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 2010  aprile 26 Lunedì calendario

FEDERALISMO SANITARIO IN BILICO: 10 A 10

stato diffuso in questi giorni un documento che lascia intendere quale grado di incoerenza abbia dominato la contesa elettorale per le regionali. Per rendersene conto è d´uopo ricordare che, se la posta in gioco era data dal grado di affermazione del dominio berlusconiano, la scommessa concreta si misurava dal consenso o meno sulla politica sanitaria. E questo per un dato elementare: i bilanci regionali sono dedicati all´incirca per il 70-80% a voci che riguardano la sanità, anche se in realtà se ne è parlato pochissimo, forse perché gli italiani, probabilmente, danno per scontata, come qualcosa caduta dal cielo, la manna di una sanità pubblica universale e pressoché gratuita, visto che coloro che la idearono – il primo centro sinistra negli anni Settanta – e la aggiornarono nelle scadenze successive – sempre governi di centro sinistra – non hanno saputo valorizzare e gestire al meglio una riforma di tale importanza.
Il documento diffuso dal ministero della Sanità, riflette l´esito di una indagine, condotta dal Censis, circa il grado di soddisfazione dei cittadini rispetto al Ssn. Ebbene, malgrado l´enfasi mass-mediatica sulla cosiddetta malasanità, «l´analisi dei dati raccolti mostra in modo chiaro che per la larga maggioranza degli italiani il sistema dell´offerta sanitaria si dimostra capace di rispondere in larga misura alle aspettative e alle esigenze assistenziali dei cittadini». Non si tratta, inoltre, di un consenso generico ma di un giudizio articolato e con esiti ampiamente positivi per i medici di medicina generale (92%), per le farmacie (62%), per i pediatri di libera scelta (90%), per i laboratori di analisi pubblici (84%), per gli ambulatori e consultori pubblici (84%), per gli ospedali e i pronto soccorsi (81%), per le strutture di riabilitazione pubbliche (73%), per l´assistenza domiciliare (72%).
Naturalmente «a fronte di un quadro caratterizzato da una generale soddisfazione, permangono non pochi problemi legati ai territori. Il sistema è ancora disomogeneo a svantaggio delle regioni meridionali, soprattutto con riferimento agli ospedali e pronto soccorso, all´assistenza domiciliare e alle strutture di riabilitazione. Infine se 3 italiani su 4 ritengono poco o nulla frequenti i casi di malasanità, questa quota si riduce al 58,3 % al Sud».
Nell´ambito di un quadro positivo (le Regioni in deficit sono solo quelle meridionali, più il Lazio) si apre ora un periodo nuovo. Chiusa la stagione pre-riforma del titolo V le Regioni hanno ormai tutti i poteri per migliorare il sistema, a condizione di rispettare il vincolo dell´equità fissata dai livelli essenziali di assistenza. Ormai ogni Regione può legiferare per affrontare e risolvere gli aspetti più negativi del Ssn a cominciare dall´invasione della politica nella «governance» sanitaria. Se riportiamo la nostra attenzione su questo punto, sui criteri di nomina dei direttori generali e dei primari, sugli intrallazzi e gli scandali collegati alle convenzioni, alle forniture, alla gestione dei piani di rientro, ebbene troveremo una casistica senza differenze tra centro destra e centro sinistra. La contraddizione a cui accennavamo si chiarisce: laddove la politica sanitaria è risultata soddisfacente, il voto la ha premiata, si trattasse di governatori «rossi» come in Emilia e Toscana, o «azzurri» e «verdi», come in Lombardia e Veneto.
Resta l´altro grande snodo non risolto, l´accentuato divario fra Nord e Sud. In proposito il primo test su un orientamento ancora incerto dovrebbe scaturire dal rinnovo della Presidenza del Tavolo Stato-Regioni. Fino a ieri la maggioranza era di centro sinistra, rappresentata al vertice da Vasco Errani (Emilia), ora i voti sono pari, 10 a 10. Una parità che affida un ruolo decisivo ai presidenti della Sicilia e della Valle d´Aosta, non schierati né da una parte né dall´altra. Da come verrà risolto il confronto si comincerà a capire se il federalismo sanitario funzionerà per il meglio o per il peggio.