Marco Carminati, Il Sole-24 Ore 25/4/2010;, 25 aprile 2010
LA LINGUA DI CARAVAGGIO
Qualcuno ha affermato che Michelangelo Merisi detto il Caravaggio ha dipinto i suoi quadri tra una rissa e l’altra.A giudicare dalle carte d’archivio sin qui ritrovate (soprattutto quelle conservate nelle sezioni criminali dell’Archivio di Stato di Roma) è difficile dargli torto.
Il pittore lombardo risulta in effetti coinvolto in scazzottate e risse notturne sin dal suo primo apparire sulla scena romana. Nel 1998 Sandro Corradini scovò proprio nell’Archivio di Stato di Roma un documento eloquente in tal senso: la notte dell’8 luglio 1597, nelle vie dell’Urbe che vanno da San Luigi dei Francesi a Sant’Agostino, c’era stata un’aggressione. Il malcapitato era riuscito a sfuggire agli assalitori, ma nella fuga aveva lasciato per terra il suo mantello, detto ferraiolo. Questo ferraiolo lo aveva trovato il Caravaggio, che lo aveva consegnato alla vicina bottega del barbiere Marco, ma non nelle mani del titolare bensì in quelle del suo garzone, tal Piero Paolo Pellegrino, di origine milanese.
Sulla faccenda del ferraiolo il Governatore di Roma volle vederci chiaro e istruì un’inchiesta per ascoltare i testimoni del fatto. Il documento scoperto da Corradini riporta una parte dell’interrogatorio, quella rivolta al titolare della bottega, il barbiere Marco, e quella rivolta a un vicino di casa, il commerciante di quadri Costantino Spada. Alla domanda dell’inquirente: «Conoscete il pittore che aveva restituito il ferraiolo? » entrambe gli interrogati rispondono positivamente. Il barbiere Marco afferma di non ricordarne il nome, ma offre al magistrato una strepitosa descrizione fisica di Caravaggio: « un giovenaccio di vinti o vinticinque anni con poco di barba negra, grassoccio, con cigli grosse et occhio negro che va vestito di negro non troppo bene in ordine e portava un paro di calzette negre un poco stracciate». Il commerciante di quadri Costantino Spada, invece, sa bene chi è quel pittore: «Mentre serravo la mia bottega martedì passato [ la sera della rissa ] passarono di lì due pittori, uno era Michelangelo da Caravaggio ch’è il pittore del Cardinal del Monte».
In questo documento, datato 11 luglio 1597, si fa riferimento anche al garzone del barbiere, quel Pietro Paolo Pellegrino che aveva ricevuto il ferraiolo dalle mani di Caravaggio. Ma si dice che «Pietropaulo » è gia finito in prigione. Che cosa aveva mai commesso il povero garzone per essere già al fresco? E chi era mai il proprietario di questo benedetto ferraiolo, attorno al quale si sta svolgendo l’intera inchiesta?
proprio qui che entrano in scena i due nuovi documenti. Per capire chi fosse il proprietario del ferraiolo è bastato guardare un interrogatorio precedente, quello che si svolge il 10 luglio 1597, sinora sfuggito agli studiosi (Asr, Tribunale Criminale del Governatore, Liber investigationum, reg. 274, c. 180 r). Il padrone del ferraiolo è il musico romano Angelo Zanoni, che racconta al magistrato la sua versione dell’accaduto. La sera di martedì, mentre sta rientrando a casa, Zanoni viene aggredito da cinque o sei persone. Uno di loro gli dà un colpo al ginocchio e gli fa cadere il cappello, altri lo inseguono con le spade e gli fanno cadere il ferraiolo.
L’aggredito grida e i suoi fratelli corrono in aiuto. Zanoni dichiara di non aver riconosciuto nessuno degli aggressori ma aggiunge: «Hier matina, poi, Pietropaulo garzone de mastro Marco barbiero... me reportò il detto mio ferraiolo... Fo istanzia che si faccia venire detto Pietropaulo, che lui saprà chi me ha assaltato».
Pietro Paolo Pellegrini viene convocato il giorno stesso dal notaio del Governatore per l’interrogatorio, ma la sua testimonianza si blocca alla prima riga: il garzone viene arrestato all’istante e tradotto nel Carcere Savelli, dove lo aspetta un nuovo interrogatorio, non più come testimone bensì come imputato. Davanti al primo magistrato, evidentemente, Pellegrino è stato vago, impreciso, reticente, ha dato prova di sapere e di non voler dire. L’inquirente si è insospettito e lo ha fatto tradurre ipso facto in galera.
Così, i nostri bravi archivisti romani intuiscono che è giunto il momento di cercare altrove il proseguimento della storia. Chiudono i libri degli investigatia piede libero e aprono i registri degli interrogati in carcere. Sono fortunati: proprio alla data 11 luglio 1597 incappano in un lunghissimo interrogatorio a Pietro Paolo Pellegrino "mediolanensis", un documento sin qui completamente sconosciuto ( Asr, Tribunale Criminale del Go-vernatore, Costituti, 467, cc. 201, 202).
Con lo spauracchio della tortura, la lingua di Pietro Paolo si scioglie: adesso, a ogni domanda del magistrato, il garzone risponde con molta precisione. Il magistrato gli chiede in latino: «Lei sa perché è in prigione?». Pietro Paolo risponde di essere in prigione perché non ha detto al Governatore il nome del pittore che gli ha riportato il ferraiolo.
Seconda domanda: «Lei sa chi è il pittore? ». Pietro Paolo svuota il sacco: «Questo pittore che me dette il ferraiolo si dimanda Michelangelo, lo cognoscono da questa quaresima» perché «praticava la bottega... è venuto a tosarsi doi volte... e a medicarsi di una grattatura a una gamba». L’inquirente gli chiede se conosce il cognome di Michelangelo. Pellegrino non sa il cognome, però è in grado di descrivere il personaggio. La sua descrizione (vedi qui accanto) è molto simile a quella data dal padrone della bottega, mastro Marco, nel documento scoperto nel 1998. Ma qui Pellegrino aggiunge un dettaglio eccezionale, sinora del tutto ignorato: ci dice come parla Caravaggio. «Questo pittore Michelangelo... al parlare tengo sia milanese ». Pietro Paolo si ferma e specifica al cancelliere: «Mettete lombardo, per che lui parla alla lombarda».
Il Pellegrino, dunque, che è milanese d’origine,è in grado di comprendere che Caravaggio non parla il milanese bensì il lombardo. Questa breve frase ci restituisce all’improvviso il suono della voce di Caravaggio,il quale a tutta evidenza ”anche se nato a Milano – si esprimeva con la tipica cadenza, un po’ gutturale, dei bergamaschi caravaggini.
Dall’interrogatorio emergono notizie preziosissime anche sulla vita artistica di Caravaggio:ma gli studiosi dell’Archivio romano, su questo punto, intendono mantenere il riserbo fino alla fine della ricerca. Un dettaglio, in particolare, li sta tenendo all’erta. Nell’interrogatorio al Pellegrino, il nome di Michelangelo è sottolineato. Solo gli storici di lungo corso sanno che cosa significhi questa sottolineatura: significa che il magistrato inquirente ha intenzione di far ricercare e interrogare anche Caravaggio. Ma quest’interrogatorio- chiave non è ancora stato individuato tra le carte. Se saltasse fuori, spiegherebbe una volta per tutte il ruolo di Caravaggio nella rissa del ferraiolo.