eventi anomali e segnalarli («motion detection») è obbligatoria la verifica preliminare del Garante.
VIOLAZIONI AL CODICE DELLA STRADA: obbligatori i cartelli che segnalino i sistemi elettronici di rilevamento delle infrazioni. Le telecamere devono riprendere solo la targa del veicolo (non quindi conducente, passeggeri, eventuali pedoni). Le fotografie o i video che attestano l’infrazione non devono essere inviati al domicilio dell’intestatario del veicolo.
DEPOSITO RIFIUTI: lecito l’utilizzo di telecamere per controllare discariche di sostanze pericolose ed «eco piazzole», per monitorare modalità del loro uso, tipologia dei rifiuti scaricati e orario di deposito.
LUOGHI DI LAVORO: le telecamere possono essere installate solo nel rispetto delle norme in materia di lavoro. Vietato comunque il controllo a distanza dei lavoratori, sia all’interno degli edifici, sia in altri luoghi di prestazione del lavoro (es. cantieri, veicoli).
OSPEDALI E LUOGHI DI CURA: no alla diffusione di immagini di persone malate mediante monitor quando questi sono collocati in locali accessibili al pubblico. ammesso, nei casi indispensabili, il monitoraggio da parte del personale sanitario dei pazienti ricoverati in particolari reparti (ad esempio, in rianimazione), ma l’accesso alle immagini deve essere consentito solo al personale autorizzato e ai familiari dei ricoverati.
ISTITUTI SCOLASTICI: ammessa l’installazione di sistemi di videosorveglianza per la tutela contro gli atti vandalici, con riprese delimitate alle sole aree interessate e solo negli orari di chiusura. - TAXI: le telecamere non devono riprendere in modo stabile la postazione di guida.
TRASPORTO PUBBLICO: lecita l’installazione su mezzi di trasporto pubblico e presso le fermate, ma rispettando limiti precisi (es.angolo visuale circoscritto, riprese senza l’uso di zoom).
WEB CAM A SCOPO TURISTICO: la ripresa delle immagini deve avvenire con modalità che non rendano identificabili le persone.
SOGGETTI PRIVATI: a tutela delle persone e della proprietà, contro possibili aggressioni, furti, rapine, danneggiamenti, atti di vandalismo, prevenzione incendi, sicurezza del lavoro si possono installare telecamere senza il consenso dei soggetti ripresi, ma sempre sulla base delle prescrizioni indicate dal Garante.
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DA REPUBBLICA.IT DEL 27/04/2010
Garante: «Sistemi di videosorveglianza rispettino la libertà delle persone» -
Una nuova disciplina che garantisca il rispetto della libertà delle persone, e ne tuteli la privacy. E’ il contenuto delle nuove regole varate dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali per installare telecamere e sistemi di videosorveglianza da parte di soggetti pubblici o privati. Il periodo per adeguarsi è stato fissato, a seconda degli adempimenti, da un minimo di sei mesi ad un massimo di un anno.
Le norme prescrivono l’adozione di sistemi integrati di videosorveglianza solo nel rispetto di una serie di garantzie. Tra le principali ci sono l’installazione di appositi cartelli per segnalare la presenza di telecamere collegate con le sale operative delle forze di polizia, l’obbligo di sottoporre alla verifica del Garante della privacy, prima della loro attivazione, i sistemi che presentino rischi per i diritti e le libertà fondamentali delle persone, come i sistemi tecnologicamente avanzati o "intelligenti".
Il provvedimento generale, che sostituisce quello del 2004 e introduce importanti novità, si è reso necessario - spiega il Garante - non solo alla luce dell’aumento massiccio di sistemi di videosorveglianza per diverse finalità ma anche in considerazione dei numerosi interventi legislativi adottati in materia: tra questi, quelli più recenti che hanno attribuito ai sindaci e ai comuni specifiche competenze, in particolare in materia di sicurezza urbana, così come le norme, anche regionali, che hanno incentivato l’uso di telecamere.
Il provvedimento, di cui è stato relatore Francesco Pizzetti, in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, tiene conto delle osservazioni formulate dal Ministero dell’interno e dall’Anci.
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Privacy, occhio alle telecamere. Ecco la mappa ”anti-intrusione”
ALESSANDRA LONGO PER LA REPUBBLICA DELL’11/01/2010 -
Nasce dalle frange irrequiete del web italiano e subito diventa un caso: è un progetto per contrastare il proliferare delle videocamere di sorveglianza. Si chiama Anopticon ed è sul sito Tramaci.org, gestito dal 31enne veneziano Enzo A., che si autodefinisce un hacker (il suo nickname è Etno) e preferisce rimanere anonimo, "per paura delle ritorsioni delle autorità". Beninteso, il progetto è legale: è una mappa delle videocamere di sorveglianza (installate in luoghi pubblici) sparse per le città italiane. Tutti possono partecipare al progetto, segnalando al sito le videocamere che riescono a individuare. Per ora l’hanno fatto in sei città (Venezia, Foggia, Padova, Urbino, Pisa e Solero, in provincia di Alessandria) e al momento sono state catalogate 510 videocamere, ognuna con immagini localizzate su una mappa e l’indicazione dell’area coperta. "Lo scopo è chiedere al Garante della Privacy di limitare il fenomeno della videosorveglianza - spiega il promotore dell’iniziativa - Gli manderemo una segnalazione per ciascuna delle videocamere che abbiamo trovato. Alcune di quelle individuate nemmeno rispettano le attuali leggi sulla privacy: nelle vicinanze non c’è neppure un cartello per avvisare i passanti".
Il sito si fa interprete anche delle idee contenute nel saggio degli anni Settanta "Sorvegliare e punire" del filosofo francese Michel Foucault, secondo il quale l’eccesso di sorveglianza riduce non solo la privacy ma anche la libertà dei cittadini. "La mappa serve a sorvegliare i sorveglianti: per rispondere allo sguardo del grande fratello, neutralizzandolo", dice Enzo. Un’idea che può ricordare anche la filosofia dello sguardo di Sartre. "Anopticon", del resto, è la negazione di Panopticon, il nome della prigione disegnata nel 1791 da Jeremy Bentham, dove ogni carcerato è sempre sotto lo sguardo di un controllore.
"Ci interessa ricevere queste segnalazioni, prestiamo massima attenzione al moltiplicarsi delle videocamere di sorveglianza. In particolare, proliferano quelle dei Comuni e dei privati collegate a strutture di sicurezza", dice Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità garante per la privacy. "Abbiamo appena ultimato - aggiunge - nuove linee guida per regolamentarne l’uso e a febbraio approveremo un provvedimento". Che porrà alcuni limiti, laddove finora c’è stato il Far West o quasi. Per esempio, vieterà di tracciare gli spostamenti dei cittadini da una parte all’altra della città. In certi casi, obbligherà a sottoporre la videocamera a un controllo preventivo da parte del Garante (per esempio, se ha funzioni biometriche ed è in grado di riconoscere in automatico i volti delle persone). "Anopticon è forse un esempio di nuova democrazia digitale che sta nascendo dal basso, avvalendosi di nuovi strumenti tecnologici", commenta Edoardo Fleischner, tra i massimi esperti italiani di nuovi media e docente della Statale di Milano. "La sicurezza che ci danno le videocamere è pure importante, non le si possono eliminare. La privacy ridotta può essere un costo da pagare. Solo, bisogna evitare gli abusi e quindi vigilare sul rispetto delle norme", ribatte Gianpietro Mazzoleni, docente di Comunicazione politica e sociale all’ateneo milanese. "Anopticon - conclude - ha però il pregio di indicare ai politici che la gente non è cieca di fronte al fenomeno. E potrebbe cambiare le cose: gli utenti Internet, quando si muovono compatti, possono influire sull’agenda politica".
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SORVEGLIATI DA 1,5 MILIONI DI TELECAMERE -
CHIARA BUSSI E ANNA ZAVARITT PER IL SOLE 24 ORE DEL 09/02/2009 -
Un milione e cinquecentomila occhi per rendere più sicure strade, aziende, negozi e abitazioni private. Tanti sono i sistemi di videosorveglianza attivi oggi in Italia, per un giro d’affari che nel 2008 è cresciuto del 15% superando il mezzo miliardo di euro. Un’emergenza, quella di furti e rapine, che i commercianti vivono ogni giorno sulla loro pelle e che anche le istituzioni hanno deciso di fronteggiare con finanziamenti ad hoc. Non sempre i diretti interessati sono a conoscenza di questi incentivi, ma i dati raccolti dimostrano che la domanda è crescente.
La mappa delle iniziative comprende, a livello nazionale, un credito d’imposta fino all’80% del costo sostenuto per un importo massimo di 3mila euro (Finanziaria 2008) e – in base alla manovra 2001 – una detrazione di imposta del 36% se si installano fotocamere e cineprese collegate con centri di vigilanza privati. Ma la prevenzione del crimine vede impegnate anche le Regioni, con finanziamenti a fondo perduto o prestiti agevolati. Sono otto quelle che per il 2009 hanno stanziato incentivi per la sicurezza e nel pacchetto di aiuti menzionano anche l’attivazione di telecamere. Di queste due, Sicilia e Liguria, hanno un bando specifico per finanziare l’acquisto e l’installazione di attrezzature di videosorveglianza. La maggioranza ha scelto la strada delle sovvenzioni a fondo perduto con una copertura che va dal 20% dell’Umbria al 60% della Liguria. Nella prima, dove l’edizione 2008 ha registrato più di mille richieste e 180 interventi finanziati, quest’anno si replica, ma restringendo le sovvenzioni ai soli centri commerciali e naturali (consorzi).
Percorso inverso, invece, per la Liguria, che rispetto ai bandi precedenti del 2004 e 2005 ha ampliato la platea dei beneficiari: non solo bar, ristoranti e tabaccherie, ma anche farmacie, benzinai e ambulanti dei mercati coperti, entro il 2 maggio possono chiedere un contributo. In Valle d’Aosta il "pacchetto sicurezza" è sempre più richiesto: l’ammontare di contributi totale è passato dai 17mila euro del 2007 a 27mila nel 2008. Nelle Marche l’ammontare è rimasto stabile (250mila euro) ma il tetto massimo di spesa (6mila euro)è raddoppiato rispetto al 2004. Nel Lazio – dove sono piovute più di mille prenotazioni online per il terzo bando – nonostante l’esaurimento dei fondi disponibili i tempi sono stati prorogati per consentire al maggior numero di commercianti di avere la chance di accedere al contributo.
Piemonte e Toscana hanno invece optato per finanziamenti a tassi agevolati. Nella prima esiste un fondo rotativo che dal 2000 ha erogato più di 5.400 finanziamenti per un importo complessivo di oltre 190 milioni di euro. Il bando della Regione Toscana, scaduto il 31 gennaio, ha ottenuto 400 richieste e verrà riaperto dal primo maggio al 30 agosto. A giugno anche l’Emilia-Romagna avvierà una gara di finanziamento per attività le commerciali che installano questi impianti: si tratterà di un contributo del 50% della spesa fino a un massimo di 26mila euro. In via di definizione anche il piano della Regione Lombardia.
Regioni a parte, anche alcuni Comuni finanziano la sicurezza, con risposte diverse da parte dei commercianti. A Brescia c’è tempo fino al 27 febbraio per avere contributi a fondo perduto fino al 50% del costo degli impianti di videosorveglianza, con un tetto di 6mila euro. Possono presentare la domanda non solo commercianti e artigiani, ma anche amministrazioni condominiali e sedi di associazioni. «Abbiamo già ricevuto circa 80 richieste e stiamo pensando ad un altro bando per estendere i contributi anche per per saracinesche, inferriate, allarmi e sistemi antisaccheggio», spiega il vicesindaco e assessore alla sicurezza Fabio Rolfi. Accoglienza più tiepida per l’iniziativa del Comune di Arezzo: il bando scaduto a metà dicembre è stato prorogato fino all’11 febbraio perché sono state presentate solo 4 domande. Quest’anno anche Milano dovrebbe decidere nuovi incentivi, dopo quelli del 2007 per impianti di sicurezza nei negozi e del 2008 per sistemi antirapina sui taxi.
L’espansione della videosorveglianza non è sfuggita al Garante per la privacy. Ciò che preoccupa maggiormente è l’interconnessione delle telecamere private alla rete pubblica. Questo pone nuovi problemi per la tutela della privacy, con particolare riguardo agli obblighi di informare i cittadini della presenza di telecamere. L’Autorità sta monitorando il fenomeno, anche in vista di una possibile integrazione ed aggiornamento delle linee guida del 2004 sul tema.
Chiara Bussi e Anna Zavaritt
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TELECAMERE, BUSINESS SENZA CRISI -
SILVANA SATURNO PER ITALIA OGGI DEL 26/01/2009
Pubblico e privati stregati dalla telecamera. Questione di sicurezza. La videosorveglianza, per il 2008, farà registrare un aumento del trend di mercato del 18-20%, che fa seguito alla crescita 2007 del 17,76% e 2006 del 17,44%. Le stime sono di Anciss-Anie, associazione italiana sicurezza e automazione edifici, che all’inizio di febbraio diffonderà i dati ufficiali. Nessun contraccolpo da crisi, dunque. Anzi, spiegano da Anciss in momenti di difficoltà economica la videosorveglianza risulta trainante per l’intero settore (che abbraccia antincendio, security e building automation). Le telecamere installate in Italia, nel 2007, erano già 1,3 milioni (quelle visibili), 235 mila quelle vendute nel 2007. La rete dunque si infittisce: «Il fenomeno è in evidente espansione, sia per il pubblico sia per il privato», spiega Francesco Pizzetti, presidente dell’Autorità Garante per la privacy, «e ciò è legato in particolare a due fattori, che l’Authority sta monitorando: l’operatività del ’bonus per l’installazione di sistemi di sicurezza’ per tabaccai, commercianti ecc. previsto dalla finanziaria 2008, e tutta una serie di incentivi, che si stanno moltiplicando a livello sia regionale che locale, per sostenere l’installazione di telecamere con funzione di prevenzione per la sicurezza e con il collegamento con le Forze dell’ordine». Qualche esempio? «Piemonte, Liguria, Toscana», racconta Pizzetti, «e fra i comuni Firenze, Brescia o Perugia».
A ciò si unisce il meccanismo introdotto dal decreto Maroni, che ha potenziato i poteri dei sindaci di emanare ordinanze e dunque anche di prevedere l’installazione di nuove telecamere per la sicurezza urbana: «Con l’aiuto della banca dati dell’Anci, che ha raccolto per ora circa 350 provvedimenti, ne stiamo verificando la diffusione», prosegue il garante, «ciò che preoccupa maggiormente è proprio, sulla scia di questi incentivi regionali e locali, la commistione fra uso delle telecamere da parte dei privati e uso per finalità pubbliche. Questo pone nuovi problemi per la tutela della privacy, con particolare riguardo agli obblighi di informativa: certo è che a nostro parere, anche in tali casi l’informativa dovrebbe essere sempre garantita, fatta eccezione per i casi di attività investigativa. Se necessario, al termine del monitoraggio, vedremo se intervenire per integrare e aggiornare le linee guida del 2004».
Per quanto riguarda il ricorso alla vigilanza privata, i cui clienti (si veda articolo in basso) hanno toccato quota 1 milione e 200 mila, secondo il Rapporto Federsicurezza-Confcommercio 2008 si è verificato «un aumento significativo di enti e amministrazioni che si affidano a istituti di vigilanza». Fra i servizi più richiesti, anche dai privati, oltre alla videosorveglianza, anche i teleallarmi e il pronto intervento, la localizzazione satellitare e naturalmente i servizi più classici di piantonamento, pattugliamento e trasporto valori.
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Il miraggio della sicurezza
MARCO BELPOLITI PER LA STAMPA DEL 07/01/2010 -
Nel 1580 Montaigne visita Augusta. Vi arriva di notte e rimane stupito per le precauzioni cui si deve sottoporre: una serie di porte di ferro, ingressi segreti, stanze buie in cui sostare. Le precauzioni sono proporzionali al clima d’insicurezza che la città di 60 mila abitanti, la più ricca della Germania, vive in quell’epoca: contese religiose, Turchi alle porte, timore di sortite. Ogni straniero è sospetto, in particolare la notte. Ma questa città, racconta Jean Delumeau, lo storico francese, autore di La paura in Occidente (secoli XIV-XVIII), nutre un sentimento di timore verso i propri stessi cittadini i cui «turbamenti» sono imprevedibili e pericolosi. La paura ha accompagnato la storia umana, nata con l’uomo nell’età più oscura, nel corso dei secoli non l’ha abbandonato mai, anche se era sembrata diradarsi, almeno per quanto riguarda le città.
Uno storico dell’architettura ha infatti notato che lo spessore degli edifici è andato via via assottigliandosi, dai massicci muri delle fortezze medievali alle pareti sottili del cemento moderno, sino alle «città di bits», edifici e abitazioni virtuali della post-modernità. Tuttavia la paura, il senso d’insicurezza, ci dicono gli psicologi sociali, oggi non sembrano calare, anzi. Le paure negli ultimi decenni sono cresciute a dismisura: epidemie, stranieri, peste atomica, terrorismo, virus informatici, malattie; tante paure che stimolano richieste continue di sicurezza: inferriate alle finestre, cani da guardia, sensori elettronici, telecamere, panic room, polizia privata, esami clinici.
Siamo dunque ritornati al Medioevo? Viviamo in una nuova epoca del terrore generalizzato? Il sociologo Wolfgang Sofsky ci ricorda nel suo Rischio e sicurezza (Einaudi) che è «da quando popolano la terra che gli uomini sono alle prese con il problema di mettersi al sicuro». La paura non è solo un limite, ma anche un impulso indispensabile della specie umana. Ha scritto Roland Barthes, semiologo e saggista francese: la paura è stata una delle grandi passioni della mia vita. Viviamo dentro la «cultura dell’apprensione», per cui le norme di sicurezza negli aeroporti tendono a diventare totali e assolute nella speranza di fugare il timore dell’attentato, come se la sicurezza assoluta fosse davvero a portata di mano mediante una strumentazione sempre più complessa e sofisticata, destinata, al contrario, a suscitare impedimenti e paralisi, come è accaduto in questi giorni. Stiamo tornando, sostiene Sofsky, alla paura come tecnica stessa del governo dell’umanità secondo quanto avevano teorizzato Montesquieu e Hobbes, quando tra ’500 e ’600 le condizioni d’insicurezza crescente, e la corrispondente domanda di rassicurazione e garanzia agli apparati coercitivi degli antichi regimi, avevano portato al contratto sociale degli stati moderni, in cui la libertà dei singoli era subordinata all’interesse generale del Sovrano.
In cosa si differenzia l’insicurezza del presente rispetto al passato? Zygmunt Bauman lo spiega in Paura liquida (Laterza). Da un lato, c’è il senso di solitudine crescente imposto da una società sempre più individualizzata, per cui si crea un’ansia crescente nelle persone che vedono nella società un luogo di concorrenza e competizione, e non più uno spazio in cui il singolo trova ascolto e aiuto, creando con questo una quotidiana insicurezza; dall’altro, il senso di insicurezza è il risultato della crescita dell’apparato tecnico e scientifico che ci rende sempre più consapevoli dei rischi a cui siamo esposti. L’aumento delle nostre conoscenze e delle possibilità di rischio, scrive Bauman, invece di rassicurarci ci rende ansiosi. L’allungarsi della vita fa aumentare la paura della morte, che le pratiche rituali del passato aiutavano invece a tenere sotto controllo. Paradossalmente l’uomo contemporaneo sembra voler affrontare le paure minute della vita, che generano un senso d’insicurezza pulviscolare, diffuso, piuttosto che l’angoscia della morte in generale. Bauman parla di «paure secondarie» che conducono a una sorta di smaterializzazione della paura stessa: a forza di allontanarsi dal suo oggetto, oggetto singolo e circoscritto, la paura si concentra su un oggetto secondo, variabile, ma sempre presente (cancro, uragani, attentati, crisi finanziarie, licenziamento, ecc.), così da invadere l’intera società. La globalizzazione fa sì che il timore dell’insicurezza si estenda a dismisura: non si è mai al sicuro in nessun luogo perché il mondo è totalmente unificato. L’effetto più immediato di questo, conclude Bauman, e con lui gli altri sociologi del rischio (Niklas Luhmann e Ulrich Beck), è il sacrificio della propria libertà personale, della privacy, a vantaggio di un sistema ipertrofico di controllo, un Panopticon video-sensoriale, per dirla con Michel Foucault, che non è tuttavia in grado di assicurarci il controllo effettivo del rischio. Siamo al tramonto dell’emozione del possibile come la definisce Delumeau? La libertà come abbandono della sicurezza, per accettare il rischio della vita, è arrivata al capolinea?
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L’avvento della società spiona
ILVO DIAMANTI PER LA REPUBBLICA del 29/11/2009
POCHI GIORNI fa l’amministrazione di una località in provincia di Mantova, governata da una coalizione Lega-Pdl, ha invitato i cittadini, con manifesti eloquenti, a denunciare i clandestini che risiedono entro i confini comunali. D’altronde, un’esortazione analoga era stata rivolta ai medici ospedalieri, in una versione preliminare del "pacchetto sicurezza" presentata dal governo. Segni di una marcia inarrestabile, che conduce - anzi: ci ha già immersi - in un mondo nuovo. La società spiona. Che tutti sono chiamati a costruire, rafforzare, estendere. In nome della sicurezza.
strano, questo orientamento, perché contrasta con il pensiero unico dell’epoca, che ha come riferimenti la libertà e l’individuo. Riassunti nella libertà individuale. Ancora oggi, reclamata come valore irrinunciabile della nostra civiltà. Liberale (appunto) e liberata da ogni totalitarismo. Tanto più dopo il passaggio dalla comunità tradizionale alla metropoli. Fino alla nascita della "società in rete", di cui parla Manuel Castells. Dove le relazioni avvengono a distanza, senza vincoli di spazio e di tempo. A dispetto di ciò, oggi il paradigma dominante si ispira alla sicurezza. Reclama il controllo sociale. Affidato non più alla comunità, ma agli individui stessi. Oppure allo stato. O ancora: al mercato.
Ciascuno è, dunque, chiamato a difendere se stesso, la famiglia: dagli altri, da ogni altro. Mentre, fra i cittadini, c’è ampia disponibilità a delegare alle istituzioni pubbliche e ad agenzie private il compito di difenderli. A costo di cedere porzioni crescenti della nostra libertà personale. D’altronde, il territorio desertificato delle nostre infinite periferie urbane è controllato dai sistemi di videosorveglianza.
Telecamere dovunque, che registrano i nostri passi e i nostri passaggi. Soggetti pubblici e privati ci spiano e filmano tutti, dappertutto. Davanti agli sportelli bancari, nei supermercati, nei giardini pubblici, nei parcheggi sotterranei e all’aperto. Senza sollevare grandi timori, fra i cittadini. Al contrario. Come rileva un’indagine di Demos-Unipolis, condotta nelle scorse settimane (per l’Osservatorio su "Sicurezza, percezione e informazione"), circa nove italiani su dieci sono favorevoli ad "aumentare la sorveglianza con telecamere in strada e nei luoghi pubblici". Circa uno su due: a "consentire al governo di monitorare le transazioni bancarie". Infine, uno su tre: a "rendere più facile per le autorità leggere la posta, le e-mail o intercettare le telefonate senza il consenso delle persone".
Insomma, spioni e spiati, senza troppa angoscia, senza troppi dubbi. il clima del tempo. Favorito dai media e dalle tecnologie. Evocare Orwell è fin troppo facile. Visto che il Grande Fratello è divenuto un format televisivo di successo globale. Archetipo di tutti i reality show. Il GF, dove i concorrenti stanno rinchiusi in una casa, ciascuno da solo contro tutti gli altri, come ha osservato Bauman. Mentre il mondo fuori li spia, a (tele) comando. Una società allo specchio, fatta di spettatori che apprendono l’arte di arrangiarsi, di guardare e di guardarsi. Dagli altri. Non a caso 7 italiani su 10 dicono che occorre cautela nel rapporto con gli altri; che ti potrebbero fregare (sondaggio Demos, novembre 2009). Dunque: ciascuno per proprio conto. Sottoposto a un "controllo continuo", in un presente istantaneo e dilatato (per evocare Deleuze).
D’altronde, le nuove tecnologie della comunicazione rendono possibile ogni intrusione nel privato, immediatamente (senza mediazione). E lo rendono, anzi, di pubblico dominio. Ogni cellulare è dotato di videocamera e di apparecchio fotografico. Per cui ciascuno può riprendere chiunque, in ogni luogo. Riversarne le immagini in rete. In tempo reale. E tutti possono essere spiati e ascoltati ovunque, da soggetti pubblici ma anche privati. Per motivi di sicurezza, ma anche di interesse. Visto che le informazioni private e personali hanno un valore di mercato crescente.
Così avviene il paradosso della perdita di libertà prodotta dalla conquista della libertà. Perché la comunicazione è libertà, Internet è libertà. Come è possibile ribellarsi, opporsi, semplicemente criticare: senza apparire "nemici" della libertà? Nostalgici del tempo passato? Tuttavia, lo sconfinamento fra società della comunicazione e della sorveglianza; fra società in rete e spiona: è continuo e pervasivo. Questa tendenza ha da tempo contaminato la politica. Basta pensare, per ultimi, ai grandi "affaires" degli ultimi mesi. Berlusconi, Marrazzo. Fino alle indiscrezioni sulla Mussolini. Filmati, video, telefonate, servizi fotografici.
Chissà quanti altri capitoli in preparazione o già predisposti, sul punto di irrompere, in questa saga della società spiona. Che ha, da tempo, un organo ufficiale autorevole, pubblicato - ovviamente - in rete, la cui testata recita - ovviamente - DagoSpia. Così rischiamo di scivolare, rapidamente, lungo la deriva delatoria senza accorgercene. E di subirla senza quasi combattere. Assuefatti, più che sopraffatti.
Spinti dalla "società spiona", dove i confini tra privato e pubblico, fra noi e gli altri si confondono, anche nella vita quotidiana. Dove ciascuno si rinchiude nel (e si maschera da) privato anche in pubblico; quando è con gli altri. Dove ciascuno è osservato dagli altri e sorvegliato dal pubblico, anche nel privato. Quando si illude di essere solo. Dove tutti - o quasi - indossano occhiali scuri. Non per difendersi dalla luce abbagliante. (Molti li portano anche di sera, perfino di notte). Ma dagli altri. Per guardare senza essere guardati. Per puntare gli occhi sugli altri senza che gli altri possano vedere i nostri occhi. La società spiona: in nome della sicurezza rischia di trasformarci in nemici. Non solo degli Altri. Ma anche di noi stessi.
Ilvo Diamanti
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Milano: «Quartieri più sicuri con nuove telecamere»
ANDREA SENESI PER IL CORRIERE DELLA SERA - MILANO DEL 23/02/2010
Nuove telecamere in arrivo. «La città più videosorvegliata d’ Italia» torna a investire in «tecnologie per la sicurezza». Nove milioni di euro e in più un software d’ importazione israeliana, capace d’ individuare e segnalare i movimenti sospetti attraverso i semplici mutamenti cromatici dei pixel. Il Grande Fratello arriverà soprattutto nei sottopassi, «quelli più scuri e pericolosi», dice il vicesindaco Riccardo De Corato: «Vogliamo utilizzare le nuove telecamere per contrastare lo spaccio e i reati predatori come furti, scippi e rapine». La videosorveglianza non serve a niente? Il vicesindaco sobbalza: «Le telecamere sono così inefficaci che ogni mese la Procura ci chiede in media 200 accessi ai dati della nostra centrale operativa». Il Pd conferma tutto il suo scetticismo: «La giunta Moratti sceglie di spendere soldi per le telecamere invece di assumere nuovi vigili», accusa Andrea Fanzago: «A dimostrazione del completo fallimento delle politiche sulla sicurezza del centrodestra a Milano»
Senesi Andrea
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«Quando è il cittadino a volere le telecamere»
MASSIMO GAGGI PER IL CORRIERE DELLA SERA DEL 26/06/2009 -
«Abbiamo installato nuove telecamere e ora anche la copertura del terrazzo condominiale è totale», mi annuncia trionfante, in una mail, l’ amministratore della torre d’ appartamenti nella quale vivo. Dopo l’ ingresso, la portineria, e gli ascensori, la videosorveglianza era già stata estesa ai vari locali comuni: garage, lavanderia, magazzino, sala riunioni. Più che una misura di sicurezza (negli edifici residenziali di Manhattan i furti sono rarissimi), un modo per controllare il corretto comportamento dei condomini. «Successo qualcosa di grave?», avevo chiesto ai portieri, custodi del videopotere (il mosaico di monitor): «C’ è gente che va lassù a fumare negli angoli non coperti», mi aveva spifferato uno di loro. Violazione grave, per un americano: non fumo e apprezzo la costanza con la quale questo Paese cerca di disincentivare il consumo di sigarette, ma l’ accanimento nei confronti dei fumatori mi pare spesso eccessivo. Possibile che l’ ostilità al fumo possa spingere gente ragionevole, ben educata, colta, a installare un «Grande fratello» addirittura dentro il proprio palazzo? Mentre me lo chiedevo sono stato colpito da una notizia: Lancaster, una cittadina della Pennsylvania di 55 mila abitanti, è ormai scrutata strada per strada da un capillare sistema di sorveglianza che non ha eguali negli Usa e che è stato creato non per volontà del governo - come a Londra, dove sono state installate migliaia di telecamere per esigenze antiterrorismo - ma per iniziativa degli stessi cittadini, spaventati dal risveglio della criminalità (quattro omicidi nell’ ultimo anno). O meglio, l’ iniziativa è di una coalizione (una società non-profit) che nel 2004 ha cominciato a mettere telecamere nelle strade. In cinque anni - e in assenza di obiezioni di poteri locali e cittadinanza - l’ esperimento è diventato rete capillare: oggi ci sono più telecamere nella piccola Lancaster che a San Francisco o Boston. La cosa più inquietante è che a manovrarle, a puntare i loro «zoom» sui sospetti, non sono poliziotti ma privati cittadini che lavorano per la coalizione. Un ubriaco beve birra in un parco. vietato: l’ operatore avverte la polizia che va a multarlo. E se lo «zoom» fosse usato per sorvegliare ignari cittadini che non fanno nulla di losco? Il direttore ammette che qualche avvocato gli ha già chiesto materiale per sostenere una causa di divorzio, ma assicura che la coalizione si è data regole chiare: il materiale va dato solo allo sceriffo e solo se si scoprono reati. Ma ora, per la prima volta, la gente si chiede se sia stato saggio lasciare tanto potere a gente che non rende conto a nessuno della sua attività. Nella capitale della cioccolata (Lancaster è sede della Hershey, colosso dei dolciumi) va in scena l’ ultima sfida tra chi vuole sicurezza a tutti i costi e i tutori della «privacy».
Massimo Gaggi
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Videosorveglianza, stop del Garante alla registrazione delle voci
DAL SOLE 24 ORE DEL 16/01/2009
L’attività di registrazione delle voci in un locale commerciale è da ritenersi illecita in quanto non conforme al principio di finalità, secondo cui il trattamento deve essere effettuato per determinati obiettivi, espliciti e legittimi. Finalità che non risultano ricorrere nel caso esaminato dal Garante nel provvedimento in oggetto; nella fattispecie la violazione è stata riscontrata in merito alla installazione, all’interno del locale, di un apparecchio di videosorveglianza, per altro non segnalato da cartelli o comunicazioni visibili, dotato del dispositivo di registrazione sonora.
La verifica dell’impianto in questione, avviata a seguito di numerose segnalazioni da parte dei clienti, ha fatto scattare immediatamente l’ordine di rimozione del mezzo e la cancellazione dei dati sensibili registrati (suoni e voci) raccolti fino a quel momento. Il Garante ha inoltre prescritto al titolare del negozio di designare quale responsabile del trattamento e unica persona autorizzata ad accedere alle immagini registrate, il soggetto che ha la manutenzione dell’impianto, disponendo fino ad allora il blocco della comunicazione delle immagini.
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La Gazzetta dello Sport
Anno II, numero 553
12 agosto 2008
L’assassino della signora Antonietta Mariani, di 77 anni, morta perché il suo scippatore, volendone vincere la resistenza, l’ha trascinata per parecchi metri sbattendole il capo sul selciato, ha confessato il suo crimine ai carabinieri che l’avevano arrestato poche ore dopo il fatto. Cercava soldi per comprarsi la droga, come i militi sapevano già, dato che l’uomo - un piemontese di 31 anni di nome Pierluigi Russello Saccullo - era noto alle forze dell’ordine proprio in quanto tossicodipendente. La cattura, avvenuta nell’appartamento di Desio dove Saccullo abita, è stata resa possibile dalla telecamera che ha filmato il misfatto. L’assassino era noto nella zona per via di parecchie prepotenze commesse sempre a bordo di una grossa moto.
Sono impressionato dal fatto della telecamera, perché mi pare che siano ormai parecchi i casi risolti grazie a questo occhio piazzato all’angolo delle strade.
Sì, anche gli assassinio del trans, lo scorso 29 luglio, sono stati trovati grazie alla telecamera di via Novara, sempre a Milano, che ha registrato la fase del sequestro. Con un profilo credibile dei due malviventi, gli inquirenti li hanno presi in pochi giorni. Idem per la strage sulla Venezia-Trieste dell’altro giorno, il camion che a Cessalte ha saltato la corsia e schiacciato un’automobile che veniva su dall’altra parte, sette morti e pareva che dipendesse tutto dal sorpasso di un camper. La telecamera, a quanto si sa, l’ha escluso.
Ma quante ce ne sono di queste telecamere?
La città più sorvegliata d’Italia è proprio Milano: 700 telecamere del Comune, 1300 occhi elettronici nelle tre linee della metropolitana, più gli impianti privati installati da banche, centri commerciali, gioiellerie, ecc. Il comune ha anche comprato un paio di elicotteri spia, specie di dischi-volante con quattro eliche e una microcamera in pancia. Si alzano fino a 150 metri d’altezza, non hanno bisogno di pilota, si telecomandano da una centrale operativa, filmano e scattano foto. Sono stati comprati l’anno scorso.
Non c’è un problema di privacy? Me ne vado per i fatti miei e qualcuno mi riprende e sa in ogni istante quello che faccio.
Bisogna scegliere tra due principi in conflitto: quello della mia intimità - diritto individuale - e quello della sicurezza, diritto collettivo. Anche se il caso è molto diverso, è una faccenda che tocca anche la questione delle intercettazioni, dunque alla fine siamo nel cuore del problema della democrazia. Sulle telecamere, però, ho sentito fino ad ora pochi dubbi. In definitiva sorvegliano luoghi pubblici, cioè tengono sotto controllo il comportamento di privati cittadini in luoghi però che appartengono a tutti. Questo, in un certo senso, taglia la testa al toro. Completamente diverso sarebbe il caso di telecamere che, ben appostate, curiosassero attraverso le finestre e quindi spiassero la vita privata delle persone. Per ora, non si sono verificati casi...
Come no. E se me ne sto in macchina a far l’amore con la mia ragazza?
La strada dove si trova l’automobile è un luogo pubblico, ma la macchina - cioè l’abitacolo della macchina - è un luogo privato. I leghisti (ma non solo loro: una città storicamente di sinistra come Modena, per esempio, ha un sistema di videosorveglianza capillare e modernissimo) mettono le telecamere proprio per questo. Lo scrittore Antonio Scurati ha manifestato tutto il suo sconcerto quando un comitato privati di cittadini, per fermare il mercato del sesso nella zona di viale Abruzzi a Milano, ha installato delle telecamere ed è venuto fuori che si era contribuito senza volere alla produzione di una quantità impressionante di video porno.
Come glielo hanno permesso?
Lo hanno fatto per protesta. E certo la questione è anche legata ai poteri che vengono dati ai sindaci e agli amministratori cittadini. In Inghilterra hanno varato una legge per la prevenzione del crimine (detta RIPA: Regulation of Investigatory Powers Act) addirittura prima dell’11 settembre e questa legge rende l’installazione delle telecamere un gioco da ragazzi. Infatti, dopo gli attacchi del terrorismo islamico, piazzare occhi elettronici è diventata una mania: 4 milioni e 200 mila videocamere e una banca dati di quattro milioni di profili genetici, molti di gente incensurata. L’anno scorso le richieste degli amministratori di installare un qualche sistema di controllo sono state 12.494, il doppio rispetto al 2006. A Poole, un centro del Dorset, hanno applicato la RIPA a una bambina di tre anni: i genitori volevano iscriverla alla scuola materna e gli uffici del comune hanno disposto un pedinamento tramite videocamere per verificare che dormissero davvero nella loro città. Il caso è finito in Parlamento.