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 2010  aprile 26 Lunedì calendario

E’ FINITA LA FEBBRE DEL SABATO SERA

Al primo posto c’è il Sankeys, tempio profano di Manchester, nato quindici anni fa con lo scopo di «diventare il miglior club del mondo». Missione compiuta. Medaglia d’argento allo storico Fabric, casa londinese dell’elettronica più alla moda e snob. Terzo, e ci mancherebbe, l’Amnesia di Ibiza, meta di pellegrinaggi da tutta Europa. L’Italia, semplicemente, non è contemplata.
Una bocciatura senza appello per le nostre discoteche, che scivolano fuori dalla top 100 annuale compilata dai guru della dance per il mensile inglese Dj Mag, la rivista specializzata più letta (e venerata) del mondo, tiratura da trentamila copie e collaboratori sparsi in giro per tutto il pianeta.
«L’Italia sta perdendo prestigio - dice Giorgio Valletta, fondatore del collettivo di disc jockey Explosiva e firma della versione tricolore del magazine, che debutterà a maggio -. Mancano imprenditori in grado di intercettare le proposte più innovative e di qualità. Restano piccole isole, come i Magazzini Generali a Milano e il Goa a Roma, ma i gestori dei grandi locali si sono accontentati senza rischiare. Il resto l’hanno fatto le leggi che hanno criminalizzato il popolo della notte, come la stretta sulla vendita degli alcolici dopo le due».
Finita l’epoca d’oro degli Anni Ottanta e la ripresa dei Novanta, negli Anni Zero l’ascesa dei club italiani sembra essersi definitivamente fermata, schiacciata dalla concorrenza dei viaggi low cost (per volare fino a Londra e godersi un week end di musica bastano poco più di cento euro) e dalla mancanza di investimenti.
Anche il pubblico è in calo: secondo l’Istat frequenta le discoteche quasi un italiano su quattro, e la crisi ha costretto i clubbers a rivedere il tenore di vita. A Milano, capitale dei locali, per andare a ballare si spende in media 15 euro: un crollo vertiginoso rispetto ai 30 del 2007.
L’industria del divertimento, a metà degli anni Ottanta, snocciolava dati record, con oltre cinque mila tra discoteche e locali da ballo che davano lavoro a oltre ottantamila persone. La stessa realtà, oggi, registra 2.500 locali e un calo di consumazioni pari a circa due milioni e mezzo di euro.
Il colpo di grazia, fanno sapere dal Silb (l’associazione che riunisce i locali da ballo e le imprese dell’intrattenimento), l’hanno dato le nuove leggi su alcolici e orari di chiusura, che «affrontano in modo sbagliato un vero problema».
Il panorama, inoltre, si è frammentato rapidamente. «Si sono create delle nicchie molto più legate ai generi musicali - è la tesi di Valletta - che non riescono però a riempire i grandi locali progettati per contenere migliaia di persone. L’Italia è contemporaneamente provinciale ed esterofila: ci sono piccoli club all’avanguardia, ma troppo slegati per riuscire a coltivare una scena».
Paradossalmente, però, la musica sta benissimo. Tra i migliori deejay indicati da Dj Mag spiccano gli italianissimi Mauro Picotto e Benny Benassi; e anche i piemontesi Crookers, lanciati dal web, sono diventati un fenomeno da esportazione, richiestissimi a Londra e negli Stati Uniti. «Verissimo, ma tutti questi artisti sono stati scoperti e messi sotto contratto da etichette discografiche straniere - ragiona ancora Valletta -. Nel nostro Paese i riconoscimenti sono arrivati dopo. soprattutto un problema culturale, manca completamente la fiducia nei nostri talenti».