Massimo Gramellini e Carlo Fruttero, La Stampa 25/4/2010, pagina 88, 25 aprile 2010
STORIA D’ITALIA IN 150 DATE
6 giugno 1886
La maestrina
del grembiule rosso
In un paesino sui monti attorno a Pistoia un corteo funebre si avvia al cimitero. In testa due preti, poi la bara con una corona di rose e ginestre, poi una decina di bambine. Nessun altro, né uomini, né donne, né ragazze. L’intero paese di Porciano, l’infame Porciano, è rimasto in casa per desiderio della morta. La morta è la maestrina Italia Donati. E’ arrivata in paese un paio d’anni prima, guadagna quarantacinque lire al mese con cui mantiene, oltre a se stessa, tutta la famiglia che abita a pochi chilometri. Prende alloggio in casa del sindaco dove, al piano di sotto, ha sede anche la scuoletta. Ha vent’anni, ha entusiasmo, è gentile e affabile. Ma ha un difetto fatale: è bella. Immediatamente cominciano i pettegolezzi. Al sindaco, bell’uomo con barbetta bionda, che vive disinvoltamente con la moglie e un’amante, viene attribuita anche la conquista della maestrina. Poi si mormora del figlio del sindaco. Poi si sussurra del brigadiere dei carabinieri. La povera Italia è oggetto continuo di sorrisetti, allusioni, insinuazioni, talvolta di insulti aperti. La ragazza chiede il trasferimento; le assegnano una scuola in un paesetto vicinissimo che comunque, per bocca del sindaco, rifiuta «lo scarto di Porciano». Italia non ha amici, nessuno che la difenda e allora chiede lei stessa un esame clinico ufficiale sulla propria verginità. Medico e ostetrica confermano e la cosa viene annunciata in consiglio comunale.
Non siamo in uno sperduto villaggio africano, non siamo nel Medioevo, ma nella civilissima Toscana, culla del Rinascimento, terra di grandi personaggi che hanno dato gloria e fama all’Italia. Ma Italia, la maestrina, non esce dal cerchio infernale del gossip. Ricominciano le voci, i sospetti, le certezze assolute che stavolta sia incinta. Troppo pallida, troppo sciupata e trasandata. La ragazza è alla disperazione. Scrive alcune lettere, poi si allontana dal paese verso il mulino, raggiunge una specie di piccolo stagno fangoso tra due pareti di roccia, lascia in terra il grembiule rosso e si getta nell’acqua. Una donna di passaggio riconosce il grembiule, sospetta il peggio e quando lo stagno viene lentamente svuotato, appare infatti la sagoma nera della maestrina, morta per difendere il suo onore. In una delle lettere chiede un’altra perizia sulla propria illibatezza e di essere sepolta nel malandato cimitero, senza la partecipazione degli infami. Sulla lapide, in vernice rossa, le sole iniziali ID. Non c’è una vera inchiesta, nessuno è indagato, tutti giurano di essere stati suoi amici, il parroco ammette di aver sentito quelle maldicenze e di non avergli dato peso: erano solo voci di paese.