Ivo Caizzi, Corriere della Sera 26/04/2010, 26 aprile 2010
PERCHE’ IL BELGIO RISCHIA DI DISINTEGRARSI
Il re Alberto del Belgio è abituato alle crisi di governo provocate dalla particolarità dei partiti, che non sono nazionali, ma rappresentano gli interessi perennemente contrastanti degli elettori fiamminghi di lingua olandese o di quelli valloni francofoni. Stavolta però non se l’è sentita di decretare subito le elezioni anticipate e aggravare la già difficile situazione del Paese accettando le dimissioni dell’esecutivo di coalizione del premier democristiano fiammingo Yves Leterme, provocate dall’ennesimo scontro tra le due etnie. Il re si è affidato al ministro delle Finanze Didier Reynders, presidente dei liberali valloni, per far esplorare se si può trovare un compromesso sul problema del momento: i fiamminghi vogliono togliere ai francofoni alcune concessioni linguistiche ed elettorali nel distretto bilingue Bruxelles-Hal-Vilvorde. Temono la perdita di identità in molti di questi comuni alle porte della capitale, che sono parte delle Fiandre.
La crisi è nata dai liberali fiamminghi, che sono usciti dal governo per sostenere queste rivendicazioni. Minacciano di farle passare comunque con la maggioranza in Parlamento, espressione degli oltre sei milioni di abitanti delle Fiandre rispetto ai circa quattro milioni di belgi francofoni. Essere democristiani, liberali o socialisti non accomuna. C’è il partito delle Fiandre e quello della Vallonia. Perfino i verdi si presentano separati, Groen nel Nord olandese ed Ecolo’ nel Sud francofono.
Vari giornali stranieri stanno usando sulla crisi di governo titoli preoccupati, tipo «la guerra del Belgio» o «un regno al collasso». Ricordano le periodiche istanze separatiste delle ricche Fiandre dalla Vallonia depressa, interpretate dalla crescita del partito estremista e xenofobo Vlaams Belang (Interesse fiammingo). Perfino il quotidiano Le
Soir di Bruxelles, letto da molti francofoni in sintonia con i socialisti dell’italo-belga Elio di Rupo e favorevoli all’unità del Paese, ha coperto l’intera prima pagina per lanciare un dibattito con un’inequivocabile domanda stampata a caratteri cubitali: «Questo Paese ha ancora un senso?».
A esasperare la situazione è stata una classe politica da tempo incapace di esprimere leader in grado di far prevalere gli interessi nazionali. Preferiscono raccogliere facili consensi cavalcando le rivendicazioni delle due principali etnie (la terza di lingua tedesca non ha peso politico). Re Alberto ha temporeggiato nell’accettare le dimissioni di Leterme perché in questo momento potrebbe essere devastante per il Paese andare alle elezioni anticipate. Il Belgio è stato duramente colpito dal rischio di crollo del sistema bancario e dalla conseguente crisi economica. Ha bisogno di politiche urgenti per ripartire. Il debito pubblico è tornato verso il 100% del prodotto interno lordo (Pil). La disoccupazione è in salita con livelli preoccupanti non solo in Vallonia. A Bruxelles, dove l’immigrazione era attirata dall’abbondanza di posti di lavoro, masse di disoccupati non riescono a ricollocarsi. La linea dei politici del Vlaams Belang, che hanno cantato l’inno delle Fiandre in Parlamento per festeggiare la crisi di governo, consiste nel pensare ai limitati problemi dei fiamminghi e dimenticare le difficoltà dei valloni.
Le eventuali elezioni anticipate preoccupano re Alberto anche perché il Belgio, dal luglio prossimo, assume la presidenza semestrale di turno dell’Unione europea. Con il grosso delle attività comunitarie incentrate a Bruxelles, si tratta di un impegno ben più sentito rispetto agli altri Stati membri. Il governo intendeva poi rafforzare la ancora debole posizione del neo-eletto primo presidente stabile del Consiglio dell’Ue, l’ex premier belga Herman Van Rompuy, collaborando con lui da connazionali. E non sono da escludere pressioni dell’Europa a favore della composizione della crisi perché l’instabilità politica potrebbe ostacolare l’approvazione della quota belga del prestito europeo alla Grecia, generando un problema nella zona euro. Gli altri premier del Benelux, l’olandese Ian Balkenende e il lussemburghese Jean-Claude Juncker, fanno azione diplomatica dietro le quinte.
Il liberale Reynders, uno dei più anziani frequentatori dell’Eurogruppo dei ministri finanziari, è cosciente della situazione. Ma conosce il problema di sempre. Non solo la crisi è stata aperta dal giovane leader dei liberali fiamminghi Alexander De Croo. All’interno del suo stesso partito liberale si trova a fare i conti con una componente federalista determinata a difendere prioritariamente gli interessi linguistici francofoni. Lo scandalo del vescovo pedofilo di Bruges, il fiammingo Roger Vangheluwe, sta incrinando uno dei rari terreni di incontro, la religione cattolica, ampiamente maggioritaria nelle Fiandre come in Vallonia. Un accordo politico era stato raggiunto sul freno all’avanzata dell’islamizzazione nel Paese, provocata dall’immigrazione. Aveva portato a condividere la proibizione del burqa in tutto il Belgio. Ma il voto era previsto nel giorno delle dimissioni di Leterme ed è stato rinviato.
Sostenitori dell’unità del regno hanno portato fiori a Reynders per incoraggiarlo. De Croo ha dichiarato aperture purché la soluzione arrivi entro giovedì. Ma siamo in Belgio, dove due treni sono arrivati a scontrarsi perché un capostazione fiammingo e un suo collega vallone si rifiutarono di parlare nella lingua dell’altro per avvisarsi che i convogli procedevano pericolosamente sullo stesso binario. Qui un accordo, se coinvolge interessi contrastanti delle Fiandre e della Vallonia, non è mai scontato.
Ivo Caizzi
Nato nel 1830, a partire dagli anni Settanta il Belgio ha cominciato un processo di decentralizzazione che ha portato alla Costituzione federale del 1993 e alla divisione in tre regioni:
FIANDRE:
6 milioni di abitanti che parlano olandese
80% del commercio estero del Belgio
VALLONIA:
3,5 milioni di abitanti francofoni
20% del commercio estero del Belgio
BRUXELLES:
1 milione di abitanti, regione bilingue
In Belgio non ci sono partiti politici nazionali ma solo regionali. In teoria, un residente nelle Fiandre può votare solo per un partito fiammingo, e un residente in Vallonia può votare solo per un partito francofono. Ma nella circoscrizione BHV (Bruxelles-Hal-Vilvorde) i francofoni che vivono alla periferia di Bruxelles, quindi nelle Fiandre, possono votare per un partito francofono.
I francofoni si oppongono alla divisione della circoscrizione elettorale BHV chiesta dai fiamminghi.
I fiamminghi sono maggioritari nei comuni a statuto linguistico speciale della periferia di Bruxelles.
In tutto il Belgio questi comuni sono 27, e tutelano le minoranze linguistiche olandese, francofona e germanofona.
I francofoni considerano questi comuni come un prolungamento di fatto della regione Bruxelles capitale: si realizza così una continuità territoriale tra Bruxelles (in maggioranza francofona) e la Vallonia.
I fiamminghi invece sostengono hce chiunque viva nelle Fiandre debba fare lo sforzo di imparare l’olandese e vogliono tagliare in due la circoscrizione elettorale BHV affinché chi vive nei comuni delle Fiandre, a prescindere dalla sua lingua, voti per i partiti fiamminghi.