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 2010  aprile 26 Lunedì calendario

QUESTIONE DI STILE, PER VOCE ARANCIO


«La moda passa, lo stile rimane» (Coco Chanel).

La parola stile dal latino stilus, la bacchetta appuntita per incidere le tavolette di cera (sinonimo dunque di tratto distintivo).

Il ministero dello Stile, che Sgarbi affiderebbe allo stilista Massimo Piombo, che dovrebbe vigilare affinché l’Italia non venga abbrutita dal cattivo gusto. Lo affiancherebbe, in qualità di ministro dell’Eleganza, Vittorio Feltri: «Perché si veste Piombo».

L’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione di Renato Mannheimer, per un sondaggio commissionato da Moet & Chandon, ha chiesto a cinquemila italiani cosa sia, secondo loro, lo stile. Risultato: per il 67 per cento degli intervistati è la capacità di adattarsi alle più svariate circostanze, per il 55 per cento significa saper essere sempre riconoscibili e diversi dagli altri, per il 36 per cento vuol dire essere alla moda. Il 20 per cento associa lo stile alla buona educazione, il 21 per cento alla personalità, il 12 per cento al buon gusto, il 15 per cento alla classe.

Nel febbraio 2010 il mensile GQ ha fatto la classifica degli uomini più eleganti del mondo, tenendo conto non solo del modo di vestire, ma anche della personalità, della capacità di mixare vari stili creando un proprio look personale e della tendenza a osare con look eccentrici senza scadere mai nel cattivo gusto, distinguendosi con classe. In cima alla lista c’è Johnny Depp, che sfoggia uno stile bohemienne apparentemente disinvolto, ma in realtà curato nei minimi dettagli. Seguono: Robert Pattinson, protagonista della saga di Twilight, André Benjamin, Russel Brand, Tom Brady, Ryan Gosling, Paul Simonon.

A febbraio 2010 l’attrice Kristen Stewart di Twilight ha vinto l’Elle Style Awards, concorso che premia la star con più stile e fascino.

Ari Seth Cohen, fotografo americano ventottenne ex responsabile di un negozio di moda sulla West Coast, ha messo sul sito Advanced Style (advancedstyle.blogspot.com) decine e decine di foto scattate per strada a persone di gusto, cioè non necessariamente eleganti in senso stretto, però dotate di un senso spiccato e personale dello stile.

«L’originalità di Ari sta nel fatto di andare alla ricerca esclusiva di modelli sopra i 60. Quelli che una volta si sarebbero definiti come vecchietti bizzarri o vecchiette eccentriche, e stiamo parlando dei tempi in cui le dame dabbene dopo il cinquantesimo compleanno non osavano più l’arancione e abolivano il rossetto; ma che oggi, visto che quegli anziani sono stati giovani ai tempi degli incandescenti anni Sessanta e adulti durante i formidabili Settanta, appaiono in via di totale e felice sdoganamento. Di fronte alla smagliante Jenny, forse ottuagenaria, fotografata in ”ankle boots” alla Grand Central Station, o sul sofà di casa in abito nero mentre mette in mostra un gran bel paio di gambe, chi avrebbe, francamente, il coraggio di scandalizzarsi? […]. Quanto ai signori uomini, sul blog passano in rassegna un numero imprecisato di pantaloni rossi, risvolti sartoriali, gemelli di foggia interessante, sciarpe a righe creativamente avvoltolate intorno al collo [...]. ”Onora il padre e la madre, onora i nonni soprattutto”, conclude Ari Seth. ”E cerca di imparare da loro due o tre cosette su come godersi la vita” (Egle Santolini su La Stampa).

«Oggi, sempre di più, ci si veste secondo il gusto e non secondo l’età. Pensi a Benedetta Barzini, per me la donna più elegante d’Italia. Non è più una ragazzina, ma resta splendida e si veste come una quindicenne. E il bello è che le quindicenni l’ammirano e la prendono a esempio» (Elio Fiorucci a Egle Santolini).
«Lo stile è avere coraggio delle proprie scelte, e anche il coraggio di dire di no. una questione di eleganza, non solo di estetica. trovare la novità e l’invenzione senza ricorrere alla stravaganza. gusto e cultura […] L’essenza dello stile è dire qualcosa di complesso in maniera semplice» (Giorgio Armani).

Luca Dotti sulla madre Audrey Hepburn, la maggiore icona di stile del Ventesimo secolo: «Stile è un termine complesso dai molti significati. Riferito a mia madre, è l’irradiazione di una bellezza interiore fondata su una vita di disciplina, sul rispetto degli altri e sulla fiducia nell’umanità. Mia madre amava indossare abiti dalla linea sobria ed elegante perché credeva nel potere delle cose semplici. Se i suoi abiti appaiono senza tempo, è perché dava importanza alla qualità. Se ancora oggi è considerata il simbolo dello stile, è perché, quando trovò il suo modo di vestire e di essere, lo conservò tutta la vita. Non seguiva le mode, non si reinventava a ogni stagione. Amava la moda, ovviamente, ma la considerava solo un mezzo per migliorare il proprio aspetto».

«”Ah! Ah! ma lei non sa di avere a che fare con una vera signora!”. Oppure: ”Io che sono una vera signora... ”; oppure: ”Impari a conoscere una vera signora...”. Chi senta suonare questa frase fatidica avrà, comunque vadano le cose, una certezza assoluta: quella di non trovarsi davanti una ”vera signora”. La vera signora, infatti, non ammette nemmeno lontanamente che si possa crederla altra cosa, esattamente come l’uomo importante non griderà mai, a chi lo urta in filobus: ”Lei non sa con chi sta parlando!”. Un uomo importante, una vera signora si considerano circondati da un alone di considerazione pubblica e di meriti personali, per cui non ci saranno mai equivoci» (Irene Brin sul Giornale).

Secondo Alessandro Giannotti, scrittore e giornalista, autore del manuale di bon ton Stile per lui (Astræa Edizioni), «avere stile non vuol dire solo indossare l’abito giusto. E’ inutile indossare un abito impeccabile per poi cadere in errori di comportamento banali. Lo stile implica qualcosa di più: rendere percepibile la propria presenza senza imporla, sapere essere un modello per gli altri, essere consapevoli che nella vita c’è sempre da imparare». Ecco, allora, qual è, secondo Giannotti, il decalogo del perfetto gentiluomo moderno. 1. Oltre alla fede di matrimonio, gli unici gioielli ammessi per l’uomo sono i gemelli e l’orologio. In entrambi i casi, è meglio che non siano estremamente vistosi. Mai, poi, indossare l’orologio sopra il polsino: fa troppo Gianni Agnelli, manchereste di originalità. 2. Indossate calzini che coprono tutto il polpaccio. Vietati quelli bianchi, a meno che non dobbiate fare attività sportive. 3. Cravatta, cintura e calzini devono essere sempre intonati nel colore di base. Fa eccezione il fazzoletto da taschino, che deve essere, invece, bianco e in tinta unita. 4. I polsini della camicia devono fuoriuscire dalla giacca per almeno un centimetro ed essere sempre abbottonati. 5 Evitare gli occhiali da sole con le lenti a specchio. Non c’ è cosa peggiore di parlare con qualcuno che non si capisce dove stia guardando. 6 Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, le mani rispecchiano la personalità. Averle ben curate è un obbligo. 7 Optate per profumi appena percettibili e non invadenti. 8 Le vecchie regole di cavalleria non muoiono mai: se andate con una signora in un luogo pubblico, ricordate di entrare sempre per primi. 9 In treno, in ufficio, al ristorante, usate il cellulare con parsimonia e, nel caso, abbassate la suoneria e non parlate a voce troppo alta. Eviterete così di disturbare i vicini, obbligandoli per di più ad ascoltare i fatti vostri. Fumare è out, a maggior ragione a tavola. Se vi trovate a cena da amici, anche se i padroni di casa hanno acceso una sigaretta, è segno di rispetto e di educazione chiedere il permesso di fumare alle persone che vi stanno sedute accanto.
«L’uomo di stile non è mai alla moda. Non si cura delle tendenze, ma si distingue per originalità. I modelli? L’impeccabile George Clooney e l’ informale Sergio Marchionne» (Alessandro Giannotti a Oggi).
«Se qualcuno si volta a guardarvi, il vostro abbigliamento non è perfetto: la vera eleganza consiste nel non attirare l’attenzione» (George ”Beau” Brummell).

Nel libro ”La sciarpa a pois: vivere con leggerezza e charme in tempi di crisi”, Carlo Rossella e Fabiana Giacomotti insegnano ad avere stile senza spendere una fortuna. Tra i consigli: guai alla pelliccia della nonna; si, al cinema, divertimento intelligente ed economico; il treno è in, l’aereo tremendamente out. Il weekend? Solo culturale. Come è cambiato lo stile con la crisi economica? «La crisi ripulisce lo stile dal superfluo, mira all’essenzialità e alle cose semplici e belle che costano il giusto e durano tanto. Se prima si sceglieva l’orologio ”pataccone” ora si preferisce la linearità dello Swatch, la bella 500 Fiat al Suv americano, l’abito semplice alle paillettes, i capelli naturali alla tinta. Sono tornati le ballerine, i jeans e i mocassini: basta al modello velina, magari si spende qualcosa in più ma è superato l’abbigliamento ”usa e getta”. […] Poco tempo fa mettersi abiti di tre anni prima era impensabile, ora stiamo imparando di nuovo a mescolare abiti, accessori e stagioni e le sarte che sanno aggiustare e modificare i vestiti faranno fortuna» (Carlo Rosella a La Provincia pavese).

Lina Sotis nel 2005 ha scritto il libro Il nuovo bon ton. «Rispetto all’edizione dell’84, si è molto allargata la prima sezione, «Cose da non fare mai». Nell’84 contava 44 voci, qui sono diventate 78. Con dei significativi cambi di classifica. Per esempio, «Dire ”piacere” quando uno si presenta o viene presentato» passa dal primo al secondo posto. «Tagliare il pesce con il coltello» scivola dalla nona alla trentottesima posizione, «Usare gli stecchini» passa dal n. 10 al n. 43. Ci sono invece molte più note sull’abbigliamento e sull’aspetto corporeo (da evitare assolutamente: stivali d’estate, look leopardato, strafarsi di botulino per lei; gel basette, l’abbinamento canotta-tatuaggio a croce sul bicipite-rosario al collo e mutande griffate per lui), sull’abuso del cellulare, sulle case che assomigliano a una pagina di rivista d’arredamento» (Ranieri Polese sul Corriere della Sera)

Quali sono le cose che Lina Sotis non farebbe mai: «Anche se storicamente sono una fondatrice della Costa Smeralda, oggi considero un obbligo estivo quello di non metterci piede […] Non mi farei mai lifting pesanti ed evidenti. Non uso mai tacchi alti più di sei centimetri, e anche quelli con molta parsimonia: mi sembrerebbe di somigliare alle centinaia di smutandate che ondeggiano di qua e di là. Mai vorrei una casa troppo vestita, e con troppi collaboratori domestici che vengono esibiti in maniera violenta». Ci sono oggi dei nuovi riti che lei ritiene insopportabili? «La palestra, il muscolo esibito. Poi il sushi e la bistecca di tonno, ma per carità!» (Ranieri Polese sul Corriere della Sera).

«Uno dei presupposti basilari del bon ton è quello di minimizzare. Anche il palazzo più lussuoso o la villa a Saint-Tropez li si chiamano ”casa”, un veliero a due alberi è una semplice ”barca”, una bottiglia di Château Petrus del 1982 è ”una bottiglia di vino rosso”, una grave angina pectoris è un ”leggero raffreddore” e la perdita per un crollo della borsa una ”sfortuna”. Chi non fa proprio questo principio, non starà mai bene in società» (Alessandra Borghese e Gloria von Thurn und Taxiss, Noblesse Oblige, Mondadori).

«Possedere senza stile è penoso» (Heiko Poerz).

«Ora che le masse si fanno il bagno ogni settimana, come potremo distinguere un gentiluomo?» (da uno dei primi numeri di ”Vogue”, rivista nata nel 1892).